Sospeso causa Covid, il braccio di ferro tra Eutelia e Vodafone sulle tariffe di terminazione nelle telefonate tra fisso e mobile, torna in tribunale il 9 dicembre a Milano. Con una novità: una perizia esplorativa. La questione del resto merita ogni approfondimento, visto che riguarda un presunto abuso di posizione dominante da parte delle compagnie telefoniche tradizionali e realizzato tra il 2002 e il 2013 a danno di consumatori e operatori alternativi, cioè società che forniscono servizi di telefonia appoggiandosi alla rete dei big del settore.

Il danno complessivo ammonterebbe ad almeno 4 miliardi, secondo le stime del consulente tecnico di parte di Eutelia, il professore di finanza aziendale della Luiss, Raffaele Oriani. Finora i giudici, in primo grado, hanno dato ragione a Eutelia condannando Vodafone al pagamento di quasi 60 milioni di risarcimento, ridotti poi a 30 in attesa del giudizio di merito della Corte d’Appello.

Per il giudice di primo grado, in sostanza, Vodafone si faceva pagare troppo i “diritti di terminazione”, cioè il prezzo al minuto che Eutelia doveva versare alla compagnia britannica per il traffico voce sull’ultimo tratto di rete mobile, ogni volta che un suo cliente chiamava dal telefono fisso un cellulare cliente della multinazionale inglese.

Toccherà ora alla Corte d’Appello confermare o meno la validità dello scenario descritto nella sentenza di primo grado. Molto dipenderà dalla perizia tecnica d’ufficio, che è stata redatta dal professor Pietro Manzonetto, blasonato perito ultrasettantenne che è stato scelto al di fuori dell’elenco a disposizione dei giudici milanesi per “la specificità della materia”, come indica il presidente della Corte approvando la scelta, secondo l’iter previsto dal Codice di procedura civile per i casi analoghi. E la cui analisi è in netta controtendenza rispetto alla conclusioni raggiunte in primo grado.

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