La Germania si scopre fragile. E se durante la prima ondata era stata il Paese che meglio aveva gestito il coronavirus, in questo autunno la strategia tedesca sembra non aver funzionato. Lo dico i numeri: a 40 giorni di distanza dall’introduzione del lockdown light – le restrizioni a livello nazionale che avrebbero dovuto contenere i contagi – la Germania fa segnare oggi sia il nuovo picco di positivi giornalieri, quasi 30mila (29.875), sia il record di morti: 598. Gli appelli della cancelliera Angela Merkel, che fin da inizio ottobre ha reso pubblici i suoi timori di una crescita incontrollata dei contagi, sono rimasti a lungo inascoltati. Forse anche per questo mercoledì davanti al Bundestag ha fatto un discorso intenso, definito “il più emotivo” della sua lunga carriera politica, quasi implorando i membri del governo e i presidenti dei Länder a trovare subito un’intesa per una rigida chiusura a Natale. Due giorni dopo, di fronte all’evidenza dei dati, il ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer chiede chiaramente l’introduzione di un “lockdown duro” che scatti subito, senza nemmeno aspettare le festività. Poco dopo, è arrivato perfino il monito del presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier: “Se ogni giorno si contagiano decine di migliaia di persone, come è al momento, e in centinaia muoiono, questo significa che i nostri sforzi nella lotta alla pandemia non sono sufficienti e c’è urgente bisogno di rafforzarli“. Questo vale sia per le decisioni politiche, sia per il comportamento individuale, ha proseguito il capo dello Stato tedesco: “Ciascuno si deve chiedere come può fare a evitare la diffusione del virus”.
Intanto anche i Länder si stanno muovendo. Il Baden-Wuerttemberg, la regione di Stoccarda, andrà in lockdown subito dopo Natale e almeno fino al 10 gennaio. Il primo ministro Winfried Kretschmann ha comunque chiarito che la decisione è stata presa in attesa che si arrivi a un accordo federale sulle misure anti-Covid. Il governo e i Länder si riuniranno domenica per decidere le nuove restrizioni. Il sindaco di Berlino, Michael Müller, ha rivelato alla Zdf che l’ipotesi sul tavolo è un lockdown duro a partire dal 20 dicembre e fino al 10 gennaio. Dal governo però si ragiona su una chiusura immediata: “L’unica possibilità per riprendere il controllo della situazione è un lockdown, che deve avvenire immediatamente“, ha detto Seehofer a Der Spiegel. “Se aspettiamo fino a Natale – ha aggiunto – dovremo lottare con i numeri elevati per mesi“. Il ministro Csu (i cristiano-sociali bavaresi) è in linea con le opinione espresse da Markus Söder, il primo ministro della Baviera, dove già il 6 dicembre è stato decretato lo stato di calamità imponendo misure ancora più severe. Ora però anche altri Länder chiedono il lockdown puro. Dopo il Baden-Wuerttemberg, anche lo Schleswig-Holstein ha rafforzato le sue restrizioni, disponendo la possibilità di incontrarsi tra un massimo di cinque persone di due famiglie diverse.
Il lockdown duro – Il governo pensa a tre settimane di chiusura totale dei negozi, come fu in primavera anche in Italia, quindi con la sola eccezioni degli alimentari e dei beni di prima necessità. Inoltre, l’idea è quella di allungare le vacanze scolastiche, anticipando lo stop alle lezioni al 16 dicembre e posticipando il rientro in classe sempre al 10 gennaio. L’altro pilastro della nuova strategia dovrebbero essere regole uniformi in tutti i Länder per la riduzione dei contatti: incontri limitati ai soli familiari e divieto di spostamenti. Sono in pratica le raccomandazioni arrivata dagli scienziati dell’Accademia Leopoldina, citati dalla cancelliera Merkel nel suo ultimo discorso. Con la differenza però che fino a due giorni fa si ragionava di limitazioni post-natalizie, ora invece aumenta la pressione per un vero lockdown subito, prima che sia troppo tardi.
Cosa non ha funzionato – Il primo appello chiaro e netto di Merkel risale probabilmente al 9 ottobre, se non prima: “Restrizioni dove i contagi sono più alti o il virus sarà fuori controllo“, diceva la cancelliera. Due esigenze: misure locali e difesa del tracciamento. Entrambe disattese. Già il 17 ottobre ilfattoquotidiano.it raccontava che il modello tedesco del contact-tracing, fiore all’occhiello della strategia della Germania nella lotta al coronavirus, era in affanno. Lo ammetteva lo stesso ministro della Salute, Jens Spahn: “Le autorità locali non possono più tracciare come dovrebbero”. Il governo e i Länder ad aprile avevano fissato l’obiettivo di aver un team da 5 persone ogni 20mila abitanti solo per il tracciamento: una quota mai raggiunta. Così i Gesundheitsämter, le oltre 400 autorità sanitarie locali che in primavera erano state la barriera anti-Covid, in autunno hanno alzato bandiera bianca una dopo l’altra. Già ottobre dalla capitale Berlino e da altre località arrivano i primi avvertimenti: raggiunto il “collo di bottiglia“.
Se in primavera il tracciamento aveva permesso alla Germania di contenere meglio il contagio pur avendo le stesse restrizioni degli altri Paesi europei (e in alcuni casi anche più blande), durante la seconda ondata – con il contact tracing saltato – sarebbero servite misure dure. Quando il 2 novembre Merkel annunciava il lockdown light, ammetteva anche che il Paese non riusciva più a tracciare il 75% delle infezioni. Pe questo, trovò un accordo con i Länder per restrizioni a livello nazionale. Le misure anti-contatto e la chiusura dei ristoranti però non sono bastate. Dopo un rallentamento della crescita dei casi giornalieri, da inizio dicembre i nuovi contagi hanno cominciato a risalire giorno dopo giorno. Il numero dei morti ha raggiunto livelli sconosciuti per la Germania e che Merkel ha definito “un prezzo inaccettabile“. L’incidenza è di 156,3 casi ogni 100mila abitanti in 7 giorni (l’obiettivo fissato del governo è 50), l’indice di contagio Rt nell’ultima settimana è tornato sopra la soglia di 1. Di fronte a questo trend, serve “un freno d’emergenza“, come lo definisce oggi la Sueddeutsche Zeitung sul proprio sito.
Il lockdon duro non serve a far appiattire la curva dei casi. Gli ospedale tedeschi rischiano per per la prima volta di arrivare al collasso. La mappa interattiva del Berliner Morgenpost riporta che attualmente in Germania ci sono 4.432 pazienti Covid ricoverati in terapia intensiva (in Italia sono 3.291). Altri 18mila posti sono occupati da pazienti normali e ci sono ancora altri 4.645 posti liberi. La stessa testata riporta che ci sarebbe anche una riserva di 11.478 posti letto attivabili. Esiste però un problema di carenza di medici e infermieri preparati alla rianimazione, secondo quanto ha raccontato recentemente la Zdf, la seconda rete pubblica. Inoltre, sempre la mappa del Berliner Morgenpost denuncia che 276 cliniche tedesche hanno denunciato di avere le terapie intensive completamente occupate, mentre altre 567 dichiarano di aver i primi segnali di un collo di bottiglia. Anche così si spiega la voce di rotta di Angela Merkel al Bundestag e quel “subito” pronunciato dal ministro Seehofer per arrivare al lockdown duro.