Il Maggiore Generale Tarek Ali Saber, il più alto in grado tra gli ufficiali del Cairo finiti nell'inchiesta per il sequestro del ricercatore di Fiumicello, opera ancora sotto la protezione del regime. Numerosi testimoni sentiti da Ilfattoquotidiano.it, tra politici e membri di ong impegnate nella salvaguardia dei diritti umani, confermano di averci avuto a che fare nelle scorse settimane: "Non è il tipo di 007 che esce allo scoperto. Adesso capite come mai lo Stato egiziano non ha mai assecondato le richieste degli inquirenti italiani sul caso Regeni?"
In molti lo avevano dato per pensionato o messo a riposo dopo anni di carriera al servizio del regime egiziano. Lo si immaginava in vestaglia e pantofole a seguito del presunto retirement, avvenuto nel 2017, l’anno successivo all’omicidio di Giulio Regeni. Se non fosse stato per l’ostinata caparbietà degli inquirenti italiani che lo hanno inserito nel registro degli indagati per quella efferata pagina criminale, di lui forse non si sarebbe più parlato. In realtà il distintivo della Nsa, l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale, il Maggiore Generale Tarek Ali Saber non l’ha mai appeso al chiodo, continuando a svolgere il suo lavoro di cane da guardia per la salvaguardia della sicurezza del Paese.
Lui, considerato l’elemento di maggior spicco del gruppo di ufficiali finiti nelle indagini sul rapimento, delle torture e dell’omicidio di Regeni e regista della ridda di depistaggi messi in scena nei mesi successivi al ritrovamento del cadavere del ricercatore di Fiumicello lungo l’autostrada il Cairo-Alessandria d’Egitto, il 3 febbraio 2016. Nessuna punizione per quella serie di azioni da parte dei vertici del Ministero dell’Interno e tantomeno del governo e del Presidente Abdel Fattah al-Sisi, anzi la conferma del ruolo come una sorta di premio e di scelta protettiva nei suoi confronti.
In effetti, il suo ufficio a Nasr City il generale Saber non l’ha mai lasciato e adesso emerge il suo coinvolgimento centrale e totale nella fase di repressione messa in atto dal 20 settembre del 2019. Le proteste di piazza di quel giorno, fomentate dagli annunci social da Mohamed Ali, un ex attore e imprenditore vicino ad al-Sisi poi scappato in Spagna, hanno prodotto una reazione repressiva violenta come mai negli ultimi anni. Un’offensiva volta a stroncare sul nascere qualsiasi voce di dissenso, in particolare nella galassia delle organizzazioni che si occupano di diritti umani, con un occhio attento ai movimenti politici di opposizione e anche alle tifoserie di calcio.
Ebbene, dietro a questa silenziosa strategia del terrore c’era e c’è la regia del capo dei servizi egiziani: “Saber in pensione? Non è vero, lui è sempre rimasto al suo posto e conserva ancora il rango più alto della gerarchia militare del nostro Paese. Nulla è cambiato. Alla vigilia delle elezioni Presidenziali del 2018 il suo interesse nei nostri confronti è stato molto elevato e adesso, proprio in questi giorni, è capillare. È il generale Saber ad occuparsi delle elezioni parlamentari le cui urne si sono chiuse proprio martedì scorso. Con il suo ruolo di supervisor della campagna elettorale per questa tornata ha mantenuto i contatti con tutti i partiti schierati al via e intessuto rapporti con i singoli candidati per tutte le questioni legate alla sicurezza”. Le testimonianze sull’attuale operatività di Tarek Ali Saber non mancano e ilfattoquotidiano.it ne ha raccolte diverse. La prima è quella del candidato di uno dei partiti politici considerati scomodi per il regime, subito messo a tacere, ma ce ne sono altre che avvicinano l’intera vicenda al presente e soprattutto ad affari italiani.
Dalla presunta regia dietro l’affare Giulio Regeni all’offensiva nei confronti dell’organizzazione con cui Patrick Zaki ha collaborato per anni. L’orecchio lungo dei servizi segreti è infatti riuscito ad entrare anche nelle stanze della Eipr, l’Iniziativa egiziana per i diritti personali: “Il protocollo Eipr l’ha coordinato lui e sempre lui di fatto ha favorito l’arresto e la detenzione, anche se per appena due settimane, dei tre dirigenti dell’organizzazione, Gasser Abdel Razek, Karim Ennarah e Mohamed Bashir, oltre al congelamento dei loro conti bancari”.
Mettere la faccia su dichiarazioni del genere può essere pericoloso, soprattutto in questo preciso momento storico e il funzionario dell’ong del Cairo contattato da ilfattoquotidiano.it, come tutti gli altri ascoltati, preferisce parlare in anonimato: “I vertici dell’Eipr hanno avuto contatti diretti con Tarek Saber in queste settimane, si sono dovuti necessariamente interfacciare con lui per quanto accaduto. È chiaro che si deve a lui la raccolta di informazioni legate all’incontro presso la sede di Eipr con i vertici diplomatici di molti Paesi europei e non solo. Nei giorni scorsi, attraverso un suo funzionario sottoposto, ha fatto recapitare alla sede Eipr di Garden City la richiesta di una convocazione presso la sede del Ministero degli Interni. Quel giorno ai responsabili della ong è stata comunicata la necessità di registrare ufficialmente Eipr in un elenco di organizzazioni del Paese con tutti i riferimenti del caso e dall’altra parte del tavolo quel giorno c’era proprio il generale Saber. La strategia è sempre la stessa, tenere sotto controllo le voci del dissenso”.
Ufficialmente il responsabile dei servizi segreti egiziani è svanito nel nulla, ma in questi anni non si è mai parlato del suo eventuale successore. Ulteriore conferma sulla sua permanenza in ruolo. Dopo aver raccolto la testimonianza legata al totale coinvolgimento di Tarek Saber negli affari della sicurezza egiziana, ilfattoquotidiano.it ha approfondito la questione e tra le tante fonti raccolte nessuno ha mostrato dubbi o sorpresa: “Mi è capitato di leggere spesso, in questi ultimi anni, specie sui giornali italiani, articoli dedicati al generale Saber – aggiunge l’addetto legale di una organizzazione che si batte per i diritti della persona in Egitto – Si parlava del suo pensionamento, ma in realtà è tuttora al comando delle operazioni con la qualifica di Deputy Assistant Interior Minister of the National Security Agency. Lui è in costante contatto con tutte le organizzazioni, le monitora da vicino, ci fa sentire il suo fiato sul collo. Insomma, è ancora in pieno possesso dei suoi poteri e, mi creda, sono molto ampi”.
Ilfattoquotidiano.it è entrato in possesso del numero di cellulare dell’alto ufficiale dei servizi segreti egiziani e ha provato a parlare con lui per porgli alcune domande, senza ricevere alcuna risposta. Trattandosi di un pezzo grosso dell’intelligence le tracce ufficiali – immagini, registrazioni, documenti e firme – della sua piena operatività sono scarse e la diffusione considerata un pericolo. Come accennato prima, in linea teorica Tarek Saber risulterebbe in pensione e ormai lontano dagli affari interni e dalla linea programmatica voluta da Abdel Fattah al-Sisi. A confermarci il suo ruolo di primo piano giocato dietro le quinte però è un’altra fonte che ilfattoquotidiano.it ha contatto, vicina alle indagini sulla morte di Giulio Regeni: “Tarek Saber non è il tipo di 007 che esce allo scoperto, produce documenti o comunicati stampa e partecipa ad eventi ufficiali o mondani. Conosco personalmente dei soggetti, e ho avuto modo di parlare con loro proprio di questo argomento, funzionari che hanno incontrato il generale Saber recentemente e per recente intendo alla fine di novembre, non tre anni fa. Adesso capite come mai lo Stato egiziano non ha mai assecondato le richieste degli inquirenti italiani sul caso Regeni? È difficile che pezzi dei servizi di primo piano possano essere ‘traditi’ dalla leadership politica. È proprio grazie a personaggi come Tarek Saber e altri che il potere continua a perpetuarsi”.