Visto di ingresso, un contratto di lavoro e persino di affitto. Tutto fasullo, ma a caro prezzo. È quanto ha portato alla luce l’operazione Carpe diem messa a segno dalla Squadra mobile di Potenza guidata da Donato Marano e nella quale sono state arrestate 16 persone tra il capoluogo lucano, Milano, Firenze, Foggia e La Spezia accusate a vario titolo di aver costruito una fitta rete in grado di procacciare falsi attestati di assunzione e contratti di locazione per garantire a cittadini stranieri il permesso di soggiorno. Le indagini dei poliziotti, coordinati dal procuratore di Potenza Francesco Curcio e dal sostituto Sarah Masecchia, hanno permesso di ricostruire la “filiera” illegale costituita da cittadini italiani e stranieri, imprenditori agricoli, proprietari di appartamenti e agenzie d’affari che in cambio di denaro cooperavano affinché gli stranieri irregolari riuscissero a sistemare la propria posizione sul territorio nazionale.
Da quanto emerso dalle indagini il visto di ingresso per un lavoro stagionale, valido per 9 mesi, poteva costare a ciascun immigrato fino a 5mila euro, prezzo che poteva essere ridotto fino a 1.500 euro in base al numero di richieste o ai rapporti personali. Per gli affitti, invece, gli investigatori hanno accertato che i proprietari degli immobili percepivano una mensilità dai 200 ai 300 euro a cui venivano aggiunte fino a 4 mensilità come caparra, pur sapendo che lo straniero avrebbe alloggiato solo fino al controllo della Polizia Locale per garantirsi l’iscrizione nell’anagrafe dei residenti. I maggiori incassi, però, sono stati quelli registrati dai datori di lavoro, imprenditori italiani che operano in Basilicata, e che per almeno 7 anni, stando all’inchiesta, hanno svolto continuativamente l’attività illecita.
L’indagine della Procura di Potenza, che complessivamente ha iscritto nel registro degli indagati 56 soggetti, è partita a luglio 2018 con una segnalazione del Servizio Centrale Operativo della Polizia. L’attività dei poliziotti lucani ha permesso di individuare Mauro Mancone, ritenuto personaggio cardine del sistema e titolare della società cooperativa Carpe Diem che ha dato il nome all’operazione. Mancone, per l’accusa, era il punto di riferimento per vari intermediari stranieri e italiani. A lui si sono rivolti negli anni chi aveva bisogno documenti fasulli per la regolarizzazione del soggiorno. Per gli inquirenti lucani, anche Domenico Covelli ricopriva un ruolo particolare: attraverso un’agenzia d’affari, formalmente dedita alla consulenza automobilistica e assicurativa, di fatto fungeva da punto di contatto tra datori di lavoro, procacciatori d’affari vicini a Mancone e istituzioni pubbliche. Il modus operandi era ben consolidato: lo straniero che voleva entrare o ottenere un rinnovo del permesso di soggiorno in Italia si rivolgeva ai dei facilitatori che erano operativi a Lavello, in provincia di Potenza, a Firenze e Milano o direttamente ai titolari di alcune aziende agricole del Potentino.
Una volta ottenuto il fittizio contratto di lavoro, poteva ottenere i documenti dagli uffici della Questura o della Prefettura. In realtà a quel contratto di lavoro non seguiva alcuna prestazione né tantomeno il versamento di contributi previdenziali: dopo pochi giorni tutti i contratti di lavoro venivano sistematicamente rescissi. Insomma sulla carta tutto era reale, ma dura solo il tempo necessario per ottenere il permesso di soggiorno. Solo l’analisi effettuata dagli investigatori dello Sco ha permesso di comprendere cosa stesse realmente accadendo e, grazie a intercettazioni e altre attività investigative, di scoprire che gli indagati, sfruttando le l’inefficienza dei sistemi di controllo e l’insufficiente coordinamento fra istituzioni, erano in grado di fornire dei permessi di soggiorno e gestire un volume d’affari di centinaia di migliaia di euro.
Il sistema illecito, infatti, era così efficiente che per anni ha funzionato in modo indisturbato: solo in pochi mesi indagine sono emersi circa 40 casi di favoreggiamento illegale dell’immigrazione. Per gli inquirenti però “può ragionevolmente ritenersi che il numero reale di casi nel corso di anni ed anni di attività illecite sia stato di gran lunga maggiore”. Un meccanismo, peraltro, che aveva avuto talmente successo che anche da regioni del nord e del centro Italia si rivolgevano agli organizzatori del traffico per ottenere le fittizie assunzioni e quindi gli illegali permessi di soggiorno.