Un altro rinvio, un’altra settimana di attesa mentre resta in isolamento nella prigione di Evin, a Teheran. L’impiccagione di Ahmad Reza Djalali, il medico iraniano-svedese con un passato da ricercatore in Italia e condannato alla pena di morte in Iran per spionaggio, è stata sospesa in extremis, come già avvenuto due settimane fa. Era prevista oggi ed è da due mercoledì consecutivi che, anche grazie alla mobilitazione internazionale della comunità scientifica e di diverse ong, viene rimandata senza che le autorità forniscano ulteriori precisazioni. Non ci sarebbero al momento informazioni su un’eventuale nuova data fissata per l’esecuzione dello scienziato 49enne.

Lo stop giunge dopo le forti proteste dei Paesi europei per l’impiccagione sabato scorso del giornalista dissidente Ruhollah Zam, che avevano portato al boicottaggio di un importante business forum tra Ue e Iran in programma questa settimana. Per Djalali, che si è sempre dichiarato innocente ed è stato condannato in un processo definito da Amnesty International “clamorosamente iniquo”, continuano le pressioni diplomatiche internazionali. Pur senza citare esplicitamente il suo caso, le autorità di Teheran si sono di recente dette pronte a scambi di prigionieri.

Per la corte iraniana Ahmedreza Djalali ha lavorato come spia per Israele nel 2000. Secondo uno dei suoi avvocati, il tribunale non ha fornito alcuna prova per giustificare tali accuse. Lo scienziato, che ha insegnato all’università in Belgio, Italia e Svezia, era in viaggio d’affari in Iran quando è stato arrestato dai funzionari del ministero dell’Intelligence nell’aprile del 2016.

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