“L’unica grande opera che vogliamo è una sanità pubblica che funzioni”. È questo l’appello lanciato dal movimento No Tav che oggi a San Didero ha ricordato il quindicesimo anniversario della “liberazione” di Venaus. L’8 dicembre 2015 decine di migliaia di persone invasero i terreni dove sarebbe dovuto nascere il cantiere della Torino-Lione imponendo lo stop ai lavori in quell’area. “In questi 15 anni abbiamo visto sprecare soldi per le grandi opere inutili e tagliare i fondi alla sanità pubblica”, racconta il medico pneumologo Beppe Sera che, seppur in pensione, è tornato a lavorare in prima linea durante la pandemia. “Stiamo patendo e stiamo avendo dei grossi problemi con gli ospedali che abbiamo in Valle”, denuncia Fiorenza Arisio, assessora all’ambiente di Avigliana. La lezione dell’importanza della medicina territoriale non sembra tradursi in azioni concrete secondo i militanti che accusano il governo di “proporre di stanziare con il Recovery Fund 27 miliardi di euro per le grandi opere e 9 miliardi per la sanità. Soltanto un terzo, ma se si invertisse la proporzione si creerebbero tanti posti di lavoro per giovani qualificati”. L’atteggiamento del governo viene bollato come “incosciente” da parte della consigliera regionale del M5s, Francesca Frediani, che però avverte che si “è ancora in tempo per fare un passo indietro e fermare questa assurdità”. Questa settimana alcuni membri della Commissione Tecnica dell’Unione Montana Valle Susa saranno auditi insieme ad altri dall’Ottava Commissione del Senato: “Telt, ovvero il soggetto deputato a realizzare l’opera, in questo momento non può toccare un euro senza l’approvazione di un contratto di programma con le Ferrovie dello Stato e il ministero – spiega uno dei membri della Commissione, Alberto Poggio – questo atto dovrà essere votato nelle Commissioni parlamentari. Se qualche politico in Parlamento è contrario all’opera è il momento di farsi sentire contrastare la firma di questo atto”.
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