Il governo ha superato la prova di Camera e Senato sulla riforma del Mes. In entrambi i rami del Parlamento la maggioranza ha retto nonostante i timori della vigilia. Il presidente del Consiglio si è presentato di primo mattino a Montecitorio chiedendo alla maggioranza “coesione” e “un dibattito costruttivo” e ha lasciato il Senato a tarda sera con due voti positivi, ma con il ricatto ormai palesato di Matteo Renzi sul Recovery plan. La crisi sul Mes (ecco su cosa si è votato e perché i fondi del Mes sulla sanità non c’entrano – leggi) è stata a lungo evocata, soprattutto sui giornali, ma al momento della conta in Aula i numeri hanno raccontato un altro scenario: nessun malumore interno, neanche tra i 5 stelle, è così forte da spingere a far cadere l’esecutivo. Almeno non per il momento.
Il primo via libera è arrivato a Montecitorio: 314 sì, 239 i contrari e 9 gli astenuti. Qui sono stati 13 i deputati M5s a votare contro, mentre in 9 non hanno partecipato al voto. Solo una settimana fa 58 eletti 5 stelle (42 deputati e 16 senatori) avevano scritto una lettera per chiedere che fossero rinviate le parti critiche della riforma: la fronda si è quindi senza dubbio ridotta, ma il malcontento rimane consistente. Dissidenti in senso opposto si sono registrati anche nelle fila di Forza Italia: il partito aveva annunciato voto contrario in linea con la coalizione di centrodestra, ma 16 deputati azzurri non hanno votato (anche se in 14, secondo lo staff Fi, sono da considerarsi assenti giustificati). All’annuncio dell’approvazione, i deputati Fdi hanno mostrato magliette con la scritta M5s=Mes e il presidente Roberto Fico ha sospeso la discussione. Poco prima la leader Giorgia Meloni si era proprio rivolta ai grillini: “Non abbiate paura, non credete alle minacce di andare al voto. Questo potrebbe essere il più grande vaffaday della storia”, aveva detto.
Poi è stata la volta del Senato che, malgrado i numeri risicati, ha dato il via libera senza particolari problemi: 156 voti favorevoli, 129 contrari e 4 astensioni. Sul fronte della maggioranza sei erano le assenze giustificate (2 per il Pd ossia D’Arienzo e Giacobbe, 4 per il Movimento 5 stelle ossia Di Nicola, Vanin, Lannutti e Guidolin, e una del gruppo delle Autonomie, Casini). Sul fronte M5s, due sono stati i voti contrari: Mattia Crucioli, senatore spesso in dissenso con la linea della maggioranza (a gennaio scorso firmò il primo documento per la leadership collegiale), e la collega Bianca Laura Granato.
314 favorevoli, 239 contrari. La Camera approva la risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio @GiuseppeConteIT in vista del Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre #OpenCamera pic.twitter.com/e7c42wg1Ag
— Camera dei deputati (@Montecitorio) December 9, 2020
L’intervento di Conte – “Devono essere riconsiderate in modo radicale la struttura e la funzione del Mes, affinché sia trasformato in uno strumento completamente diverso“. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è partito da qui per chiedere appoggio al Parlamento in vista del Consiglio Ue previsto per il 10 e 11 dicembre. Al centro delle sue comunicazioni c’era la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, avviata tre anni fa dagli Stati membri, e non la sua eventuale attivazione. Il premier non ha concesso infatti alcuno spazio a chi, dentro e fuori la maggioranza, avrebbe voluto subito attingere alle risorse del fondo. Anzi, ha anticipato che l’Italia “si farà promotrice di una proposta innovatrice per superare la natura del Mes come accordo intergovernativo, per integrarlo nel quadro dell’intera architettura europea“. L’obiettivo è quello di “raccordarlo alle altre istituzioni dell’Ue, che offrono maggiori garanzie di trasparenza e democraticità“. Poi ha ricordato che sulla ratifica finale del trattato “resta la responsabilità delle Camere” che saranno chiamate a esprimersi più avanti. Un modo per sminare il voto dopo le tensioni all’interno della maggioranza: se infatti il Movimento 5 stelle ha trovato un’intesa al suo interno dopo lunghe mediazioni e discussioni, Italia viva ha annunciato il suo appoggio solo in mattinata, dopo giorni di tensioni legate alla cabina di regia che dovrà gestire i fondi del Recovery.
Non è un caso che Conte si sia rivolto direttamente ai partiti che lo sostengono, sostenendo che il governo ha bisogno della “massima coesione delle forze di maggioranza per continuare a battersi in Ue. Il confronto dialettico è segno di vitalità e ricchezza ma è senz’altro salutare che sia fatto con spirito costruttivo e che non ci distragga dagli obiettivi”. Nel corso del dibattito in Aula, però, sono emerse le prime divisioni, anche se fortemente ridimensionate rispetto ai timori della vigilia. Conte non si è limitato a parlare ai parlamentari che sostengono la sua maggioranza ma durante il suo discorso a Montecitorio si è rivolto anche alle opposizioni: “Spesso in quest’Aula ho rivolto alle forze di opposizione un appello all’unità e al dialogo. E devo riconoscere che in alcuni passaggi questi appelli hanno trovato ascolto. Ribadisco che il tavolo del confronto con le opposizioni rimane sempre aperto“. Poi ha rivendicato i risultati raggiunti dall’Italia proprio sul Mes. “Com’è noto”, la riforma del Meccanismo “contiene il backstop (una sorta di rete di sicurezza per eventuali crisi bancarie, ndr) che è obiettivo cardine per il nostro Paese. Grazie al contributo italiano l’Eurogruppo ha trovato un’intesa per introdurlo con due anni di anticipo“. Il lavoro da fare, però, è ancora molto. E non riguarda soltanto il Mes: “Il modello al quale ispirarsi per costruire a livello europeo gli strumenti di politica economica del futuro è certamente il Next generation Eu”, chiarisce il capo del governo, riferendosi ai fondi stanziati dall’Ue per contrastare la crisi dovuta alla pandemia. “Auspico fortemente, e lo ribadirò in tutte le sedi di confronto con gli altri leader, che possa diventare strutturale“.
L’intesa di luglio che ha portato al Recovery fund, insiste Conte, “fino a pochi mesi fa sembrava a molti irraggiungibile“. E unita al “sostegno senza precedenti fornito dalla Bce attraverso il programma di acquisto di titoli pubblici e privati, sta cambiando la fisionomia dell’Unione europea”. Ma restano da superare “i veti di Ungheria e Polonia” per rendere operativo l’accordo. In realtà proprio oggi, le posizioni si sono allentate. Tanto che, nel secondo intervento al Senato, Conte ha detto: “Vi anticipo, doverosamente ma con la massima cautela, che nelle ultimissime ore sembrerebbe che si intraveda uno spiraglio positivo nel negoziato“. Poi ha continuato: “I cittadini dei 27 Paesi non perdonerebbero un segnale che contraddica” quella che è stata una svolta “irreversibile delle politiche dell’Ue”, chiarisce il premier, ribadendo di sostenere “gli sforzi della presidenza tedesca per una soluzione rapida dello stallo“. È anche in vista di queste sfide che Conte cerca l’appoggio della maggioranza in un momento così delicato del Paese, proprio mentre Italia viva continua a minacciare la caduta del governo sul nodo della governance del Recovery.
Il voto alla Camera: 22 deputati M5s contrari o non votano, 16 di Forza Italia non partecipano – La risoluzione di maggioranza è stata votata per parti separate. Il primo voto ha raccolto appunto 314 sì. Il secondo voto, che riguardava appunto il passaggio sulla riforma del Mes, ha ottenuto 297 voti a favore, 256 contrari e sette gli astenuti. E’ stata invece respinta la risoluzione del centrodestra. I no tra i 5 stelle sono stati espressi da 13 deputati: Fabio Berardini, Pino Cabras, Andrea Colletti, Emanuela Corda, Jessica Costanzo, Carlo Ugo De Girolamo, Francesco Forciniti, Paolo Giuliodori, Mara Lapia, Alvise Maniero, Francesco Sapia, Arianna Spessotto, Andrea Vallascas. Di questi, Colletti e Lapia sono stati già sospesi dal Movimento per aver votato contro il taglio dei parlamentari, ma sono ancora considerati come iscritti al gruppo. Nell’elenco dei deputati che “non hanno partecipato al voto”, sempre tra i 5 stelle, figurano invece Berti, Del Monaco, Emiliozzi, Grillo, Lombardo, Menga, Raduzzi, Romaniello, Volpi, Zanichelli.
In sei hanno preso la parola a Montecitorio per esprimere il loro dissenso, accolti dagli applausi del Carroccio: “Il problema è che autorizzando politicamente il Mes autorizziamo la Bce a ridurre i titoli del debito pubblico nel 2022″, ha detto Colletti, “e allora un governo tecnico sarà obbligato a attivare il Mes. I congiurati, presidente, non sono quelli che prendono posizione ma sono i commensali”. Poi ha parlato Fabio Berardini, deputato eletto in Abruzzo e nei mesi scorsi considerato a rischio sospensione per problemi di rendiconto: “Non è un voto contro Conte, è totalmente falso. Crimi e Di Maio ci spieghino perché vogliono tradire il programma M5s”. Per Forciniti, deputato eletto in Calabria e anche lui tra i firmatari delle lettera contro il Mes: “Questa riforma è un errore”. Mentre Cabras ha dichiarato: “Non si può votare sì ad una risoluzione dicendo che poi si vota no, il Mes va smantellato”. Per Lapia: “Non stiamo sfiduciando il nostro presidente, noi portiamo avanti il nostro programma elettorale”. E Maniero a sua volta ha sottolineato: “Io non indebolirò lei, presidente non voterò mai contro il mio Paese, questa riforma è una spada di Damocle”. Il deputato M5s Raphael Raduzzi, tra i primi firmatari della lettera di dissenso e colui che ha tenuto le lezioni sul Mes sulla piattaforma Rousseau, ha invece scritto un messaggio su Facebook: “È stata una Caporetto“, ha detto. “La risoluzione di oggi, che non ho votato, manda Conte a firmare una terribile riforma del Mes! Una riforma che potenzia il Mes come istituto per gestire le prossime crisi finanziarie (che ci saranno)”.
Chi ha invece lanciato un messaggio distensivo è stato il capo politico M5s Vito Crimi: “Le parole di Giuseppe Conte sono chiare e non lasciano alibi a chi ancora sostiene che dovremmo andare in Europa a porre il veto sulla modifica del trattato sul Mes, richiesta e voluta da tutti gli altri Stati che ne fanno parte”, ha scritto su Facebook. “Ora è il momento di pensare ad investire bene, investire nel futuro dell’Italia”. E ha concluso: “Non temiamo il Mes, perché fino a quando ci sarà il Movimento 5 stelle vigileremo affinché non sia mai attivato per il nostro Paese”.
Sul fronte opposto, sono stati 16 i deputati di Forza Italia che non hanno preso parte al voto (su un totale di 91): di questi Renato Brunetta e Renata Polverini lo avevano annunciato in Aula. I restanti 14, stando a quanto dichiarato dall’ufficio stampa di Forza Italia, sarebbero stati assenti giustificati. Si tratta di: Antonio Angelucci, Valentina Aprea, Michela Vittoria Brambilla, Pasquale Cannatelli, Roberto Caon, Guido Della Frera, Vincenzo Fasano, Marta Fascina, Carlo Fatuzzo, Marzia Ferraioli, Lorena Milanato, Guido Pettarin, Annalisa Tartaglione, Simona Vietina. Solo Brunetta è intervenuto in Aula: “Il no alla riforma non sarà in mio nome”, ha dichiarato. “Oggi – ha concluso, riferendosi all’unanimità registrata nell’ultimo voto sullo scostamento di bilancio – mi addolora che in quest’Aula non ci sia quello stesso spirito nel dare pieno mandato al nostro presidente del Consiglio per il prossimo Eurosummit”.
Il voto in Senato – A Palazzo Madama lo scontro è andato oltre la riforma del Mes. Ottenuto il via libera di Montecitorio e nonostante i timori che al Senato i numeri potessero essere più rischiosi, nell’Aula il vero tema è stato il ricatto di Matteo Renzi al premier Giuseppe Conte. Il leader di Italia Viva infatti, se da una parte ha esordito parlando di “una buona riforma” e annunciando il sostegno nel merito, dall’altra ha spostato l’attenzione sull’altro tema che agita l’esecutivo da alcuni giorni: la spartizione dei fondi del Recovery plan e la task force. “Per giocare pulito e trasparente, noi diciamo: se c’è un provvedimento che tiene dentro la governance del Next Generation Eu, noi votiamo contro”, ha detto. “Siamo pronti a discutere, ma non a usare la manovra come veicolo di quello che abbiamo letto sui giornali, compresi i servizi. Se c’è una norma che mette la governance con i servizi votiamo no”. Un problema di metodo, ma anche di merito. Tanto che Renzi ha detto di essere pronto a ritirare le ministre “se è un problema di poltrone”. Il suo intervento è stato accolto dagli applausi del centrodestra, ma anche da quelli di alcuni esponenti Pd. Subito dopo ha parlato anche Matteo Salvini: “Mes è il Robin Hodd al contrario, toglie soldi a chi ha bisogno per salvare le banche tedesche”. Quanto al Mes sanitario, Salvini ha ribadito il suo “no”: “Stiamo morendo di tagli, basta austerità”. Il leader del Carroccio, proprio al termine della discussione, ha avuto un breve colloquio con il premier Giuseppe Conte.
Se Italia viva ha votato compatta a favore, un aiuto è arrivato anche dal gruppo Fi-Bp-Udc dove in nove non hanno partecipato al voto sulla risoluzione di maggioranza al Senato. I senatori che non hanno votato sono: Paola Binetti, Antonio De Poli, Antonio Saccone, Andrea Cangini, Laura Stabile, Salvatore Sciascia, Sandro Biasotti, Roberto Berardi, Niccolò Ghedini.