Nonostante il Covid che miete vittime ovunque nel mondo, imponendo un notevole rallentamento ad ogni attività umana. Nonostante le sanzioni per me assassine che devastano da anni il Paese impedendo allo Stato di approvvigionarsi di beni essenziali per provvedere al soddisfacimento dei bisogni della popolazione. Nonostante quella che ritengo una campagna diffamatoria in atto anch’essa da anni che dipinge il governo venezolano e il presidente Maduro come tiranni antidemocratici, il popolo del Venezuela è accorso alle urne domenica 6 dicembre decretando una vittoria senza precedenti del Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv), la formazione politica che incarna gli ideali del chavismo, al potere oramai da oltre vent’anni nel Paese.
Malgrado le circostanze negative che abbiamo riferito, ha votato circa il 31% della popolazione, pari in cifra assoluta a 6.251.008 persone. Sono pochi? Non mi pare. Si tratta con ogni evidenza del reparto più avanzato e organizzato del popolo venezolano, che è accorso alle urne per votare il Psuv (68,43% dei suffragi) o il variegato fronte dell’opposizione. La partecipazione di quest’ultima, sia di destra che di sinistra, ha rappresentato un importante elemento di novità. A mio avviso, si tratta dell’ennesima conferma del carattere profondamente democratico del sistema venezolano.
Nessuno ha osato insinuare, come era successo invece in altre occasioni, che siano stati commessi brogli, come del resto accertato dalle centinaia di osservatori internazionali presenti e da organizzazioni non governative venezolane come la benemerita Sures, che ha redatto un importante rapporto al riguardo. I nemici della democrazia venezolana, spuntata ormai l’arma dell’accusa di inesistenti brogli, preferiscono oggi puntare su quella dell’ampia astensione che si è registrata, ma anche questa risorsa propagandistica pare destinata ad esaurirsi presto.
Il voto è un diritto, non un dovere, e un principio fondamentale della democrazia rappresentativa è quello che vince chi partecipa, specie in una situazione fortemente anomala come quella esistente attualmente in Venezuela, della cui eccezionalità dovrebbero finalmente rendersi conto anche certi grilli parlanti sedicenti di sinistra.
L’autoproclamatosi presidente Juan Guaidò è ormai fuori gioco, come sono costretti ad ammettere anche i nemici più inveterati del chavismo. Il suo patetico tentativo di intestarsi l’astensione costituisce solo l’ultima della lunga serie delle mosse fallimentari che lo hanno trasformato da presidente del Parlamento in zimbello del Venezuela e del mondo intero. La sua uscita di scena coincide del resto con quella del suo sponsor principale, il nefasto presidente statunitense Donald Trump.
Il nuovo Parlamento che scaturisce dalle elezioni del 6 dicembre costituisce la sede ideale per la costruzione di politiche all’altezza dei tempi. La presenza di significativi settori dell’opposizione consentirà di portare avanti il processo di riconciliazione nazionale oggi più che mai necessario. Al tempo stesso, il nuovo Parlamento dovrà accordare la massima attenzione ai bisogni del popolo, approfondendo ulteriormente le storiche politiche sociali inaugurate dal chavismo, che ha vinto e continua a vincere per la scelta che ha fatto da tempo di destinare a tali bisogni le risorse del Paese, in precedenza sacrificate agli appetiti dell’imperialismo internazionale e di una ristretta quanto avida oligarchia nazionale.
Il Psuv, vincitore indiscusso delle elezioni, è oggi chiamato a migliorare ulteriormente i suoi legami di massa e i suoi apparati di mobilitazione popolare, in modo tale che alle prossime elezioni politiche, in programma tra cinque anni, accorrano alle urne, una volta debellati i flagelli del Covid e delle sanzioni, milioni e milioni di venezolane e di venezolani in più.
L’ampia astensione che si è registrata è dovuta in effetti a vari fattori e – a mio avviso – solo i più irresponsabili e cialtroneschi fautori dell’ormai tramontato Guaidò continuano ad attribuirle un significato di scelta politica consapevole. Ciò non toglie che costituisca un problema da porsi e da risolvere, in nome della salvaguardia e del pieno sviluppo della democrazia bolivariana.
Sono questi i problemi la cui soluzione spetta al Psuv e al Parlamento venezolano che è stato appena eletto. L’opinione pubblica internazionale, della quale facciamo parte, deve invece preoccuparsi di operare affinché siano ripristinate condizioni di assoluta normalità mediante l’immediata abolizione delle sanzioni assassine che hanno già provocato decine di migliaia di vittime nella popolazione.
Joe Biden e l’Unione europea se ne rendano conto e pongano fine alla guerra silenziosa contro il popolo venezolano, accettando il responso delle urne, così come la nuova lezione di democrazia che viene dal Venezuela bolivariano e chavista.