Cronaca

Libia, i pescatori di Mazara del Vallo da cento giorni in stato di fermo. I familiari: “Il governo li riporti indietro o sarà un Natale triste”

I parenti dei 18 marittimi in corteo per le vie della città siciliane da dover ero salpati con i pescherecci Antartide e Medinea: "Quando da soli non si può ottenere aiuto, bisogna chiedere la collaborazione degli altri Paesi, noi siamo indignati verso il governo". Il vescovo Domenico Mogavero: "Basta, è ora che chi di dovere intervenga, anche con corpi speciali"

I tracciati aerei documentano un flusso di voli dell’intelligence tra Bengasi e Roma. Il vescovo di Mazara del Vallo chiede l’intervento dei ‘corpi speciali’. Ma a cento giorni dall’arresto dei 18 pescatori, tuttora ‘in stato di fermo’ in Libia, dalla Farnesina le bocche restano cucite. Molti dei familiari sperano che l’arrivo delle festività natalizie possa accelerare le trattative per il rilascio, “ma siamo già pronti a tornare a Roma, perché noi senza i nostri uomini non sappiamo che Natale trascorrere: ma stavolta con toni molto più alti”, dicono da giorni. “Per tutti, oggi è una giornata di festa, per noi è soltanto una grande tristezza”, dice Cristina Amabilino, moglie di uno dei 18 marittimi (sei italiani, otto tunisini, due indonesiani e due senegalesi), che questa mattina (8 dicembre, ndr) ha sfilato assieme agli altri familiari per le strade principali della città. L’unico contatto ufficiale con i pescatori risale allo scorso 11 novembre, in occasione di una telefonata collettiva, durante la quale soltanto gli italiani hanno potuto comunicare con i loro parenti.

Rispondendo alle domande dell’Adnkronos, il vescovo Domenico Mogavero ha detto “basta, è ora che chi di dovere intervenga, anche con corpi speciali”. Una provocazione rilanciata da alcuni dei familiari. “Il nostro vescovo ha usato dei toni forti perché ormai siamo in una situazione surreale, nessuno riesce ad avere impatto sulla liberazione dei 18 pescatori – ha aggiunto Cristina Amabilino – noi abbiamo soltanto il potere di manifestare e protestare giornalmente, noi non lasciamo la mano dei nostri pescatori”. Nei giorni scorsi la protesta ha coinvolto anche le marinerie di altre regioni italiane, con i pescherecci in sosta per il ‘fermo biologico’ a suonare le sirene in segno di solidarietà. Dall’analisi dei tracciati aerei, rilanciata dal giornalista Sergio Scandura di Radio Radicale, è evidente un viaggio sulla rotta Roma-Bengasi, con la partenza di un Falcon in uso ai Servizi segreti italiani (Aise), decollato alle 13.41 dall’aeroporto di Ciampino, atterrato a Bengasi e ripartito alle 16.07 per Roma. Lo stesso viaggio era avvenuto il 2 dicembre.

L’accusa avanzata dalle autorità libiche ai 18 pescatori è di aver violato le acque territoriali libiche, pescando all’interno di quella che ritengono essere un’area di loro pertinenza, in base ad una convenzione che prevede l’estensione della Zee (zona economica esclusiva) da 12 a 74 miglia. Nei giorni seguenti al sequestro dei due pescherecci Antartide e Medinea – avvenuto a 38 miglia dalle coste della Cirenaica – le milizie di Haftar hanno contestato anche il traffico di droga, come documentato da Ilfattoquotidiano.it durante una telefonata ‘clandestina’ avvenuta poche settimane dopo il sequestro. Ipotesi confermata da alcune fotografie pubblicate in esclusiva dall’Agi in cui si vedono dei panetti posizionati sulla banchina del porto di Bengasi, con il peschereccio Medinea sullo sfondo. Inoltre nel corso delle trattative hanno avanzato la richiesta di uno ‘scambio di prigionieri’, chiedendo l’estradizione di 4 libici condannati in Italia come scafisti di una traversata in cui morirono 49 migranti.

In queste settimane la diplomazia italiana ha partecipato al ‘Foro di Dialogo Politico libico’ svolto a Tunisi, ufficializzando una tabella di marcia per arrivare ad elezioni nazionali il 24 dicembre del prossimo anno, definita con Francia, Germania e Regno Unito. All’indomani il ministro degli Esteri libico Salahuddin Al-Namroush ha invitato il governo italiano a “chiedere aiuto alla Francia”. “Quando da soli non si può ottenere aiuto, bisogna chiedere la collaborazione degli altri Paesi, noi siamo indignati verso il governo, che non sa neanche utilizzare le parole giuste quando fa un’intervista”, ha aggiunto Cristina Amabilino, riferendosi alle parole del ministro Luigi Di Maio, che ha ricordato che è ‘sconsigliato’ pescare nella zona in cui sono stati bloccati i due pescherecci. “Una trattativa non si può concludere sulla pelle di 18 esseri umani, non è possibile – conclude – che il governo si sbrighi, se li riconsegnano domani, per noi sarà immediatamente Natale”.