Musica

The Bee Gees, non fu solo la Febbre del sabato sera. Il documentario sui fratelli Gibb colma un vuoto imbarazzante

La bella notizia è che The Bee Gees: How Can You Mend a Broken Heart fuga l’agiografia per abbracciare la complessità dei chiaroscuri, dei sottotesti, fino a tutte quelle frasi “mai pronunciate” che spesso segnano le relazioni tra fratelli

di Anna Maria Pasetti

Era un vuoto incomprensibile quanto imbarazzante, ma finalmente è stato colmato: anche The Bee Gees hanno il loro documentario celebrativo. A pensarci è stato il grande produttore (co-fondatore della Amblin con l’amico Spielberg, a tratti regista, come in questo caso) Frank Marshall che ha compiuto l’impresa di raccogliere vita, gesta e musica dei mitici fratelli Gibb e tradurla in due ore vibranti di passione e – naturalmente – di canzoni. D’altra parte lui stesso è figlio di un musicista, e l’apprezzamento per il talento degli immortali Barry, Maurice e Robin diventa ovvio. Prodotto insieme alla PolyGram per HBO, il film è dal 14 dicembre on demand su Prime Video, Apple TV e Google Play.

La bella notizia è che The Bee Gees: How Can You Mend a Broken Heart fuga l’agiografia per abbracciare la complessità dei chiaroscuri, dei sottotesti, fino a tutte quelle frasi “mai pronunciate” che spesso segnano le relazioni tra fratelli. In tal senso il titolo, scelto dall’omonimo brano scritto da Barry nel 1971 quando i tre avevano sciolto la band e non si parlavano da mesi, è perfetto, racchiudendo anche il profondo dolore per la prematura scomparsa dei gemelli Maurice (2003) e Robin (2012), addirittura anticipata dal quarto Gibb, Andy, il più giovane di tutti morto a soli 30 anni nel 1988 a pochi mesi dalla decisione di entrare anche lui nella band. Con tre su quattro fratelli deceduti, il “sopravvissuto” Barry (peraltro il maggiore) è incaricato da Marshall ad aprire il film: lo si vede scrutare malinconico lo skyline di Miami, città adottiva dei bros nativi della britannica Isola di Mann, e col volto sereno che sembra pronto a viaggiare nel tempo, retrocedendo alle origini della saga dei Gibbs. Ma – per fortuna – il doc si tiene distante dalla tentazione del racconto in voce narrante del superstite: al contrario ne adotta segmenti testimoniali più visuali che verbali per arricchire di autenticità emotiva un percorso articolato e denso di ostacoli.

Accanto all’inequivocabile talento pop e disco dei Bee Gees, ad emergere è il senso del loro (lungo) tempo, sfondo partecipe a una carriera precocissima e rischiosa, con protagonisti determinati al successo (la scia dei Beatles è chiarissima) ma minati ontologicamente dai legami di sangue. Lo dice bene l’intervistato Noel Gallagher, evidenziando quanto una band costituita “in famiglia” sia dotata di per sé di forza e debolezza insieme. E poi l’arrivo del successo inatteso, con quella colonna sonora che ha cambiato la storia della disco music e il nostro immaginario di discoteche, del clubbing e di una nuova generazione che stava affollando New York.

L’immortalità è a un passo, premi, vendite, classifiche: tutto è Saturday Night Fever, tutto è Stayin’ Alive. A quel punto per i fratelli Gibb sembrava paradiso eterno, e invece il buio dell’infamia stava per travolgerli senza che loro stessi ne comprendessero le ragioni. Era il 1979 ed esplodeva l’odio per la disco music inneggiato dal dj di Chicago Steve Dahl che – in realtà – andava ben oltre la musica ma intendeva colpire uno spaccato sociale, con chiare intenzioni razziste e omofobe. Ma i Gibbs rinascono, tornano a brillare di voce propria, all’unisono e con un solo microfono come nessuno tra fratelli canori è mai riuscito a fare così bene. Nutrito di repertorio, arricchito di testimonianze vip (Eric Clapton, Nick Jonas, Chris Martin, Justin Timberlake tra vari produttori, fonici, e professionisti che hanno lavorato con i fratelli) carico di melodie note su scala planetaria e di altre più segrete ma altrettanto struggenti, The Bee Gees: How Can You Mend a Broken Heart può inserirsi con dignità tra i documentari biopic-musicali che vale la pena vedere e tenere nella memoria.

The Bee Gees, non fu solo la Febbre del sabato sera. Il documentario sui fratelli Gibb colma un vuoto imbarazzante
Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Precedente
Precedente
Successivo
Successivo
Playlist

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione