“Estraneo a tutte le contestazioni. Tesi dell’accusa illogica ed incongruente”. A inizio gennaio erano state depositate le motivazioni della sentenza di secondo grado che aveva confermato il verdetto di assoluzione emesso davanti al gup di Palermo nel processo con il rito abbreviato. Oggi è arrivato l’ultimo gradino del percorso giudiziario. La Cassazione ha confermato l’estraneità dell’ex ministro Calogero Mannino (Dc) alle accuse. Mannino era imputato per violenza o minaccia ad un corpo politico o istituzionale dello Stato e alle sue assoluzioni gli inquirenti di Palermo si erano opposti.
I giudici della VI sezione penale di Piazza Cavour hanno dichiarato inammissibile il ricorso della Procura generale di Palermo contro la sentenza pronunciata il 22 luglio del 2019 della Corte d’appello. Nelle motivazioni della sentenza di assoluzione i giudici di secondo grado scrivevano che “non è stato affatto dimostrato che Mannino” fosse “finito anch’egli nel mirino della mafia a causa di sue presunte ed indimostrate promesse non mantenute (addirittura, quella del buon esito del primo Maxiprocesso) ma, anzi, al contrario, è piuttosto emerso dalla sua sentenza assolutoria che costui fosse una vittima designata della mafia, proprio a causa della sua specifica azione di contrasto a Cosa nostra quale esponente del governo del 1991, in cui era rientrato dal mese di febbraio di quello stesso anno”. I giudici di secondo grado sottolineavano inoltre come “la tesi della procura” fosse “non solo infondata, ma anche totalmente illogica ed incongruente con la ricostruzione complessiva dei fatti”.
La Suprema Corte ha accolto la richiesta del pg formulata con requisitoria scritta nei giorni scorsi di dichiarare inammissibile il ricorso della Procura generale di Palermo. È ancora in corso invece il processo d’appello per gli imputati che hanno scelto di essere giudicati con il rito ordinario. In primo grado gli imputati – tra cui Marcello Dell’Utri e l’ex generale del Ros Mario Mori – erano stati condannati.