“Offensivo per gli operatori sanitari”, “non crediamo ai nostri occhi”, “il governo non ritiene nemmeno ora la sanità, specialmente quella ospedaliera, una priorità dell’agenda politica”. Sono le reazioni dei sindacati dei medici alla notizia che nella bozza del Recovery plan esaminato – ma non ancora approvato – dal consiglio dei ministri “solo” 9 miliardi sono destinati alla salute, in particolare assistenza di prossimità e digitalizzazione del sistema. Nove miliardi sui 196 destinati all’Italia nell’ambito della Recovery and resilience facility, “cuore” del Next generation Eu che in totale porterà nelle casse statali 209 miliardi tra 2021 e 2026. Una cifra a cui vanno sommati i fondi, non quantificati, che andranno alla ristrutturazione e ammodernamento delle strutture ospedaliere. Oltre ai 4 miliardi aggiuntivi stanziati dalla manovra per il 2021, che seguono gli 8 miliardi messi in campo nel corso dell’anno per affrontare l’emergenza Covid. La cifra comunque scontenta anche il ministro Roberto Speranza, che aveva presentato a Palazzo Chigi un piano di riforma da 68 miliardi.
Il sindacato Anaao Assomed parla di “fatto grave ma certo non inatteso, specie per chi, come l’Anaao Assomed, ha da subito, ma invano, chiesto i 37 miliardi del Mes, temendo che nella ripartizione del fondo generale la sanità pubblica avrebbe fatto, tra tanti vasi di ferro, il vaso di coccio, cui destinare le briciole, se non gli avanzi”. Il governo secondo l’Anaao “sceglie di chiudere gli occhi davanti alle difficoltà storiche e alle evidenti falle strutturali, amplificate e messe a nudo dalla pandemia, di un Ssn che non riesce più a garantire accessibilità, equità e qualità delle prestazioni erogate. Dopo le palate di retorica, le chiacchiere e gli annunci su una ritrovata centralità, la sanità pubblica viene lasciata alla deriva affossando il corposo e ambizioso piano di rilancio da 68 miliardi del ministro della Salute”.
Duro anche il commento di Giuseppe Carbone, segretario generale della Federazione Italiana Autonomie Locali e Sanità (Fials): “I 9 miliardi alla sanità gridano vendetta, soprattutto se rapportati a un totale di 196 miliardi disponibili. E’ offensivo per gli operatori sanitari, dopo tutto quello che hanno fatto e continuano a fare per lottare contro questo virus, financo al sacrificio estremo di centinaia di colleghi”. Carbone ricorda che siamo “il paese dove si muore di più di Covid” e questo dovrebbe far capire, dice, “che è necessaria una riorganizzazione radicale e una revisione strutturale del Ssn”. L’augurio è che il piano “venga rivisto al più presto, a meno che non abbiano deciso di avvalersi del Mes“. I tagli lineari degli ultimi dieci anni alla sanità, continua la Fials, hanno portato al “blocco del turn over e a un depauperamento progressivo dell’offerta di salute ai cittadini, con le ricadute che sono state evidenziate dalla crisi pandemica in termini non solo di posti letti delle terapie intensive, ma soprattutto di organici ridotti all’osso“. Quindi “è necessario investire subito ingenti risorse per un piano straordinario di assunzioni e per valorizzare gli infermieri e le professioni sanitarie”.
E’ su questo punto che si concentra l’Anaao, sottolineando che “il recovery plan si ricorda dei medici unicamente per affermare che il loro numero è ‘superiore al valore medio europeo’ e che c’è solo ‘una carenza significativa in alcune specializzazioni’, tra le quali nemmeno cita l’emergenza/urgenza. “Omettendo che si tratta di professionisti che sono i più anziani al mondo, pronti ad un massiccio esodo pensionistico, con scarse possibilità di sostituzione vista la fallimentare programmazione dei fabbisogni specialistici. La pandemia – sostiene il sindacato – non ha insegnato niente a proposito delle conseguenze della carenza di capitale umano, prezioso quanto e più di quello economico, appena scalfita da 7.650 assunzioni, nella metà dei casi contratti usa e getta per medici non specialisti“. Su questo la bozza del Recovery plan contiene in realtà un’indicazione: prevede il potenziamento della formazione del personale sanitario con “l’ampliamento dell’accesso ai percorsi di specializzazione dei neo-laureati”, perché i numeri dicono che “nonostante il numero dei medici sia superiore al valore europeo, il sistema attualmente soffre di una carenza significativa in alcune specializzazioni (prime tra tutti anestesia e terapia intensiva, medicina interna e pneumologia, pediatria)”.
Per l’Anaao comunque “il governo non ha la percezione di quanto sta accadendo negli ospedali, della stanchezza, dello stress fisico e psichico, dell’angoscia e della frustrazione che accompagnano il triste corteo delle morti. Né ha a cuore le insopportabili attese dei cittadini malati di altro, spinti nelle braccia di un privato che si va riorganizzando come pilastro paritario”. Carlo Palermo, segretario nazionale Anaao Assomed, ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” su Radio Cusano Campus ha auspicato che a questo punto si prendano i prestiti del Mes: “Tutti hanno paura dello stigma dei mercati finanziari, ma dello stigma che ricade su quei politici che hanno rifiutato il più grande investimento nella sanità pubblica nessuno ne ha paura? Rifiutare quel tipo di finanziamento significa anche non dare la possibilità di contrastare al meglio l’epidemia”. “Dire che abbiamo 9mila posti disponibili in terapia intensiva è falso – conclude poi il segretario nazionale Anaao Assomed – perché considerando gli organici attuali di medici specialisti in rianimazione ed infermieri permettono la piena operativa di al massimo 7500 posti. Quelli attivabili sono solo sulla carta”.
Alessandro Vergallo, presidente del sindacato dei medici anestesisti e rianimatori Aaroi-Emac, in una lettera indirizzata a Speranza scrive che “sarebbe incredibile che ancora una volta la sanità appaia agli ultimi posti, se un sottofinanziamento del Ssn rispetto a tutti gli altri settori non fosse una costante che si ripete da anni e anni”. Vergallo dà atto al ministro di essere immediatamente intervenuto per chiarire la necessità di aumentare i fondi previsti: “Lo abbiamo apprezzato” dice e “saremo al suo fianco nel chiedere di aumentare i fondi per la sanità, ma ancor più vorremmo essere al suo fianco per definire la destinazione delle risorse secondo un principio di appropriatezza che tenga conto di quanto accaduto in questi mesi”. In un momento diverso “di fronte alle enormi criticità che quotidianamente riscontriamo, avremmo da tempo proclamato uno sciopero. Non lo abbiamo fatto solo perché è in corso un’emergenza sanitaria senza precedenti e perché ci aspettiamo risposte politiche concrete all’altezza di tali sacrifici”.