Dopo quasi un mese di stallo, appelli alla responsabilità e discussioni su eventuali “piani B” che avrebbero ulteriormente spaccato l’Europa, Polonia e Ungheria sembrano disposte a superare il veto sul prossimo bilancio dell’Unione a cui è direttamente collegato il Recovery fund da 750 miliardi di cui l’Italia è il principale beneficiario. Anche se non è ancora chiaro se e in quali termini dovrà essere il resto della Ue a cedere. Konrad Szymaski, ministro polacco per i rapporti con l’Unione europea, ha infatti fatto sapere che “la presidenza tedesca ha dato ragione all’esecutivo polacco e ha modificato il contenuto del provvedimento” che riguarda il meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto, contestato dai due Paesi del blocco di Visegrad. Per il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, “si intravede uno spiraglio positivo nel negoziato”. Anche il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, si è detto “fiducioso che possiamo trovare un accordo su un pacchetto comune per permettere la rapida attuazione sia dell’Mff 2021-27 che del Recovery Fund”.

Secondo il Financial Times si lavora a una “norma interpretativa” che consenta alla Ue di non cancellare la clausola e a Viktor Orban e Mateusz Morawiecki di rivendicare (in patria) una vittoria politica, uscendo dall’angolo in cui si sono ritrovati dopo che Bruxelles ha iniziato a lavorare al piano alternativo di un Recovery fund “a 25”. Nonostante Orban abbia sostenuto di non aver bisogno dei fondi del Recovery che “sono solo prestiti”, i due Paesi sono ogni anno tra i maggiori beneficiari dei fondi europei e rinunciare all’intera torta sarebbe un boomerang.

In mattinata il vice premier polacco Jaroslaw Gowin, citato da Bloomberg, aveva parlato di “un accordo tra Varsavia, Budapest e Berlino”, che detiene la presidenza di turno del Consiglio Ue. “Credo che l’intesa possa includere le altre 24 capitali europee” entro venerdì, al termine del Consiglio europeo, aveva anticipato. La svolta è arrivata alla vigilia del cruciale Consiglio europeo chiamato a discutere del coordinamento in materia di Covid 19 ma anche di come procedere dopo il rifiuto di Budapest e Varsavia di legare i finanziamenti europei al rispetto dello stato di diritto. La notizia non è stata commentata alla Germania o dai capi di governo di Ungheria e Polonia. Gowin, che è stato il più grande sostenitore dell’abbandono della minaccia di veto da parte della Polonia, ha rifiutato di entrare nei dettagli, dicendo solo che mantiene “la Polonia sovrana e l’Ue unita”.

Il premier italiano, nel suo intervento in Aula al Senato in vista del Consiglio europeo, ha voluto dare un’anticipazione: “Vi anticipo, doverosamente ma con la massima cautela, che nelle ultimissime ore sembrerebbe che si intraveda uno spiraglio positivo nel negoziato – ha detto – Vi invito alla cautela perché fino alla fine aspettiamo di leggere la proposta di una dichiarazione interpretativa, condivisa dai due Paesi, per quanto riguarda la condizionalità dello Stato di diritto. Non possiamo assolutamente rinunciare a quanto già riconosciuto e affermato sul tema, sarebbe assolutamente incompatibile con gli obiettivi e i principi già affermati”.

Ieri Orban, dopo che il portavoce del gruppo Ppe al Parlamento europeo Manfred Weber aveva aperto alla sua espulsione dal partito, gli ha scritto una lettera sostenendo che è lui a voler allentare i rapporti fra il suo partito Fidesz e il gruppo Partito popolare. La missiva, pubblicata nel giornale Nepszava, parla di “differenze di interessi e problemi di comunicazione” fra gli eurodeputati Fidesz e la presidenza del gruppo, per cui bisogna arrivare in futuro a rapporti meno stretti. Fidesz è sospeso da 2 anni dal Ppe e Orban fa così il primo passo per l’uscita.

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