Era finito a processo tre anni fa e il giorno prima la storica emittente antimafia Telejato aveva chiuso per sempre. Oggi il pm della Dda di Palermo, Amelia Luise, ha chiesto la condanna a 11 anni e sei mesi di carcere per Pino Maniaci, giornalista ed ex direttore dell’emittente tv per anni simbolo di battaglie contro la criminalità organizzata siciliana, imputato di estorsione e diffamazione. Secondo l’accusa, avrebbe preteso favori e denaro da amministratori locali minacciandoli, in caso di rifiuto, di avviare campagne mediatiche negative nei loro confronti.

Il processo nasce da una indagine della Dda sulla mafia di Borgetto, paese della provincia di Palermo che, a maggio del 2016, portò all’arresto di 10 esponenti del clan. L’inchiesta svelò che il giornalista, a cui venne notificato il divieto di dimora a Palermo e Trapani, aveva ricevuto, stando all’accusa, somme di denaro e agevolazioni dai sindaci di Partinico e Borgetto e da un assessore comunale di Borgetto. In cambio avrebbe evitato commenti critici sull’operato delle amministrazioni comunali.

I militari dell’Arma indagavano sui clan di Partinico e sui rapporti tra mafia e politica locale e Maniaci fu intercettato per caso. Captando una conversazione ambientale, a carico di un sindaco, in diretta venne fuori la consegna di una somma di denaro al giornalista. Circostanza che insospettì gli investigatori che decisero di metterlo sotto controllo. È così che scoprirono che in cambio di piccole somme – 200-300 euro – assicurava ai sindaci di non trasmettere quelli che definiva scoop che avrebbero potuto danneggiarli. Oltre al denaro avrebbe anche chiesto un contratto a termine per una donna al comune di Partinico. Inizialmente Maniaci venne rinviato a giudizio insieme ai mafiosi. I suoi legali chiesero però lo stralcio della sua posizione che venne separata e trasmessa al giudice monocratico.

La richiesta a undici anni e mezzo di carcere per il direttore di Telejato Pino Maniaci “è eccessiva, sono pene che si chiedono di solito per un capomafia” ha detto all’Adnkronos l’avvocato Antonio Ingroia, ex procuratore aggiunto di Palerm- Leggeremo la corposa requisitoria del pm e quando faremo l’arringa difensiva contesteremo punto per punto ogni fatto. Questo è uno di quei casi in cui il pm avrebbe dovuto chiedere l’assoluzione per l’imputato tenendo conto del risultato dibattimentale. Da una parte il pm sembra essersi fermato a prima dell’istruzione dibattimentale – dice ancora Ingroia – l’accusa ha ribadito le acquisizioni della fase delle indagini ignorando le risultanze del processo in cui ci sono stati tanti testi e presunte persone offese che per primi hanno detto di non avere subito nessuna estorsione. I pm hanno ignorato questi aspetti”.

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