Giuseppe Conte vuole il confronto con le forze di maggioranza, “singolarmente” e “collettivamente” per capire “che fondamento hanno le critiche” e “che istanze rappresentano”. Di fronte alle fibrillazioni dei partiti, il presidente del Consiglio ha scelto di rilanciare la strada del dialogo. O meglio quella della verifica di maggioranza: il premier convocherà i leader e cercherà un punto di incontro per ripartire. Al termine di un consiglio europeo che ha definito “storico” per i risultati sul fronte del Recovery fund, Conte non ha replicato all’ennesima minaccia di crisi arrivata da Matteo Renzi (e questa volta delle colonne di El Pais), ma piuttosto ha chiesto uno sforzo collegiale: “Sono abituato a lavorare, ma non sono spocchioso o arrogante”, ha detto. “Ci sono istanze critiche, ci confronteremo, è doveroso confrontarci”, con “Italia Viva e con gli altri“, perché “per andare avanti abbiamo bisogno di determinazione e fiducia reciproca, le sfide sono troppo complesse per affrontarle in modo diverso”. Sono ore cruciali, sia sul fronte europeo che su quello italiano, e mentre le decisioni sul Recovery plan si fanno sempre più imminenti, per il premier diventa fondamentale ricomporre il quadro dell’esecutivo. E, in questo senso, le parole pronunciate poco prima da Sergio Mattarella, suonano molto più di un avvertimento: “Contro il virus servono serietà e unità. Non disperdere le opportunità dei fondi Ue”, ha detto. Il capo dello Stato chiede coesione alle forze politiche dall’inizio della pandemia e, mai come ora, l’esecutivo è chiamato a mostrare responsabilità.
Ora però che la discussione sui fondi europei entra nel vivo, bisogna mettere in pratica le intenzioni. Conte viene contestato da Italia viva, ma anche da alcuni esponenti del Partito democratico, di non aver condiviso a sufficienza il Recovery plan: sia sul fronte della spartizione dei fondi che su quello della creazione di una cabina di regia. Eppure, come scrive il Fatto quotidiano oggi, ci sarebbero state ben 16 riunioni di confronto e resta difficile capire come mai, solo ora, siano esplose le polemiche. In particolare, per quanto riguarda la tanto contestata task force di sei manager, Conte ha detto di essere aperto a nuove proposte. Ma difficile che si possa fare senza una governance strutturata: “Ben vengano tutte le proposte per migliorare la capacità amministrativa dello Stato” sul Recovery Plan, ha detto. “Quello che va chiarito è che questa struttura non vuole, e direi non può, esautorare i soggetti attuatori dei singoli progetti, che saranno amministrazioni centrali e periferiche. Noi però abbiamo bisogno di una cabina di monitoraggio, altrimenti perderemmo soldi”. Al momento però, dal fronte renziano non sembra esserci possibilità di mediazione. Almeno così dicono i fedelissimi dell’ex premier: “Sono stupito”, ha detto il presidente di Italia viva Ettore Rosato, “che ancora il premier Conte non abbia capito quali sono le nostre motivazioni, ha provato a portare in consiglio dei ministri da ratificare un riparto di 200 miliardi di cui nessun ministro sapeva niente con norme che commissariavano gli stessi ministri. Ci sembrava di esser stati sufficientemente chiari”.
In generale Conte, parlando davanti ai giornalisti, ha detto di essere molto soddisfatto dell’ultimo consiglio Ue e del veto superato di Polonia e Ungheria. “E’ un altro passo avanti per rendere concreto il programma di risorse” del Recovery Fund. “Abbiamo raggiunto questo risultato senza rinunciare a nessuno dei nostri principi, abbiamo ribadito il principio dello stato di diritto”. Sulle ratifiche nazionali del Recovery Fund “il clima è molto buono, anche da Paesi che sono stati più diffidenti. Non c’è stato nessun segnale di nervosismo, non ci aspettiamo un cammino irto”. E per quanto riguarda i tempi ha detto: “Ragionevolmente sarà difficile che potremo partire prima di febbraio”. Si parla quindi di un intervallo di tempo di due mesi, nel corso dei quali il governo si trova a dover prendere decisioni fondamentali per il Paese. “Io ho la piena responsabilità e consapevolezza di questo incarico”, ha detto ancora Conte, “e sono pienamente edotto del fatto che andrò avanti con la fiducia di ogni forza di maggioranza e di tutte le forze complessivamente”. Per questo il confronto tra le forze politiche è diventato una tappa imprescindibile: “Il Paese merita risposte”, ha detto.
L’incognita di crisi di governo è stata sollevata apertamente da Matteo Renzi, ma gli altri partiti smentiscono che ci siano le condizioni per arrivare al punto di non ritorno. Fonti vicine al Quirinale, nei giorni scorsi, hanno però fatto sapere che dalle parti del Colle non accetterebbero, in caso saltasse il governo Conte 2, lo stallo in attesa di nuove maggioranze e quindi ci si avvicinerebbe alle urne anticipate. In contrapposizione con questa ricostruzione, Renzi rilascia interviste dicendo che “scommette che un’altra maggioranza in Aula si trova”. Conte, alla domanda se il Paese rischia di tornare al voto, ha replicato ricordando gli eventi in programma nel 2021, come il G20, la Cop 26, il Global health summit, eventi che “non si possono affrontare se non c’è da parte di tutti piena convinzione, determinazione, convergenza verso l’obiettivo che non può che essere il bene dell’Italia”. Intanto, sullo sfondo ma neanche tanto, continuano i toni distensivi tra il presidente del Consiglio e il leader del Carroccio. Proprio mercoledì in Senato c’è stato un breve colloquio tra i due. E oggi Conte, durante la conferenza stampa, ha detto: “Ieri il senatore Salvini mi ha inviato un messaggio, mi ha chiesto disponibilità al confronto, io gli ho detto come già in altre occasione che il tavolo di confronto del governo con l’opposizione resta sempre aperto. Ci confronteremo con la Lega e con le altre forze di opposizione”. Secondo quanto si apprende da fonti della Lega, Salvini e Conte si vedranno nei prossimi giorni e, dopo la richiesta del leader leghista.
Infine, il premier ha parlato di un altro dei tempi più importanti delle ultime ore e sul quale si sono scontrate le forze di maggioranza: le deroghe al dpcm che regolerà le feste di Natale e Capodanno. “I limiti agli spostamenti nelle festività possono creare un problema oggettivo, è chiaro che chi vive in una grande città e ha i congiunti prossimi ha la possibilità di muoversi. Chi è in paesini più piccoli, può avere qualche difficoltà”, ha detto. “Se il Parlamento, assumendosene tutta la responsabilità, vuole introdurre eccezioni sui Comuni più piccoli, in un raggio chilometrico contenuto, torneremo su questo punto. Il Parlamento è sovrano. Ma grande cautela in qualsiasi eccezione”. E ha concluso: “Noi non siamo contenti di introdurre queste misure, non vogliamo opprimere gli italiani, ma dobbiamo mantenere queste restrizioni, lo abbiamo fatto pensando che nella situazione in cui siamo e nella prospettiva che possa arrivare terza ondata, e dunque non possiamo consentire occasioni di convivialità”. Quindi, ha detto, “sulle possibili deroghe in Parlamento c’è grande sensibilità”.
Nel corso della conferenza stampa, il premier ha parlato anche degli altri temi affrontati dal consiglio europeo. E tra questi c’è stato il vaccino: “Ci siamo detti che, se ci riusciremo, e l’idea ha trovato parere favorevole della Commissione, cercheremo di organizzare un ‘vaccino day’, un giorno in cui tutti potranno dare il segnale simbolicamente, e operativamente, che l’Europa è unita e parte insieme” con le vaccinazioni contro la Covid-19.