Giustizia & Impunità

Caso Suarez, ecco perché la procura di Perugia vuole indagare anche per corruzione

Le intercettazioni, una testimonianza e la necessità di capire se l'esame "farsa" per il giocatore sia stato solo "un asservimento" degli indagati alla Juventus o piuttosto nasconda un "significativo ritorno in termini di visibilità, di immagine, di rapporti commerciali, di carriera e, in ultima analisi, anche di vantaggio economico"

”È però intuitivo che i numerosi illeciti volti a favorire la certificazione di Suarez e il suo tesseramento da parte della Juventus sono stati commessi dagli indagati con la prospettiva di ricavarvi per sé stessi o per altri delle utilità. Ed è evidente, d’altra parte, che la notorietà e il ruolo dei soggetti e della squadra coinvolti avrebbero potuto portare all’UniStra e agli indagati stessi un significativo ritorno in termini di visibilità, di immagine, di rapporti commerciali, di carriera e, in ultima analisi, anche di vantaggio economico”. I pm di Perugia, che avevano chiesto gli arresti domiciliari per i vertici dell’Università per Stranieri di Perugia invece sospesi dal giudice per le indagini preliminari, indagano anche per corruzione. Un reato che l’ex presidente dell’Anticorruzione e ora capo della Procura, Raffaele Cantone, conosce piuttosto bene. E del resto il fascicolo madre che ha originato quello che ha portato a uno tsunami anche mediatico sul caso di Luis Suarez, il giocatore del Barcellona che era in trattativa per arrivare alla Juve e che aveva la necessità di fargli ottenere la cittadinanza italiana, riguardava la presunta corruzione del direttone generale dell’ateneo Simone Olivieri.

Ma perché gli inquirenti umbri vogliono approfondire il tema della corruzione? Il certificatore dell’esame, Lorenzo Rocca, per esempio interrogato lo scorso settembre ha dichiarato di non sapere se ci fosse una contropartita ma ha confermato che “tuttavia che il dg mi parlò dell’eventualità che gli venne prospettata di attivare dei corsi con i ragazzi della primavera della Juventus”. C’è poi l’intercettazione in cui l’avvocata della Juventus Maria Turco, parlando con Olivieri, fa una sorta di promessa: “Poi io mi tengo. Io mi permetto poi se in futuro ci sono altre situazioni di appoggiarmi a voi! Su questo ci tengo”.

“Le indagini tutt’ora in corso sono volte a verificare, anche sotto tale profilo, la condotta degli indagati, al fine di accertare se il compimento dei reati di cui alle imputazioni… – hanno scritto nella richiesta d’arresto gli inquirenti – sia stato frutto di un unilaterale asservimento dei protagonisti della vicenda, dato il rilievo e la notorietà degli interlocutori (il calciatore e la squadra di calcio), ovvero sia stato ispirato dalla promessa di utilità”. A conforto di questa tesi, non accolta dal giudice per le indagini preliminari, gli inquirenti citano proprio le conversazioni captate dagli uomini della Guardia di finanza: “In diversi passaggi delle intercettazioni si parla di un possibile accordo che la Juventus sarebbe stata disposta a stipulare con l’UniStra per future collaborazioni in termini di preparazione linguistica di giovani calciatori stranieri del club torinese e di rilascio di certificazioni linguistiche per le procedure di immigrazione e di tesseramento dei giocatori“.

Oltre alla testimonianza di Rocca e l’intercettazione della legale gli inquirenti ricordano che la “prorettrice Gambini Dianella, la mattina dell’esame del calciatore, ha dimostrato, in una chat con la Spina (la docente che aveva “preparato” Suarez, ndr) di essere a conoscenza di una trattativa per una convenzione con la società bianconera e ha ipotizzato di estenderla anche al Coni (“Dicevo agli apicali che se va in porto convenzione con la Juve si potrebbe proporre a Malagò“). Per i pm: “Non necessariamente, peraltro, per potersi confermare l’ipotesi corruttiva, deve individuarsi la promessa di un corrispettivo da parte di un corruttore extraneus rispetto all’Ateneo: i singoli indagati possono, infatti, avere commesso gli atti contrari ai rispettivi doveri di ufficio semplicemente nella prospettiva di ottenere i vantaggi promessi, anche implicitamente, dai rispettivi superiori gerarchici, anche solo in termini di benefici per la propria carriera”. E quindi c’è chi ha predisposto un esame farsa, chi ha firmato il certificato in cui si attestava il falso ovvero che il giocatore conoscesse l’italiano, per ottenere l’approvazione del suo direttore generale. Quell’Olivieri che dopo la telefonata con la Turco chiede “due ore” per organizzare tutto con la rettrice Greco Bolli che poi si complimenta per l’affare Suarez che “costituirà uno dei più rilevanti successi che potrà appuntarsi nel suo curriculum”.

Il giudice, Piercarlo Frabotta, che pur ha definito l’esame di Suarez “una pantomima” sottolineando lo “scandaloso favoritismo” e la “inaudita sfrontatezza” accompagnato a “malcelato senso di impunità” dei protagonisti di questa vicenda, ha respinto la richiesta di arresti domiciliari e ha sottolineato “l’assenza di qualsivoglia spunto investigativo che lasci fondatamente accreditare la sussistenza di intese corruttive tra gli odierni indagati e soggetti appartenenti all’entourage della Juventus”.