La bella notizia è che The Bee Gees: How Can You Mend a Broken Heart fuga l’agiografia per abbracciare la complessità dei chiaroscuri, dei sottotesti, fino a tutte quelle frasi “mai pronunciate” che spesso segnano le relazioni tra fratelli
Era un vuoto incomprensibile quanto imbarazzante, ma finalmente è stato colmato: anche The Bee Gees hanno il loro documentario celebrativo. A pensarci è stato il grande produttore (co-fondatore della Amblin con l’amico Spielberg, a tratti regista, come in questo caso) Frank Marshall che ha compiuto l’impresa di raccogliere vita, gesta e musica dei mitici fratelli Gibb e tradurla in due ore vibranti di passione e – naturalmente – di canzoni. D’altra parte lui stesso è figlio di un musicista, e l’apprezzamento per il talento degli immortali Barry, Maurice e Robin diventa ovvio. Prodotto insieme alla PolyGram per HBO, il film è dal 14 dicembre on demand su Prime Video, Apple TV e Google Play.
Accanto all’inequivocabile talento pop e disco dei Bee Gees, ad emergere è il senso del loro (lungo) tempo, sfondo partecipe a una carriera precocissima e rischiosa, con protagonisti determinati al successo (la scia dei Beatles è chiarissima) ma minati ontologicamente dai legami di sangue. Lo dice bene l’intervistato Noel Gallagher, evidenziando quanto una band costituita “in famiglia” sia dotata di per sé di forza e debolezza insieme. E poi l’arrivo del successo inatteso, con quella colonna sonora che ha cambiato la storia della disco music e il nostro immaginario di discoteche, del clubbing e di una nuova generazione che stava affollando New York.
L’immortalità è a un passo, premi, vendite, classifiche: tutto è Saturday Night Fever, tutto è Stayin’ Alive. A quel punto per i fratelli Gibb sembrava paradiso eterno, e invece il buio dell’infamia stava per travolgerli senza che loro stessi ne comprendessero le ragioni. Era il 1979 ed esplodeva l’odio per la disco music inneggiato dal dj di Chicago Steve Dahl che – in realtà – andava ben oltre la musica ma intendeva colpire uno spaccato sociale, con chiare intenzioni razziste e omofobe. Ma i Gibbs rinascono, tornano a brillare di voce propria, all’unisono e con un solo microfono come nessuno tra fratelli canori è mai riuscito a fare così bene. Nutrito di repertorio, arricchito di testimonianze vip (Eric Clapton, Nick Jonas, Chris Martin, Justin Timberlake tra vari produttori, fonici, e professionisti che hanno lavorato con i fratelli) carico di melodie note su scala planetaria e di altre più segrete ma altrettanto struggenti, The Bee Gees: How Can You Mend a Broken Heart può inserirsi con dignità tra i documentari biopic-musicali che vale la pena vedere e tenere nella memoria.