Il leader di Italia viva insiste e al quotidiano spagnolo dice: "Se Conte vuole pieni poteri come Salvini, io dico no". Ma soprattutto si dice convinto che in caso di crisi "un'altra maggioranza si trova". Una dichiarazione diffusa proprio mentre Conte è a Bruxelles a discutere, tra le altre cose, di Recovery fund. Zingaretti cerca la mediazione: "Nessuno deve chiedere marcia indietro di nessuno". E Salvini intanto: "Noi ci siamo per un esecutivo serio"
Dopo aver ricattato il suo stesso governo in Senato e, da giorni, con interviste sui quotidiani italiani, oggi Matteo Renzi ha deciso di minacciare la crisi di governo anche sul giornale spagnolo El Pais. “Se Conte non fa marcia indietro siamo pronti a far cadere il governo“, ha dichiarato. Non che le sue reali intenzioni suonino nuove dalle parti dell’esecutivo, ma il leader di Italia viva insiste proprio nel momento in cui le forze di maggioranza sembravano essere avviate verso un confronto. E soprattutto mentre il premier è impegnato nel consiglio Ue. Tanto che al leader di Italia viva ha risposto poco dopo il capodelegazione M5s e ministro Alfonso Bonafede: “E’ irresponsabile attaccare il governo di cui si fa parte, per di più da un quotidiano estero, minacciando addirittura una crisi mentre il Consiglio Ue è ancora in corso e l’Italia sta facendo valere le proprie ragioni. Questo vuol dire indebolire deliberatamente l’Italia a livello internazionale. Non solo non è accettabile ma è irrispettoso nei confronto di tutti gli italiani”.
Renzi però insiste da giorni: vuole che su Recovery fund e cabina di regia si ridiscuta tutto da capo. E questo nonostante, come raccontato da il Fatto quotidiano in edicola (leggi), il confronto nel merito sia avvenuto in almeno 16 riunioni al ministero. Oggi, sia nell’intervista a El Pais che al Messaggero, non solo ha detto di essere pronto a ritirare appoggio all’esecutivo e ministri, ma ha anche ribadito di essere convinto che questo non comporterà un ritorno anticipato alle urne (come dicono invece fonti vicine al Quirinale). E sminuendo quanto trapela dal Colle, come semplice “interpretazione dei commentatori”, ha parlato del suo piano: “Il presidente della Repubblica deve verificare se ci sono i numeri in Parlamento” per una nuova maggioranza. E, ha detto sempre al quotidiano spagnolo, “io credo che ci siano”. Perché, ha rilanciato: “Se Conte vuole pieni poteri come Salvini, io dico no”. Una convinzione che aveva affidato poco prima anche al Messaggero: “Spero che non si arrivi a tanto ma se si arrivasse lì, scommetto sulla presenza di un’ampia maggioranza parlamentare“.
Le parole di Renzi suonano sempre di più come una minaccia, soprattutto se vengono collegate a quelle, arrivate poco dopo, del leader del Carroccio Matteo Salvini: “Dare una mano agli italiani sempre e comunque, accompagnare il paese a nuove elezioni con un governo serio? Noi ci siamo”. Ma si riferisce a Renzi? “Ma lui non lo commento più, ormai di lui si fidano in tre in Italia”. Però ha detto: “Mattarella è il garante della coesione del Paese, paese che rischia di spaccarsi. Conto che tutti facciano la loro parte. Se c’è un governo in grado di governare che governi – conclude – altrimenti diamo la parola agli italiani, non si può pensare di andare avanti due anni con i litigi tra Conte, Di Maio, Renzi e Zingaretti“.
Zingaretti, che già ieri aveva chiesto a tutte le forze politiche di “fare un passo avanti” e definito irresponsabile “dare spazio alle rigidità”. Oggi ha provato di nuovo a far rientrare lo scontro nei ranghi del dibattito interno: “Nessuno deve chiedere marcia indietro a nessuno . Sul recovery oggi il ministro Amendola ha confermato che dopo l’ok al testo si apre una fase di confronto in cui chiamare tutti a contribuire per arricchire e migliorare la proposta. Questo è lo spirito giusto che si deve avere: impegnarsi a trasformare in realtà quanto il governo ha conquistato in Europa. Questo è il senso delle scelte che abbiamo fatto insieme il 5 novembre al vertice a Palazzo Chigi, l’opposto che parlare di crisi, per altro in pieno Consiglio Europeo, ma la scelta di affrontare i problemi aperti”. Intanto anche dal fronte Pd si invocano una maggiore condivisione per scongiurare l’inevitabile. “Sarebbe ipocrita negare che ci sono dei problemi”, ha detto il vicesegretario Andrea Orlando, in un’intervista a Repubblica. “Dobbiamo stabilire un metodo quanto più possibile collegiale e inclusivo”, ha detto. In parallelo però, il leader di Italia viva ha rilasciato un’intervista al Messaggero e, interpellato su un’ipotesi crisi, ha Intanto il consigliere dem Goffredo Bettini, intervistato dal Corriere della sera, diceva: “Non so se Renzi abbia intenzione di togliere il suo sostegno a Conte. Per certi aspetti non mi interessa leggere nella sua testa, piuttosto sapere che senza Italia Viva il governo non avrebbe più i numeri per andare avanti. Quindi, con pazienza, occorre ricomporre ascoltando tutti. E occorre, dall’altra parte, porre i problemi in maniera costruttiva”.
Orlando: “Quelli che nel governo erano limiti trascurabili prima della pandemia, oggi assumono una dimensione più rilevante”
“A questo punto”, ha detto il vicesegretario Pd a Repubblica, “tutti insieme dobbiamo decidere se vogliamo risolvere” i problemi nella maggioranza, “o continuare a usarli per una competizione interna alla coalizione. Sapendo però che se si sceglie questa strada ci si mette su un piano inclinato: non solo e non tanto per la tenuta del governo, ma perla reputazione che faticosamente il nostro Paese ha riconquistato a livello europeo e internazionale”. In mattinata, intervenendo ad Agorà su Rai3, ha Tutte questioni risolvibili, ma vanno risolte rapidamente. In questa fase sarà fondamentale cominciare a definire la ricostruzione sulla base delle risorse conquistate dal nostro governo”.
Mentre, sempre a Repubblica, ha detto: “Quelli che erano limiti trascurabili prima della pandemia, e del Recovery in particolare, assumono oggi una dimensione più rilevante. Un certo doping comunicativo, un certo grado di accentramento rischiano di diventare ostacoli più che strumenti. Per questo dobbiamo stabilire un metodo quanto più possibile collegiale e inclusivo”. Quindi ha aggiunto: “Lo dice la Costituzione che la responsabilità di coordinamento è in capo al presidente del Consiglio. In una fase così delicata in Cdm non possono arrivare norme su cui non è maturato il necessario consenso. Gli strappi bisogna prevenirli, ricucire è più difficile. Naturalmente il presupposto è anche che ci sia collaborazione da parte di tutti. Il che non mi è apparso sempre vero”.
Orlando ha anche avanzato una proposta: ”Ritengo necessario individuare intorno a Conte figure di più stretto raccordo con la maggioranza: non mi riferisco a ministri, ma a ruoli di staff. A una situazione straordinaria come quella che si è determinata deve corrispondere un’organizzazione nuova. Altrimenti la fragilità della macchina rischia di non reggere all’ondata di piena”. Per il vicesegretario del Pd, “primo, occorre diminuire l’ansia comunicativa. Si comunica solo quando le cose sono consolidate. Altrimenti si crea un corto circuito come sabato mattina: eravamo seduti al tavolo sul programma quando abbiamo appreso da un’intervista rilasciata proprio a “Repubblica” che lunedì il Recovery plan sarebbe approdato in Cdm. Subito abbiamo chiesto di capire se le due cose camminavano insieme: se fossero andate in direzioni diverse, una delle due rischiava di diventare inutile”. Per Orlando inoltre, “l’attività istruttoria di Palazzo Chigi deve incrociarsi di più con quella dei ministri, anche perché il Recovery è uno strumento trasversale: su alcune questioni cruciali il consenso è indispensabile. E poi serve maggiore solidarietà nella maggioranza per evitare che il confronto interno degeneri in uno scontro politico che fa male a tutti. Non è possibile che nel giorno in cui la Camera dava l’ok al Mes e ai nuovi decreti Sicurezza, sui giornali si è parlato solo del duello Conte-Renzi”. Orlando però si è anche detto fiducioso che la frattura fra Conte e Renzi si ricomporrà: “Sì, perché se così non fosse sarebbe la fine delle parti in lotta. Credo che nessuno voglia passare alla storia come colui che non è riuscito a trovare un punto di equilibrio in uno dei periodi più drammatici per il Paese dal dopoguerra a oggi”.