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Recovery Fund a 25, ecco come funziona. Altomonte: “Un’arma per piegare Polonia e Ungheria, ma l’obiettivo rimane l’accordo”

Il professore associato di Politica economica europea all'università Bocconi spiega a Ilfattoquotidiano.it le difficoltà da superare per arrivare al concretizzarsi del cosiddetto Piano B messo in campo dai Paesi europei per superare lo stallo dovuto all'ostruzionismo di Varsavia e Budapest sull'introduzione di una clausola sullo Stato di diritto: "I due Paesi sarebbero fortemente penalizzati economicamente e politicamente, ma un'eventualità del genere penalizza tutti"

Mancano appena sei giorni al prossimo Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre, ma continua a non sbloccarsi l’impasse tra i 25 Paesi membri che vorrebbero dare il via libera definitivo all’erogazione dei fondi previsti dal Next Generation Eu, il programma di aiuti a sostegno degli Stati colpiti dalla pandemia di coronavirus, e i governi di Polonia e Ungheria, che continuano nella loro strategia di ostruzionismo nel tentativo di evitare l’introduzione della clausola sullo Stato di diritto collegata proprio all’erogazione dei soldi. Così, nelle ultime ore, da più parti si è levata la proposta di un Recovery a 25 che escluderebbe Budapest e Varsavia permettendo lo stanziamento delle prime tranche. Un percorso non privo di ostacoli ma tecnicamente fattibile, spiega a Ilfattoquotidiano.it il professor Carlo Altomonte, associato di Politica economica europea all’università Bocconi: “Un’arma in mano ai 25 Paesi europei che così possono esercitare una pressione importante su Polonia e Ungheria. Ma credo che rimarrà un’importante minaccia che, per il bene di entrambe le parti, non si concretizzerà”.

Professore, in cosa consiste questo piano per un Recovery a 25?
Tecnicamente non è altro che una cooperazione rafforzata. Nel corso degli anni, più volte si è fatto ricorso a questo tipo di accordi tra Stati membri che ha permesso loro di portarsi avanti nel processo di integrazione e cooperazione europea senza per forza dover attendere l’unanimità di tutti i 27 Stati membri. L’esempio più importante di cooperazione rafforzata è, ad esempio, l’euro: sono 19 su 27 i Paesi che hanno deciso di dotarsi di una moneta comune andando a formare la cosiddetta Eurozona. Un altro tipo di cooperazione rafforzata è quello sulla Difesa comune.

Come è realizzabile tecnicamente?
Nel caso in cui non si arrivi a un accordo e i 25 Stati membri decidessero di perseguire questa strada, inizieremo l’anno in esercizio provvisorio. Non essendoci l’approvazione del nuovo bilancio settennale europeo (Qfp) 2021-27, si andrà avanti con gli stessi fondi previsti nel precedente bilancio ma con un massimo di spesa di un dodicesimo del bilancio ordinario totale per ogni mese. Questo provocherà dei tagli ai fondi agricoli e regionali che colpiranno tutti i Paesi, compresi Polonia e Ungheria che sono tra i principali beneficiari. Tagli che saranno ancora più ingenti del normale, visto che dal 2021 dovremo fare a meno di un importante contributore netto come la Gran Bretagna. Per Varsavia e Budapest, inoltre, i fondi in arrivo finirebbero praticamente per azzerarsi perché, questi sì, vincolati alla clausola dello Stato di diritto.

Questa situazione si trascinerà fino a quando non sarà trovato un accordo sul nuovo Quadro finanziario pluriennale. Ma se i governi di Orban e Morawiecki rimarranno in questa situazione fino all’intesa, per gli altri 25 sarebbe possibile dare vita a questa cooperazione rafforzata, uno strumento parallelo che permetterebbe lo stanziamento dei fondi, escludendo Budapest e Varsavia, con la clausola sullo Stato di diritto.

Quali sono i problemi tecnici legati a questa strategia?
Il problema è che il Recovery prevede l’emissione di titoli di debito Ue. Dando vita a una cooperazione rafforzata, però, non si tratterebbe di debito tecnicamente europeo. Il meccanismo prevede la creazione di una scatola finanziaria ad hoc chiamata Special purpose vehicle (Spv), ma ciò che deve essere ancora accertato è se questo strumento può emettere debito Ue o se si tratterebbe invece di debiti nazionali. In questo secondo caso, il gioco non varrebbe la candela, verrebbe meno l’idea di un debito comune.

Le tempistiche per la sua realizzazione possono essere un problema?
No, non ci sono problemi da un punto di vista di tempistiche. Durante la gestione della crisi greca, un’operazione simile è stata realizzata in appena due giorni.

Partendo con un Recovery a 25, come sarà possibile, in caso di accordo successivo, reintegrarlo al bilancio comune?
Questo è un altro ostacolo che dovrà essere superato. L’articolazione di questo strumento fuori dal bilancio farà sì che, al momento di doverlo integrare, ci si trovi con due strumenti giuridici diversi, uno a 25 e uno a 27, che dovranno interagire tra loro. Inoltre, anche Polonia e Ungheria dovranno essere reinserite nell’accordo, ma questo avverrà resettando tutto e attuando dei calcoli di compensazione. Credo che, però, si tratterà fino a giugno per evitare questa evenienza.

Così sembra che, nonostante le difficoltà tecniche di attuazione, ad essere maggiormente penalizzati saranno proprio Polonia e Ungheria, privati di fatto non solo dei soldi previsti dal Next Generation Eu, ma anche dei fondi regionali e agricoli.
In caso di strappo, mi viene da pensare che, intanto, Orban verrebbe definitivamente espulso dal Partito Popolare Europeo, un contraccolpo politico non da poco. La Polonia avrebbe invece delle ripercussioni in materia di politica estera. La nuova amministrazione americana guidata da Joe Biden alla lunga aumenterà l’ostilità nei confronti della Russia e a Varsavia non conviene affatto, in una situazione del genere, isolarsi rispetto all’ombrello politico dell’Ue. La maggioranza dei cittadini polacchi non vuole una rottura con l’Ue proprio per timore di una maggiore ingerenza russa, un tema su cui i Paesi dell’est sono particolarmente sensibili. Inoltre, il governo di Varsavia, a differenza di quello di Orban che gode di un consenso più trasversale, ha la sua roccaforte di voti nelle aree rurali che sarebbero le più colpite da un taglio così importante di fondi europei. Per questo credo che l’esecutivo di Morawiecki possa essere il primo a cedere. Una volta isolato, anche Fidesz dovrebbe capitolare.

Tenendo conto della situazione attuale, crede che un Recovery a 25 al momento rappresenti una minaccia che l’Ue può utilizzare per arrivare a un accordo o un’ipotesi che potrebbe presto concretizzarsi?
Penso che si tratti di una bella carta in mano ai 25 in vista del prossimo Consiglio europeo. La stanno giocando adesso per arrivare al tavolo dei negoziati con un’alternativa forte e svantaggiosa per la controparte. Ha senso mostrare con forza questa opzione B, ma credo che servirà ad annacquare l’attuale accordo, anche se non troppo per evitare ribellioni tra i Paesi del Nord Europa, e arrivare a un compromesso definitivo il prima possibile.

Twitter: @GianniRosini