Le prime dosi a 6,5 milioni di italiani (1,4 milioni di operatori sanitari, 570mila addetti e ospiti di Rsa, 4,4 milioni di anziani over 80), un hub per la distribuzione in ogni Regione e un’indagine sierologica per valutare qualità e durata della protezione al coronavirus sulla popolazione. Dall’incontro tra il commissario all’emergenza Domenico Arcuri e le Regioni emergono nuovi dettagli sul piano vaccini italiano, presentato pochi giorni fa dal ministro Roberto Speranza in Parlamento. La prima novità è proprio lo screening su un “campione rappresentativo” di vaccinati “stratificati per area geografica, età, genere e stato di salute” che verrà realizzato sul campo dall’Istituto superiore di Sanità. L’obiettivo è quello di valutare la “specificità della risposta immunitaria, la durata della memoria immunologica e identificare i correlati di protezione”. L’indagine sarà eseguita immediatamente “prima della vaccinazione (tempo zero) e a distanza di uno, 6 e 12 mesi“. Una volta che saranno disponibili “le evidenze scientifiche” dell’indagine, queste saranno “pubblicate ed utilizzate a fini informativi e valutativi”. Alle Regioni sia Arcuri che il ministro Boccia hanno ribadito la necessità che vi sia un loro coinvolgimento immediato, dal momento che è probabile che l’Agenzia europea del farmaco conceda una prima autorizzazione all’immissione in commercio già entro la fine dell’anno. “Mai come in questo momento – ha sottolineato Boccia – il rapporto di collaborazione con le Regioni e gli enti locali sarà decisivo nel contrasto al virus“.
Nel primo trimestre del 2021 inoltre, arriveranno in Italia oltre 28 milioni di dosi. E i primi ad essere vaccinati, secondo le tabelle del ministero, dovranno essere 6,5 milioni di italiani tra anziani, medici, infermieri e addetti nelle Rsa. È per questo che si procede spediti con la stesura del piano: è necessario organizzare al meglio non solo la logistica per lo stoccaggio delle dosi ma anche la somministrazione a livello territoriale. Il primo punto fermo è che le 3,4 milioni di dosi del vaccino della Pfizer (che necessitano di una catena del freddo estrema, tra i -20 e i -70 gradi) dovrebbero essere disponibili entro la fine di gennaio e saranno consegnate direttamente dall’azienda produttrice nei 300 siti indicati dal governo, ospedali e Rsa, per la prima fase della campagna che riguarderà appunto il personale sanitario e gli anziani nelle residenze, che saranno vaccinati attraverso delle unità mobili.
Per realizzare questa prima fase, il ministero della Salute ha ipotizzato servano 20mila persone tra medici, infermieri, assistenti sanitari, operatori socio sanitari, personale amministrativo e anche specializzandi. L’hub di stoccaggio nazionale, come ha già spiegato Arcuri, sarà all’aeroporto militare di Pratica di Mare, un sito protetto dove transiteranno tutte le 202 milioni di dosi previste in arrivo in Italia da gennaio al primo trimestre del 2022. Sia quelle di Pfizer, sia quelle che richiedono invece una catena del freddo standard (tra i 2 e gli 8 gradi) per la conservazione. E ci saranno dei ‘sub-hub’ regionali – probabilmente uno per ognuna delle 20 regioni italiane, anche questi in siti militari – dove trasferire le dosi in vista della somministrazione di massa, quella prevista tra il secondo e terzo trimestre del 2020 quando arriveranno complessivamente 131 milioni di dosi (57 tra aprile e giugno e 74 tra luglio e settembre).
È in questa seconda fase che verranno utilizzati i 1.500 luoghi per la somministrazione che le Regioni devono indicare: dei centri vaccinali organizzati ad hoc che potrebbero coinvolgere, almeno questa è una delle ipotesi, palazzetti, fiere e palestre. Verranno coinvolti anche i medici di medicina generale e i pediatri e, più avanti, anche le farmacie. Le Regioni devono indicare anche dei referenti che, dice il ministero della Salute, “risponderanno direttamente alla struttura di coordinamento nazionale e si interfacceranno con gli attori del territorio, quali i Dipartimenti di Prevenzione, per garantire l’implementazione dei piani regionali di vaccinazione e il loro raccordo con il Piano Nazionale di Vaccinazione”. Quattro le richieste arrivate dalle Regioni: l’integrazione dei sistemi informatici del ministero con quelli regionali, la realizzazione di un’anagrafe sanitaria, il coinvolgimento delle farmacie e la necessità di sgravare il personale regionale. Punti sui quali Arcuri si è detto sostanzialmente d’accordo, ipotizzando ad esempio l’utilizzo di pensionati e specializzandi per vaccinare gli italiani.