Nessuna nuova analisi sui reperti. Non ci sono basi, né elementi per poter svolgere nuovi accertamenti in merito alla vicenda della strage di Erba quando l’11 dicembre del 2006 vennero uccisi Raffaella Castagna, il figlio Youssef di due anni, la nonna Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. I giudici della I sezione penale della Cassazione motivano così la decisione con cui lo scorso 17 novembre hanno bocciato la richiesta di svolgere nuove analisi su alcuni reperti da parte della difesa.
Il ricorso, presentato dagli avvocati Fabio Schembri, Luisa Bordeaux e Nico D’Ascola, difensori di Olindo Romano e Rosa Bazzi condannati in via definitiva per la strage, era già stato rigettato dalla Corte d’assise di Como. Gli avvocati, oltre agli accertamenti su reperti trovati sul luogo dell’eccidio che non erano stati distrutti e tracce biologiche, avevano chiesto anche di accedere al server della procura di Como per poter disporre di tutte le intercettazioni telefoniche e ambientali.
I giudici di piazza Cavour sottolineano che “le indagini difensive miravano a riesaminare i reperti e i risultati delle intercettazioni che la difesa aveva avuto a disposizione durante tutto il procedimento di merito, che il successivo rinvenimento – dopo la distruzione di larga parte del materiale in sequestro – di un’ulteriore porzione dei reperti non implica affatto che non fosse stato possibile, come neppure la difesa deduce, esaminarli in precedenza. A ciò – concludono i giudici della Suprema Corte – deve aggiungersi che, del resto, la presenza di elementi utili è soltanto ipotizzata, tanto è vero che la richiesta della difesa non poggia su alcun elemento di fatto o logico, ma si limita a rappresentare il rinvenimento di altri reperti, rispetto a quelli che già erano stati distrutti”.