Negli ospedali non c'è spazio per le bare e così si è ricorsi alle chiese delle strutture sanitarie. I sanitari denunciano una situazione al collasso: "Come copriscarpe usiamo i sacchetti dell’immondizia". Il direttore generale dell'Ulss 9 Benazzi però dice: "Tutti vengono curati, nessuno viene lasciato morire". Il sindaco leghista del capoluogo: "Immagini impressionanti". L'ex senatrice Pd Puppato: "Situazione è di una gravità inaudita". Zaia promette misure anti-assembramenti e i dem replicano: "Basta fare melina"
“Noi non siamo Bergamo. Non vedo i disastri dipinti da qualcuno e che non ci appartengono”. Francesco Benazzi, direttore Generale dell’Azienda Ulss 9 di Treviso e Commissario delle Aziende Ulss n. 7, ha convocato una conferenza stampa in diretta Facebook, facendo sfilare medici e primari, per dimostrare che la situazione, seppur grave, nella Marca non raggiunga i livelli di drammaticità già visti durante la prima ondata in Lombardia. Eppure le notizie degli ultimi giorni sono apparse allarmanti. Negli ospedali di Treviso e di Montebelluna gli obitori non riescono a contenere le bare e così si è ricorsi alle chiese delle strutture sanitarie per ospitare le casse. Lo stesso sindaco di Treviso, il leghista Mario Conte, ha commentato: “C’è troppa indifferenza tra la gente. Non la capisco. L’immagine degli obitori pieni è impressionante. Ma lo sono anche i numeri: oltre 102 persone ricoverate in ospedale, 25 in terapia intensiva”.
Il direttore Benazzi ha smentito alcune denunce provenienti dall’interno delle strutture sanitarie. “Tutti vengono curati, nessuno viene lasciato morire. E negli ospedali abbiamo dotazioni sufficienti di protezione per gli operatori”. Il riferimento è alle dichiarazioni rilasciate da un gruppo di sanitari, medici e infermieri dell’ospedale di Montebelluna e riportate dalla stampa locale. “L’ospedale è al collasso. Non abbiamo più risorse. C’è scarsità di materiale per medici e infermieri: le tute sono finite e molti di noi indossano due camici nel tentativo di proteggersi. Anche i calzari sono finiti e da due settimane come copriscarpe usiamo i sacchetti dell’immondizia. Dall’Ulss ci è stato detto di usare con parsimonia guanti e mascherine, per non consumarne troppi…”.
Agghiacciante il racconto sul trattamento dei pazienti. “Non sappiamo più dove mettere i malati e chi arriva con il Covid lo mandiamo a casa. Anche il San Camillo di Treviso non accoglie più nessuno. Noi medici e infermieri continuiamo ad ammalarci e ci ritroviamo a tornare in reparto ricoverati, con i pazienti che fino a prima stavamo curando”. Infine un atto d’accusa a tutta la sanità veneta: “Non sappiamo cosa si stia aspettando a dire alla popolazione quello che succede veramente. Il Veneto dovrebbe essere in fascia rossa da tempo! La situazione è disperata, qui le persone muoiono da sole e si sta facendo passare tutto in sordina”.
Della stessa opinione Laura Puppato, ex sindaco di Montebelluna ed ex senatrice del Pd: “In Veneto la situazione è di una gravità inaudita. L’ospedale di Montebelluna è fuori controllo. I medici mi scrivono e mi chiedono aiuto perché sono in condizioni disperate”. Replica dell’Ulss di Treviso: “L’occupazione di spazi negli obitori di Treviso e Montebelluna rispecchia una situazione tipica per la stagione e non esistono i disastri che qualcuno sta descrivendo. Nell’obitorio di Treviso non si riscontrano saturazioni, se alcune salme sono state collocate in una chiesetta, in una situazione più che decorosa, è per cercare di dare una risposta a congiunti i quali, per la lontananza o perché a loro volta in quarantena, ci hanno chiesto di ritardare la data del funerale“.
Durante la conferenza stampa quotidiana, il governatore Luca Zaia ha detto di non sapere nulla della situazione degli obitori. Ma ha confermato che il sistema sanitario è sotto stress. “Il picco a marzo fu di 2.028 ricoveri per Covid, oggi siamo a 3.267 pazienti, circa 1.200 in più, un terzo in più. Le terapie intensive da Covid sono 373, 17 in più rispetto al massimo di marzo”. In realtà, se questi sono i numeri, i ricoveri sono aumentati del 61 per cento rispetto alla prima ondata. A Verona i servizi ospedalieri ordinari verranno ridotti del 30 per cento per poter seguire i malati Covid. “Ma non accadrà che lasceremo morire persone che si possano curare”, ha assicurato Zaia. Il quale se la prende sempre con gli assembramenti. Per questo ha incontrato i sindaci delle città capoluogo per mettere a punto una serie di divieti che riguardano l’accesso ai centri storici delle città, presi d’assalto in queste giornate pre-natalizie. Soluzioni che per il Pd regionale sono considerate insufficienti: “Zaia continua a fare melina. Agisca subito per evitare che la Regione diventi come la Lombardia della prima ondata”.