Una settimana a parlare di “biscotti”, del pareggio che avrebbe qualificato a braccetto Real Madrid e Borussia Monchengladbach, dell’atteggiamento migliore da tenere per non influenzare troppo l’altra partita del girone, se andare in vantaggio subito o tenere la partita in equilibrio, se vincere tanto o poco. Una settimana di chiacchiere. Il Real Madrid il suo dovere l’ha fatto, battendo senza neanche troppi i patemi i tedeschi, 2-0, qualificandosi da prima del gruppo, come fanno le grandi squadre. L’Inter no. L’Inter di Antonio Conte non riesce ad andare oltre lo 0-0 contro lo Shakhtar Donetsk, imbrigliato come all’andata da una squadra venuta a giocare dichiaratamente per un pareggio che l’avrebbe eliminata (ma qualificata all’Europa League), ed in grado di centrare con diligenza il suo obiettivo. L’Inter di Antonio Conte è fuori dall’Europa, tutta, visto che con questo risultato è anche ultima nel girone. Passano Real e ‘Gladbach, Shakhtar retrocesso in Europa League, Inter a casa.

In questa disfatta, che sa un po’ di figuraccia europea, come l’anno scorso e l’altro anno ancora, ma forse ancora peggio viste le avversarie e le condizioni, c’è un po’ di tutto. Limiti tecnici e psicologici, perché i nerazzurri continuano a mancare sempre le grandi occasioni, spesso internazionali. Cocciatuggine, quella del mister, che relega Eriksen ai soliti cinque minuti finali anche in una gara in cui forse avrebbe potuto davvero fare la differenza (e in quel poco a disposizione l’ha fatto intravedere). Anche tanta sfortuna, perché una traversa all’inizio, un’incredibile auto-respinta di Lukaku alla fine e nel mezzo le parate del portiere ucraino Trubin, un ragazzino semisconosciuto, condannano una squadra che avrebbe potuto passare facilmente. Ma in fondo vincendo una sola partita su sei, in un gruppo abbordabile, non può dire di averlo meritato.

Conte se l’è giocata con le sue armi, recuperando in extremis Barella e col suo undici di fedelissimi per la serata più importante. All’Inter non bastava vincere, doveva farlo e sperare nel Real, che però ha dimostrato subito che tutte le maldicenze della vigilia erano immotivate. Dopo una decina di minuti era già in vantaggio, alla mezz’ora aveva chiuso virtualmente i giochi. Altro che biscotto. Neanche l’Inter fa calcoli. Parte forte, dopo una manciata di minuti Lautaro spacca già la traversa avversaria. Solo che dopo lo slancio iniziale si ferma, forse patisce la tensione europea (una costante), o semplicemente il catenaccio degli ucraini che per l’occasione di mettono a specchio con la difesa a tre (anzi a 5). Un’altra occasione capita in mischia, a De Vrij. Ma il ritmo non si alza, il punteggio non si schioda. La partita è bloccata, classica quiete prima della tempesta. Che non arriverà nemmeno nella ripresa. Inter sempre più alta, Shakthar sempre più basso. Ma il tempo passa, e nelle poche occasioni che capitano, ad esempio il colpo di testa di Lukaku, Trubin para.

Gli ucraini schermano il passaggio verso le due punte, la manovra nerazzurra così si riduce a un lento, dispendioso, improduttivo giro palla. E sono addirittura gli ucraini a mettere fuori la testa, prima con un contropiede pericoloso, poi proprio col palleggio. Si sente la necessità di qualcosa. Il primo cambio è Perisic per Young. Non basta. Manca un quarto d’ora e l’Inter comincia anche ad essere stanca, ha voglia, ma soprattutto paura. Tocca a Sanchez. Cinque alla fine ed entra persino Eriksen, siamo alla disperazione. Quando sembra tutto finito, il colpo di testa vincente di Sanchez, proprio al 90’, si stampa incredibilmente contro Lukaku. È l’Inter che si ferma contro se stessa. L’immagine perfetta di questa serata, di questa Champions League.

Twitter: @lVendemiale

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