Cinema

Il colore di sera e San Donato Beach: Bologna si accende con i sublimi film low budget di Capozzi e Donatini

Un documentario su un’anziana pittrice siciliana ma vivente a Bologna, sconosciuta e scoperta dieci anni fa, e il “saggio visivo” sulle solitudini di sei cittadini borderline ritmate da brani d’archivio Rai. Cinema di pochissimi mezzi, ma dalla resa poetica esagerata

di Davide Turrini

SAN DONATO BEACH - 2/2

Se si fanno, poi, trecento metri di strada, dalla Bolognina verso est, si arriva in un altro quartiere popolare di Bologna che si estende fino alla campagna. Qui Fabio Donatini, romagnolo di Casola Valsenio, ma bolognese oramai da decenni, ha girato San Donato Beach. Sorta di mockumentary sudaticcio, musicarellizzato, tragicomico, dove invece il paesaggio urbano assolato estivo di caseggiati infiniti, scheggiati, crepati, tapparelle, lampioni, cartelloni pubblicitari, fa come da spazio metafisico dechirichiano che si squaglia, piegato, al battito delle solitudini dell’anima dei suoi bizzarri e dolenti protagonisti. Il pedinamento di Donatini ha un lontano eco zavattiniano, nel rispetto della semplicità umana ed esistenziale dei soggetti pedinati, e si sviluppa rigorosamente fronte macchina, primi piani e mezzi busti. Attorno ad un baretto di quartiere mulinano le vite del persiano Reza, del ludopatico Andrea, dell’affetta da disturbo bipolare Patrizia (che è stata al Costanzo Show e trent’anni fa girava film con Claudia Koll), della silenziosa Stefania con cagnetto e sigarettina, del piangente e delicatissimo Armando, e infine di Zio, profugo della guerra balcanica ossessionato dalle “tette grandi” tutti i giorni davanti a un supermarket a fare l’elemosina. Per ognuno, a dosi variabili, uno stacco brusco, come il tasto stop di un vecchio mangianastri, dalle confessioni dei protagonisti ad un audio musicale, accompagnamento emotivo e di senso, tratto da video di repertorio di vecchi programmi Rai: Se perdo te di Patty Pravo, Gli occhi miei di Dino, La belle donne di Robertino, Testarda io di Iva Zanicchi, Ahi ahi ahi ragazzo di Valeria Mongardini, Che sarà dei Ricchi e Poveri. Un esperimento visivo (con budget irrisorio) che ondeggia nostalgico tra l’impressionismo istintivo della scintilla del reale e il carotaggio onesto, profondo e talvolta (ops) ritoccato delle storie mostrate. Una “periferia archetipica”, la chiama Donatini, puntinismo di anime isolate da sfogliare come un rotocalco di una volta, da riporre nell’album di una malinconia musicale dell’anima a cui si aggiunge e in cui si rispecchia sempre la figurina nitida, dadaista, anticonformista di questo regista (lungometraggio secco d’esordio nel 2011, I principi dell’indeterimazione/Il Boia) tragicamente attirato dalla marginalità, tanto quanto amorevolmente legato al cinema di genere che si mastica e si usura a forza di rivederlo. San Donato Beach è passato al Torino Film Festival 2020 pochi giorni fa. Per poterlo rivedere e proiettare chiedete informazioni a zarathustrafilm@gmail.com o direttamente al regista su Facebook (registrato come Fabio Dona).

SAN DONATO BEACH - 2/2
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