Il 62enne è considerato il prestanome di Michele Scillieri, che insieme ai commercialisti del Carroccio Di Rubba e Manzoni è una delle figure al centro dell’affare del capannone di Cormano venduto alla Lombardia Film Commission a prezzo "gonfiato". Sostegni ha collaborato con i pm sin dal suo arresto, avvenuto a luglio
Ha chiesto di patteggiare 4 anni e 10 mesi di carcere Luca Sostegni, il presunto prestanome finito in carcere a luglio scorso e da un paio di settimane ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta della procura di Milano su Lombardia Film Commission e i fondi della Lega. L’istanza di patteggiamento, concordata con i pm, è stata depositata stamattina dal difensore di Sostegni, Giuseppe Alessandro Pennisi, e prevede il versamento, a titolo di risarcimento, di circa 20mila euro. Il 62enne, che ha collaborato alle indagini, potrebbe quindi diventare teste chiave in un eventuale dibattimento.
Sostegni, accusato di peculato ed estorsione, è considerato dai pm milanesi il prestanome di Michele Scillieri, che insieme ad Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba è una delle figure al centro dell’affare del capannone di Cormano venduto alla Lombardia Film Commission. L’ente, all’epoca presieduto da Di Rubba, scelto in quota Lega Nord, acquista il capannone da una società gestita da Fabio Barbarossa, cognato di Scillieri. La compravendita, per l’accusa, è stata compiuta al prezzo gonfiato di 800mila euro: si tratta di soldi pubblici, una parte dei quali sono stati retrocessi a Di Rubba e Manzoni. Il 10 settembre nell’indagine della Guardia di Finanza sono finiti ai domiciliari sia Scillieri che Di Rubba e Manzoni, rispettivamente direttore amministrativo e revisore contabile del Carroccio al Senato e alla Camera.
Il primo a essere fermato in realtà è stato proprio Sostegni, bloccato il 15 luglio dagli investigatori del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano mentre stava per tornare in Brasile. L’accusa è di aver minacciato Scillieri e gli altri due professionisti, Di Rubba e Manzoni, di rivelare alla stampa i dettagli dell’operazione sul capannone. In cambio del suo silenzio, stando al capo di imputazione, avrebbe chiesto 50mila euro per poi ottenerne almeno 25mila, oltre alla promessa di 1.000 euro ogni 20 giorni. Nei mesi scorsi Sostegni ha reso molti interrogatori davanti al procuratore aggiunto Eugenio Fusco e al pm Stefano Civardi, raccontando del suo ruolo nella compravendita. Ma non solo: tra le altre cose ha riferito del giro dei soldi incassati dal gruppo, un parte dei quali sarebbero finiti in Svizzera attraverso la fiduciaria Fidirev, o sui conti degli altri indagati e di altre operazioni su cui ora la procura sta scavando. I due pm, che nelle scorse settimane hanno dato parere favorevole alla richiesta del legale di Sostegni di sostituire il carcere con i domiciliari, ora hanno concordato anche l’istanza di patteggiamento.
Pure Scillieri negli ultimi giorni ha deciso di parlare con i magistrati, mentre Di Rubba e Manzoni hanno scelto il silenzio. Si è avvalso della facoltà di non rispondere pure Francesco Barachetti, l’imprenditore bergamasco ai domiciliari da metà novembre con l’accusa di concorso in peculato e false fatture. Il suo interrogatorio davanti al procuratore aggiunto Eugenio Fusco e il pm Stefano Civardi si è aperto e chiuso nel giro di quattro minuti, come preannunciato dal suo avvocato Matteo Montaruli. Ex consigliere del Comune di Casnigo (Bergamo), dagli atti dell’indagine risulta legato “a Di Rubba e Manzoni” e “più in generale al mondo della Lega”.