Il monitoraggio settimanale della Fondazione: le restrizioni hanno frenato il contagio ma si registra anche "un'ingiustificata" riduzione dei tamponi e il rapporto positivi/casi testati non è calato. Cartabellotta: "Il Paese si presenta come un paziente con 'quadro clinico' ancora molto grave e instabile". L'analisi: "Il numero di persone che attualmente hanno il virus, i mesi invernali e l'impatto dell'influenza: con gli ospedali saturi conseguenze disastrose"
Le misure introdotte dal governo a partire da novembre hanno frenato il contagio. La crescita dei nuovi casi continua a rallentare, ma la frenata è sovrastimata per una “netta e ingiustificata” riduzione del numero dei tamponi effettuati. In questo contesto, con ancora oltre 737mila persone attualmente positive al virus, l’impatto dell’influenza nei mesi invernali e l’imminente passaggio dell’Italia intera in zona gialla, si sta prefigurando ” la tempesta perfetta che rischia di innescare la terza ondata“. È l’analisi e il monito che arriva dal monitoraggio settimanale sull’andamento del contagio da coronavirus realizzato dalla Fondazione Gimbe. La settimana 2-8 dicembre ha confermato la flessione dei nuovi casi rispetto alla precedente, ma se si guarda al bacino delle persone che ancora hanno il virus e al numero di posti letto occupati negli ospedali (in terapia intensiva e non), “il Paese si presenta come un paziente con ‘quadro clinico’ ancora molto grave e instabile che, superata la fase acuta (picco di contagi e di pazienti ospedalizzati), inizia a mostrare i primi segni di miglioramento grazie alle terapie somministrate”. Parola del presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta. Per questo Gimbe avverte: “Fino a metà gennaio non sapremo se l’impatto dell’influenza sarà, come auspicato, più contenuto rispetto alle stagioni precedenti. In tal senso, arrivare a quel momento con gli ospedali saturi potrebbe avere conseguenze disastrose per la salute e la vita delle persone”.
Il monitoraggio indipendente di Gimbe conferma nella settimana 2-8 dicembre, rispetto alla precedente, una flessione dei nuovi casi (136.493 vs 165.879), a fronte di una riduzione di oltre121 mila casi testati (551.068 vs 672.794) e di una sostanziale stabilità del rapporto positivi/casi testati (24,8% vs 24,7%). “Si confermano evidenti segnali di rallentamento del contagio quali la riduzione dell’incremento percentuale dei casi totali (8,4% vs 11,4% a livello nazionale) e del numero dei nuovi casi settimanali, ma l’effetto non è dovuto solo alle misure introdotte”, spiega Cartabellotta. Rimane infatti stabile il rapporto positivi/casi testati e, soprattutto, si registra “un’ingiustificata” riduzione di oltre 121mila casi testati (-18,1%). Da questi numeri, commenta ancora il presidente della Fondazione, “emergono tre ragionevoli certezze: innanzitutto che le misure introdotte hanno frenato il contagio, in secondo luogo che l’effetto delle misure sull’incremento dei nuovi casi è sovrastimato da una consistente riduzione dell’attività di testing. Infine che, a invarianza di misure restrittive, la discesa della curva sarà molto lenta, certo non paragonabile a quella della prima ondata”.
A calare già molto lentamente sono i casi attualmente positivi: -5,4% in una settimana (737.525 vs 779.945). “La riduzione del bacino degli attualmente positivi – continua Cartabellotta – è lenta, modesta, oltre che sovrastimata dalla notevole riduzione di tamponi e casi testati delle ultime settimane”. Infatti, dal record di 124.575 casi testati in media al giorno della settimana 4-11 novembre, in quella 2-8 dicembre si è registrato un decremento del 36,8%. I tamponi totali sono passati da una media di 214.187 al giorno della settimana 12-18 novembre ai 179.845 della settimana 2-8 dicembre, con un calo giornaliero medio di 27.907 tamponi (-13,4%). Sul fronte degli ospedali, diminuiscono sia i ricoveri con sintomi (30.081 vs 32.811) che le terapie intensive (3.345 vs 3.663). In lieve riduzione anche i morti (4.879 vs 5.055). Se le restrizioni hanno allentato anche la pressione su ricoveri e terapie intensive, che hanno superato il picco e iniziato una lenta fase discendente, la soglia di occupazione per pazienti Covid continua a rimanere oltre il 40% nei reparti di area medica e del 30% nelle terapie intensive in 15 Regioni.
Per non sperperare i sacrifici fatti e i risultati ottenuti, serve “una rigorosa e prolungata ‘compliance’ a tutte le misure individuali, al distanziamento sociale e alle restrizioni imposte da governo e Regioni”, spiega Cartabellotta. Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione, avverte: “Siamo in una fase estremamente delicata dell’epidemia per almeno tre ragioni: innanzitutto con oltre 700mila attualmente positivi è impossibile riprendere il tracciamento dei contatti. In secondo luogo, ci attendono lunghi mesi invernali che favoriscono la diffusione di tutti i virus respiratori. Infine, sino a metà gennaio non sapremo se l’impatto dell’influenza sarà, come auspicato, più contenuto rispetto alle stagioni precedenti. In tal senso, arrivare a quel momento con gli ospedali saturi potrebbe avere conseguenze disastrose per la salute e la vita delle persone”.
Ecco “la tempesta perfetta che rischia di innescare la terza ondata”, come la definisce Cartabellotta che introduce anche altri due elementi: “Alla vigilia delle festività natalizie, tutte le Regioni si avviano a diventare gialle, un colore che non deve essere letto come un via libera, ma impone il rispetto di regole severe per impedire assembramenti e ridurre al minimo i contatti sociali tra persone non conviventi. Infine, l’auspicato e (speriamo) imminente arrivo del vaccino non deve costituire un alibi per abbassare la guardia: nella più ottimistica delle previsioni, infatti, un’adeguata protezione a livello di popolazione potrà essere raggiunta solo nell’autunno 2021 con una massiccia adesione delle persone alla campagna di vaccinazione”.