Politica

Orlando (Pd): “Questo Paese non ha bisogno di un Papeete di Natale. Ma se si torna al voto si userà la legge elettorale che c’è”

Il vice segretario del Pd replica a Matteo Renzi che continua a minacciare di far cadere il governo: se dovesse succedere si ritornerebbe alle urne con l'attuale legge elettorale che taglia fuori dal Parlamento tutti i partiti sotto il 3% fuori dalle coalizioni: "In questo momento una crisi di governo ci porterebbe in una situazione drammatica"

Se cade il governo si va al voto con la legge elettorale vigente. Tra le altre cose vuol dire che i partiti sotto al 3%, rimasti fuori dalle coalizioni, non rientreranno in Parlamento. La più sostanziale delle contro minacce a Matteo Renzi arriva da quello che fu suo guardasigilli, poi sfidante sconfitto alle primarie e oggi numero due di Nicola Zingaretti ai vertici del Pd. “Mi auguro che la vicenda di queste ultime ore non produca un Papeete natalizio, credo che questo Paese non ne abbia bisogno”, dice Andrea Orlando, riferendosi al noto locale di Milano Marittima dal quale Matteo Salvini chiese i “pieni poteri” nell’agosto del 2019, provocando la caduta del primo governo di Giuseppe Conte. “Ma se dovesse essere così, dovremo utilizzare la legge elettorale che c’è”, avverte il vicesegretario dei dem.

Un messaggio che ha un unico destinatario: il leader d’Italia viva, piccola forza politica sempre indicata dai sondaggi qualche decimale sotto o sopra (dipende dal momento) all’attuale soglia di sbarramento. Dopo aver ricattato il suo stesso governo in Senato e, da giorni, con interviste sui quotidiani italiani, oggi Renzi ha deciso di minacciare la crisi di governo anche sul giornale spagnolo El Pais. “Se Conte non fa marcia indietro siamo pronti a far cadere il governo“, ha dichiarato. L’ennesima minaccia proprio nelle ore in cui le forze di maggioranza sembravano essere avviate verso un confronto.”Quando si schiaccia l’acceleratore, si sa quando si inizia ma non quando si finisce: in questo momento una crisi di governo ci porterebbe in una situazione drammatica, perché non vedo possibile uno scenario politico diverso da questo, quindi l’Italia si troverebbe chiamata alle urne mentre arrivano i soldi del Recovery”, ha ripetuto Orlando in serata, ospite di Lilli Gruber a Otto e Mezzo.

Per questo Orlando spera in una mediazione: “Se invece si ritrova una dinamica di collaborazione, anche correggendo gli errori fatti – ha detto- penso che la questione delle istituzioni diventi ancora più importante”. Che intende dire? – “Penso che se superiamo questo incrocio, non solo dovremo chiedere ai nostri partner un atteggiamento diverso rispetto alla melina di queste settimane, ma dovremo anche mettere, come elemento del nuovo patto per la prosecuzione, un’effettiva modernizzazione del sistema istituzionale del nostro Paese”, dice l’ex ministro della giustizia. Vuol dire quel patto di legislatura di cui si era tornato a parlare nelle ultime settimane. “Non solo il patto che era stato assunto – ha continuato – ma con un obiettivo che è tutt’uno con la capacità di dimostrare che I’Italia è cambiata e vuole svolgere un ruolo centrale a livello europeo”.

Il Recovery Plan e le minacce di Renzi sulla gestione dei miliardi di euro in arrivo dell’Europa, però, rischiano di far naufragare tutto. “Non abbiamo mai messo blocchi che impedissero di trovare una sintesi. Anche questi che discutono in queste ore di immobilismo, sono in qualche modo compartecipi di questo stallo”, sostiene Orlando, che si rammarica perché “in queste ore abbiamo bruciato un credito accumulato nell’arco di mesi a livello di comunità internazionale e a livello europeo”. Il riferimento è evidente: “Con l’Italia così esposta nello scenario internazionale, trovo le dichiarazioni di Renzi assolutamente sbagliate e noi oggi abbiamo detto che non pensiamo che servano scuse nei confronti di nessuno”. Secondo l’ex ministro, in ogni caso, “un possibile recupero passa soltanto attraverso un segnale che dice che l’Italia, non solo è in grado di gestire il Recovery ma che si pone il problema di una modernizzazione del proprio assetto e di un salto di qualità della tenuta istituzionale. Non mi interessa il ragionamento del ‘ce lo chiede l’Europa’, perché l’Europa stavolta investe sull’Italia. E cosa fa I’Italia per rendere credibile l’investimento dell’Europa?”.

Il numero due dei dem, in ogni caso, invia qualche messaggio anche al presidente del consiglio: “Noi abbiamo chiesto a Conte una verifica del programma, abbiamo portato le nostre proposte (che sono tutte pubblicate sul sito del Pd) e stiamo facendo iniziative per spiegarle. Non siamo stati noi a mettere, nel pieno di quel percorso, un incontro tra Conte e Renzi sull’ipotesi del rimpasto. Ma noi abbiamo la pretesa di avere un punto di vista dentro una coalizione tra forze diverse, ma abbiamo sempre cercato di farlo valere attraverso la mediazione. Come è saltato lo spirito di mediazione, siamo di nuovo fermi”. Sull’oggetto del contendere, cioè una task force per la gestione dei fondi del Recovery, l’ex guardasigilli dice che “serve a monitorare che la spesa effettivamente si realizzi, visto che siamo un Paese che ha molte difficoltà a spendere i soldi dell’Europa. Quello su cui ha sbagliato Conte, secondo me, è quello di non aver detto che questa task force si colloca perfettamente nell’assetto istituzionale“. E a questo proposito arriva a dare un consiglio all’inquilino di Palazzo Chigi: “La fase precedente è stata gestita da Conte soprattutto facendo ricorso alla comunicazione, adesso serve invece un metodo che coinvolga le parti sociali. Io non vedo l’uomo solo al comando, ma Conte deve pensare a risorse aggiuntive che lo aiutino a tenere insieme le parti in una fase così difficile, figure alla Gianni Letta, per intenderci”.

Nel frattempo fonti della Lega insistono rilancianto “l’apertura” di Matteo Salvini a un governo di transizione. “Non si può votare all’inizio del 2021, causa piano di vaccinazioni e pandemia, quindi per accompagnare il Paese a elezioni sarebbe inevitabile un altro governo. La Lega è disponibile a impegnarsi, a patto che siano garantite le urne il prima possibile”. L’ipotesi di un esecutivo di transizione, però, non converrebbe a Fratelli d’Italia, da mesi in salita nei sondaggi. E infatti Giorgia Meloni dice di essere indisponibile “a far parte o appoggiare governi con Pd e/o 5stelle. Il problema di questa legislatura è che risulta impossibile formare una maggioranza senza che ci sia anche uno di questi due partiti di sinistra. Se poi si vuole sostituire Conte non saremo certamente noi a difenderlo opponendoci, ma non faremo mai parte di nessun governo con chi oggi lo sostiene”.