“Mamma mia che giornata di merda”, dico, mentre il ragazzo dietro al bancone mi sistema due caffè sul vassoio. “Zucchero normale? Zucchero di canna?”. Per un attimo sembra un primo pomeriggio qualsiasi. Poi mi guarda e mi fa: “Sei stata ottimista. Volevi dire che anno di merda”. Farfuglio qualcosa. Abbozzo un ragionamento sul concetto di bicchiere mezzo pieno. Poi lascio perdere.
Mi guardo intorno. Sono da Giolitti a via del Seminario. Fuori diluvia, dentro non c’è nessuno. Un ordinario martedì. Si fa per dire. Prima di entrare, ho controllato il numero delle persone, spalancato una porta, scelto un tavolino a portata di aria (ma non troppa, che si gela). Mi sono seduta e prima di prendere lo smartphone, che mi serve per lavorare, ho tirato fuori l’Amuchina, l’ho usata. L’ho posata davanti a me, per potermela spalmare sulle mani ogni volta che tocco qualcosa. La mia copertina di Linus. Ma in effetti, chi ce lo doveva dire a noi?
In un martedì qualsiasi, ho iniziato la giornata con il parrucchiere. Cioè in realtà con il solito rito: lettura dei giornali, telefonate e mail per impostare la giornata di lavoro. Solito rito che a questo punto però tende a iniziare tra le 6 e mezza e le 7. Salone mezzo deserto. “Siete aperti tra Natale e Capodanno?”. “Certo”. Domanda e risposta sono poco convinte. Loro sono aperti, ma poi chi lo sa chi ci andrà.
Nonostante l’aria di desolazione che c’è intorno a me, decido di fare finta che si tratti proprio di un martedì normale. Mi dirigo verso Montecitorio. Fp2, Amuchina sempre a portata di mano, mi sottopongo al termoscanner. Entro nel cortile, l’unico luogo insieme a un paio di corridoietti pressoché sempre deserti, a disposizione del cronista. Due capannelli smunti. Tre colleghi in tutto. Forse. Con uno ci guardiamo. Lui ride. Io rido. È un po’ la sensazione del Titanic che affonda o forse la malinconia rispetto a un mondo che si va dissolvendo. Il divanetto del Transatlantico era in decadenza già da un po’, ma il fatto che non esista praticamente più, fa sembrare storia gli sfoghi dei politici, le chiacchiere in disparte, le liti per accaparrarsi l’uomo del giorno. “Provo a tornare dopo”, penso.
Esco. Entro in un negozio. Vorrei un maglione, ma la perplessità mi accompagna. “Che ci dovrò mai fare con tutti ‘sti vestiti?”. La ragazza che gestisce la boutique ha un’espressione vagamente spenta. “Tutti quelli che entrano stanno come te: scoglionati e senza nessuna voglia di fare shopping”. Non ci voglio stare alla narrazione della lamentazione, che ho ben chiaro il concetto di “tragedia”. Però non compro niente. E aspettando il momento giusto per rientrare a Montecitorio, mi avvio alla ricerca di una zuppa. Requisiti richiesti all’esercizio commerciale per essere prescelto: tavoli all’aperto, ma coperti, possibilmente con fungo a latere, che fa freddo, no fila, che non la reggo. Trovo qualcosa del genere: è comunque un po’ troppo pieno, ma confido nel fatto che il momento dell’ordinazione dura poco. È la mezz’ora dello sconto quotidiano.
Non mollo: ho deciso che è una giornata normale e quindi mangio all’aperto, con le gocce di pioggia che mi sfiorano. Mentre mi alzo, vedo Andrea Orlando, vice segretario del Pd. Mi avvicino con una decina di domande tra il politichese e il merito di qualche provvedimento. In genere, non gli manca la passione per la chiacchiera o al limite – se non vuole – quella per la battuta acida. Né l’una, né l’altra. “Fammi andare a casa”. Subirà il condizionamento dell’ambiente pure lui?
E’ a quel punto che mi trasferisco da Giolitti. E mentre la pioggia aumenta invece di diminuire capisco che sta arrivando il momento della resa: inutile rientrare alla Camera. Meglio attaccarsi al telefono da casa. Non prima di essermi bagnata da capo a piedi. Ma non fa niente. Mentre sistemo la mia postazione da Smart working (#lavorosolitariosenzaregolechiare) sono quasi soddisfatta di aver fatto finta di niente (licenza poetica, in realtà, ma accontentiamoci) fino al limite del diluvio universale. Strani concetti di bicchiere mezzo pieno.
In foto: il Transatlantico della Camera dei deputati