I cortesi lettori dei commenti di questo blog sanno che ho sempre nutrito una dichiarata propensione per il governo, nella sua gradazione cromatica giallo-rosa (molto meno nella precedente giallo-verde).
Con molto rammarico mi trovo costretto a registrare quanto potremmo definire, con un lessico da vecchia politica, “una sua perdita di spinta propulsiva”. E, nel momento in cui tale spinta ha cominciato a declinare, sono venute alla luce le debolezze della compagine di maggioranza: da una parte la congenita condiscendenza dei politici democristo-post-piccisti rispetto alle pressioni dei vari potentati; dall’altra i rigurgiti di purezza testimoniale di una fetta consistente dei Cinquestelle, che continuano a sentirsi investiti di missioni palingenetiche.
Per questi ultimi – i 5S – si potrebbe parlare alla Max Weber di dominante dell’etica dei principi primi su quella della responsabilità; tale da impedire loro di evolvere dalla fase magmatica di movimento pentecostale, che predica l’avvento salvifico della discesa dello Spirito Santo (con le fattezze del confusionista Beppe Grillo, improbabile profeta cotonato e ormai sprovvisto di guida spirituale, dunque allo sbando) nel totale disinteresse del fare i conti con la realtà.
A fronte dei loro compagni di strada – i pidini – che praticano con incrollabile dedizione l’etica del tirare a campare, che li spinge ad allinearsi a ogni stormir di fronde; come si è visto questa estate, quando fu messo il bavaglio alle ipocondrie savonarolesche del ministro Speranza, propugnatore dell’etica lockdown più intransigente, per un abbassamento della guardia nella pandemia al fine di acquisire benevolenze tra i festaioli e nei Palazzi che contano. A partire da quello dell’Eur sede di Confindustria. E qui non si parla di Matteo Renzi, cultore dell’etica della pugnalata alle spalle “stai sereno”, per non annoiare chi scrive e chi legge reiterando considerazioni risapute sull’avventurista di Rignano.
Stretto tra il fondamentalismo di chi stigmatizza ogni scambio politico come un cedimento al Male trasformando il dibattito sul Mes nello scontro credenti/infedeli, e il piacionismo furbetto di chi cerca facili consensi presso pubblici di infantilizzati capricciosi nel bel mezzo delle morie (da brava “madre pietosa che fa la piaga cancrenosa”), il premier si muove sempre più sulle sabbie mobili. Mentre i potentati economici scavano cunicoli sotto i piedi del governo per fare emergere il solito uomo della provvidenza, da porre alla guida di un’ammucchiata che chiamano “governo di unità nazionale”. Operazione corroborata dalle (di fatto) sinergiche aggressioni deliranti della Destra terrorista verbale.
Ma va detto che Giuseppe Conte ci mette pure del suo, in questa perdita di slancio: partito benissimo nella prima fase della pandemia, abbastanza silente durante il liberi tutti agostano, da tempo stenta a ritrovare leadership in una fase che lo chiamerebbe a prendere la guida di una campagna per la rinascita del Paese; da tempo in stato pre-agonico in tutti gli ambiti: economico-competitivo, culturale, innovativo, di coesione sociale, e via così.
Insomma, se ha personificato la lotta al contagio, ora Conte non sembra incarnare la costruzione del futuro. L’atteso avvento di un fertile New Deal. Non riesce a rappresentare la scossa fattiva che induca la speranza di interrompere la lunga stagione dell’inconcludenza parolaia; per cui – ad esempio – la lotta alla disoccupazione ha saputo mettere in campo solo vane teatralizzazioni del fare: la barzelletta dei centri per l’impiego, l’ectoplasma dei navigator.
Può essere un segnale in controtendenza la tanto contestata cabina di regia per investire gli euro del Next Generation? L’intento di bypassare gli stop burocratici?
Conforterebbe pensarlo. Certo così non sarebbe se i manager preposti all’operatività risultassero anime belle del mainstream alla Colao; se i trecento esperti fossero reclutati nei serbatoi del luogo comune, dalla Bocconi alla Luiss, tra paleo keynesiani (oggi Keynes non sarebbe keynesiano), macro-economisti sulle nuvole o mercatisti “che non hanno scordato niente, non hanno imparato niente” di questi ultimi quarant’anni. Mentre non si smette di invocare l’avvento di un finanziere alla Mario Draghi o rimpiangere sotto, sotto un notabile alla Mario Monti.
Su questo ostacolo Conte può riprendersi o cadere, In questo secondo caso saremmo alla follia delle elezioni anticipate nel bel mezzo del contagio da coronavirus.