Un altro blitz per cercare di stringere il cerchio intorno a Matteo Messina Denaro. Mafiosi, imprenditori incensurati, sindaci e anche un manager ai vertici di una azienda pubblica. Non c’è solo la mafia nell’inchiesta della Dda di Palermo che ha portato al fermo di 13 persone ritenute legate al boss latitante di Castelvetrano. Nell’indagine, condotta dallo Sco della Polizia, c’è anche Salvatore Barone, ex presidente del consiglio di amministrazione ed ex direttore dell’azienda per i trasporti Atm di Trapani. Barone, che è stato fermato con l’accusa di associazione mafiosa, è anche presidente della cantina sociale Kaggera di Calatafimi e secondo gli inquirenti era al servizio del capo della famiglia mafiosa locale, Nicolò Pidone.
Secondo gli inquirenti Pidone, direttamente o attraverso il proprio uomo di fiducia, Gaetano Placenza, allevatore messo ai vertici della società, decideva chi assumere scegliendo il personale in modo da aiutare le famiglie dei detenuti mafiosi e disponeva che ad esponenti di Cosa Nostra venissero dati soldi. Tra le assunzioni più importanti, volte a favorire i clan, figura quelle di Veronica Musso, figlia del boss Calogero Musso, ergastolano, ex capo della “famiglia” di Vita. Barone, inoltre, avrebbe procurato voti al sindaco di Calatafimi Segesta (Trapani), Antonino Accardo, oggi indagato per corruzione elettorale. L’indagine è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Francesca Dessì e Piero Padova. Ad Accardo è stato notificato un avviso di garanzia. Dalle intercettazioni, secondo gli investigatori, è emerso che avrebbe pagato 50 euro a voto per le elezioni dell’anno scorso a sindaco del comune di Calatafimi Segesta (Trapani). Insegnante in pensione, 73 anni, Accardo ha alle spalle alcune esperienze da assessore e consigliere comunale a Calatafimi.
In ottale sono 13 i provvedimenti di fermo emessi dai magistrati della Dda, venti gli indagati. Le accuse ipotizzate, a vario titolo, nei confronti degli indagati sono associazione mafiosa, estorsione, incendio, furto, favoreggiamento personale e corruzione elettorale, aggravati dal metodo mafioso. In corso anche una serie di perquisizione nelle campagne del trapanese per la ricerca di armi. Per chi indaga Pidone, già condannato per associazione mafiosa, è il personaggio chiave dell’inchiesta. Ritenuto a capo della cosca di Calatafimi, organizzava i summit in una dependance fatiscente vicina alla sua masseria; lì venivano prese le principali decisioni che riguardavano il clan. Tra gli indagati anche altri condannati per mafia come Rosario Leo, pregiudicato che vive a Marsala, e cugino di Stefano Leo, molto vicino al boss di Mazara del Vallo Vito Gondola, poi morto, e a Sergio Giglio, coinvolto nell’inchiesta sui favoreggiatori del capomafia Matteo Messina Denaro.
Nelle indagini sono finiti però anche insospettabili che, a vario titolo, hanno favorito le comunicazioni tra il capo della famiglia calatafimese, specie nel periodo in cui era sottoposto alla sorveglianza speciale, ed altri mafiosi, tra cui lo stesso Rosario Leo, anch’egli sorvegliato speciale. Tra coloro che favorivano gli incontri e le comunicazioni c’era il 46enne imprenditore agricolo vitese Domenico Simone, secondo quanto hnno ricostruito le indagini. Fermati anche l’imprenditore Leonardo Urso, di origini marsalesi, enologo, accusato di favoreggiamento, e l’imprenditore agricolo Andrea Ingraldo, di origini agrigentine, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, per aver assunto fittiziamente Pidone per far figurare l’esistenza di una regolare posizione lavorativa e attenuare la misura di sicurezza.
Il clan, secondo l’Antimafia, controllava il territorio attraverso l’esecuzione di “inchieste” per ricostruire episodi criminosi avvenuti in zona e non “autorizzati” e interveniva con atti intimidatori nei confronti di chi collaborava con la giustizia. In quest’ultimo ambito si inquadra l’incendio dell’auto dell’imprenditore Antonino Caprarotta, voluto da Pidone e realizzato insieme a Giuseppe Aceste e Antonino e Giuseppe Fanara. Caprarotta aveva denunciato l’imprenditore mafioso Francesco Isca ed altri soggetti implicati nella vicenda della gestione illecita dei parcheggi del parco archeologico di Calatafimi-Segesta. Tra i fermati anche Giuseppe Gennaro, altro esponente della famiglia mafiosa di Calatafimi, accusato, oltre che di associazione mafiosa, anche di aver rubato un trattore agricolo, nell’interesse del clan insieme a Francesco Domingo, Sebastiano Stabile e Salvatore Mercadante. In cella anche il trentasettenne calatafimese Ludovico Chiapponello, indagato per aver favorito l’associazione mafiosa bonificando dalle microspie la dependance di Pidone. Indagato infine un appartenente alla Polizia Penitenziaria, a cui è contestato il reato di rivelazione di segreto d’ufficio commesso per agevolare Cosa Nostra. Dall’inchiesta è emerso che il clan aveva la disponibilità di armi. Il fermo è motivato dall’intenzione di alcuni indagati di darsi alla latitanza e al progetto di pesanti ritorsioni verso uno dei mafiosi che sarebbe entrato in conflitto col capo della famiglia di Calatafimi.
Mafie
Matteo Messina Denaro, 13 fermi: c’è anche ex direttore Atm di Trapani. Indagato un sindaco per corruzione elettorale
Non c'è solo la mafia nell’inchiesta della Dda di Palermo che ha portato all'emissione di misure per persone ritenute legate al boss latitante di Castelvetrano
Un altro blitz per cercare di stringere il cerchio intorno a Matteo Messina Denaro. Mafiosi, imprenditori incensurati, sindaci e anche un manager ai vertici di una azienda pubblica. Non c’è solo la mafia nell’inchiesta della Dda di Palermo che ha portato al fermo di 13 persone ritenute legate al boss latitante di Castelvetrano. Nell’indagine, condotta dallo Sco della Polizia, c’è anche Salvatore Barone, ex presidente del consiglio di amministrazione ed ex direttore dell’azienda per i trasporti Atm di Trapani. Barone, che è stato fermato con l’accusa di associazione mafiosa, è anche presidente della cantina sociale Kaggera di Calatafimi e secondo gli inquirenti era al servizio del capo della famiglia mafiosa locale, Nicolò Pidone.
Secondo gli inquirenti Pidone, direttamente o attraverso il proprio uomo di fiducia, Gaetano Placenza, allevatore messo ai vertici della società, decideva chi assumere scegliendo il personale in modo da aiutare le famiglie dei detenuti mafiosi e disponeva che ad esponenti di Cosa Nostra venissero dati soldi. Tra le assunzioni più importanti, volte a favorire i clan, figura quelle di Veronica Musso, figlia del boss Calogero Musso, ergastolano, ex capo della “famiglia” di Vita. Barone, inoltre, avrebbe procurato voti al sindaco di Calatafimi Segesta (Trapani), Antonino Accardo, oggi indagato per corruzione elettorale. L’indagine è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Francesca Dessì e Piero Padova. Ad Accardo è stato notificato un avviso di garanzia. Dalle intercettazioni, secondo gli investigatori, è emerso che avrebbe pagato 50 euro a voto per le elezioni dell’anno scorso a sindaco del comune di Calatafimi Segesta (Trapani). Insegnante in pensione, 73 anni, Accardo ha alle spalle alcune esperienze da assessore e consigliere comunale a Calatafimi.
In ottale sono 13 i provvedimenti di fermo emessi dai magistrati della Dda, venti gli indagati. Le accuse ipotizzate, a vario titolo, nei confronti degli indagati sono associazione mafiosa, estorsione, incendio, furto, favoreggiamento personale e corruzione elettorale, aggravati dal metodo mafioso. In corso anche una serie di perquisizione nelle campagne del trapanese per la ricerca di armi. Per chi indaga Pidone, già condannato per associazione mafiosa, è il personaggio chiave dell’inchiesta. Ritenuto a capo della cosca di Calatafimi, organizzava i summit in una dependance fatiscente vicina alla sua masseria; lì venivano prese le principali decisioni che riguardavano il clan. Tra gli indagati anche altri condannati per mafia come Rosario Leo, pregiudicato che vive a Marsala, e cugino di Stefano Leo, molto vicino al boss di Mazara del Vallo Vito Gondola, poi morto, e a Sergio Giglio, coinvolto nell’inchiesta sui favoreggiatori del capomafia Matteo Messina Denaro.
Nelle indagini sono finiti però anche insospettabili che, a vario titolo, hanno favorito le comunicazioni tra il capo della famiglia calatafimese, specie nel periodo in cui era sottoposto alla sorveglianza speciale, ed altri mafiosi, tra cui lo stesso Rosario Leo, anch’egli sorvegliato speciale. Tra coloro che favorivano gli incontri e le comunicazioni c’era il 46enne imprenditore agricolo vitese Domenico Simone, secondo quanto hnno ricostruito le indagini. Fermati anche l’imprenditore Leonardo Urso, di origini marsalesi, enologo, accusato di favoreggiamento, e l’imprenditore agricolo Andrea Ingraldo, di origini agrigentine, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, per aver assunto fittiziamente Pidone per far figurare l’esistenza di una regolare posizione lavorativa e attenuare la misura di sicurezza.
Il clan, secondo l’Antimafia, controllava il territorio attraverso l’esecuzione di “inchieste” per ricostruire episodi criminosi avvenuti in zona e non “autorizzati” e interveniva con atti intimidatori nei confronti di chi collaborava con la giustizia. In quest’ultimo ambito si inquadra l’incendio dell’auto dell’imprenditore Antonino Caprarotta, voluto da Pidone e realizzato insieme a Giuseppe Aceste e Antonino e Giuseppe Fanara. Caprarotta aveva denunciato l’imprenditore mafioso Francesco Isca ed altri soggetti implicati nella vicenda della gestione illecita dei parcheggi del parco archeologico di Calatafimi-Segesta. Tra i fermati anche Giuseppe Gennaro, altro esponente della famiglia mafiosa di Calatafimi, accusato, oltre che di associazione mafiosa, anche di aver rubato un trattore agricolo, nell’interesse del clan insieme a Francesco Domingo, Sebastiano Stabile e Salvatore Mercadante. In cella anche il trentasettenne calatafimese Ludovico Chiapponello, indagato per aver favorito l’associazione mafiosa bonificando dalle microspie la dependance di Pidone. Indagato infine un appartenente alla Polizia Penitenziaria, a cui è contestato il reato di rivelazione di segreto d’ufficio commesso per agevolare Cosa Nostra. Dall’inchiesta è emerso che il clan aveva la disponibilità di armi. Il fermo è motivato dall’intenzione di alcuni indagati di darsi alla latitanza e al progetto di pesanti ritorsioni verso uno dei mafiosi che sarebbe entrato in conflitto col capo della famiglia di Calatafimi.
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Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Vogliamo il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica e non lo delegheremo alla Francia e alla Gran Bretagna". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo. "Per avere i granai pieni -ha aggiunto- bisogna avere gli arsenali pieni, la difesa è la premessa della libertà e della democrazia".
Bruxelles, 18 mar. - (Adnkronos) - Le sedici aziende dell’Alleanza “Value of Beauty”, lanciata a febbraio 2024, hanno presentato a Bruxelles uno studio commissionato a Oxford Economics sull’impatto socioeconomico del settore. Il Gruppo L’Oréal, Kiko Milano, Beiersdorf, Iff, e altri grandi marchi dell’industria vogliono inserirsi nello spiraglio aperto dalla Commissione europea per favorire la semplificazione normativa in vari ambiti, e per chiedere un dialogo strategico sul futuro del settore, come già successo per agricoltura e automotive.
Il settore guarda con attenzione alle proposte su una legge europea vincolante per le biotecnologie e alla strategia per la bioeconomia, che la Commissione si impegna a presentare entro la fine dell’anno. Ma guarda con attenzione anche agli sviluppi nelle relazioni commerciali in Occidente alla luce della recente entrata in vigore dei dazi di Washington sull’import dall’Unione europea.
“Cinque delle sette più grandi aziende del settore hanno la loro sede nell’Ue”, ha sottolineato l’amministratore delegato del Gruppo L’Oréal, Nicolas Hieronimus.
A Bruxelles i sedici membri dell’Alleanza chiedono politiche per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale per sbloccare il potenziale del settore. Un aspetto legato, secondo l’amministratore delegato di Kiko Milano, Simone Dominici, all’impatto positivo che la cura del corpo e dell’estetica ha sull’autostima e sulla salute mentale dei consumatori. Aspetti non trascurati dallo studio dell’Oxford Economics presentato all’ombra dei palazzi delle istituzioni europee. Il rapporto mostra che la spesa dei consumatori nell’Ue per i prodotti di bellezza e cura della persona ha superato i 180 miliardi di euro e dato lavoro a oltre tre milioni di persone, un numero che supera il totale della forza lavoro presente in 13 Stati membri dell’Ue. Troppi anche gli oneri per l'industria della cosmetica che rendono necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Forte dei 496 milioni di euro generati ogni giorno e dei 3,2 milioni di posti di lavoro, la cordata dei grandi nomi dell’industria della bellezza chiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti nelle acque siano ritenuti responsabili, in linea con il principio “chi inquina paga”.
I riflettori dell’Alleanza, che guarda anche agli interessi di tutti gli attori della filiera - dagli agricoltori ai vetrai, importanti nella catena del valore quanto le case di fragranze - sono rivolti in primis sull’attesa revisione del regolamento Reach (Regulation on the registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), che regolamenta le sostanze chimiche autorizzate e soggette a restrizione nell’Unione europea. L’Alleanza chiede che a questa iniziativa, annunciata nel 2020 come parte del pacchetto sul Green deal, si aggiunga anche una revisione del regolamento sui prodotti cosmetici.
L’appello ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi e lo stimolo all'innovazione, senza sacrificare l’approccio basato sul rischio per la salute e la responsabilità per la tutela dell’ambiente. Trasmette ottimismo l’iniziativa della Commissione di considerare delle esenzioni per alcune imprese colpite dalla direttiva della diligenza dovuta che imponeva oneri considerati sproporzionati alle piccole e medie imprese, la colonna portante del settore.
“Vogliamo impiegare più tempo alla sostenibilità, piuttosto che alla rendicontazione amministrativa”, è stato l’appello degli amministratori delegati durante la conferenza stampa che ha preceduto gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, tra cui quello con la presidente dell’istituzione, Roberta Metsola. Lo studio presentato dimostra che una parte consistente della cura per la sostenibilità ambientale passa anche dalla cosmetica. L’Oréal ha già annunciato che entro il 2030 il 100% della plastica utilizzata nelle confezioni sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Mandare soldati in Ucraina mentre ci sono i bombardamenti è una pazzia e l'Italia non farà questa scelta". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Gli inglesi sono usciti dall'Europa e adesso ci convocano una volta a settimana, facessero domanda per rientrare nell'Unione europea". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Dei Servizi segreti non si parla nell'Autogrill, si parla nel Copasir, io all'Autogrill ci vado a comprare il panino". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Da oggi sono autorizzato a dire che la Meloni non smentisce l'utilizzo di intercettazioni preventive nei confronti di un giornalista che attacca il Governo. È una cosa enorme, che ha a che fare con la dignità delle Istituzioni. Se non vi rendete conto che su questa cosa si gioca il futuro della libertà, allora sappiate che c'è qualcuno che lascia agli atti questa frase, perchè quando intercetteranno voi, in modo illegittimo, con i trojan illegali, saremo comunque dalla vostra parte per difendere il vostro diritto di cittadini, mentre voi oggi vi state voltando dal'altra parte". Lo ha affermato Matteo Renzi nella sua dichiarazione di voto sulle risoluzioni sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
"Giorgia Meloni va al Consiglio europeo senza una linea, senza sapere da che parte stare, senza aver avuto il coraggio di rispondere a quella frase che lei stessa aveva detto: 'come diceva Pericle la felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio'. Se la felicità e la libertà dipendono dal coraggio, Giorgia Meloni -ha concluso l'ex premier- non è felice, non è libera".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Proprio perché sono una patriota metterò questa nazione in sicurezza, perché come dice la nostra Costituzione difendere la Patria è un sacro dovere del cittadino". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nella replica al Senato sulle comunicazioni in vista del prossimo Consiglio europeo.