C’è una svolta nella vicenda del dossier dell’Oms riguardante la risposta dell’Italia al coronavirus pubblicato online e poi sparito nel giro di 24 ore nel maggio scorso. Il relatore del documento e coordinatore dei ricercatori, Francesco Zambon, è stato sentito per ore dai magistrati di Bergamo che indagano sulla gestione del Covid nella bergamasca. Stando a quanto ha riferito il suo avvocato Vittore D’Acquarone, Zambon si è presentato dai pm – che lo avevano convocato già tre volte come teste – nonostante l’Oms abbia dato indicazione a tutti i suoi membri coinvolti di fare ricorso all’immunità diplomatica. Si tratta di una deposizione molto attesa, perché secondo il Guardian e la trasmissione tv Report Zambon avrebbe denunciato all’Oms di essere stato “minacciato” da Ranieri Guerra, direttore aggiunto e membro del Cts italiano, al fine di modificare il rapporto prima della pubblicazione. Perché? Tra le varie critiche all’Italia, denunciava che il nostro Paese non ha mai aggiornato il suo piano pandemico, limitandosi a “riconfermare nel 2017” quello elaborato nel 2006.
“Non fatemi casino su questo – si legge in una mail di Guerra al ricercatore datata 11 maggio –. Stasera andiamo sui denti di Report e non possiamo essere suicidi (…) Adesso blocco tutto (…). Così non può uscire. Evitate cazzate. Grazie e scusa il tono. Ranieri”. Pochi giorni dopo il rapporto è stato pubblicato sul sito web dell’organizzazione, ma nel giro di un giorno è sparito dai radar. L’Oms sostiene di averlo ritirato perché conteneva “inesattezze”e Guerra nega di aver fatto alcun tipo di pressione. Secondo la trasmissione di Rai 3, invece, si è trattato di un tentativo di insabbiare tutto per non creare imbarazzi politici in Italia. Il motivo è che il direttore aggiunto dell’Oms dal 2014 al 2017 è stato direttore generale per la Prevenzione del ministero della Salute italiano, quindi gli aggiornamenti del piano pandemico, in quegli anni, spettavano anche a lui.
A tornare sul caso, nelle ultime ore, è stato anche il viceministro M5s Pierpaolo Sileri, il quale ha puntato il dito contro la “sciatteria” dei dirigenti ministeriali per la mancata revisione del piano. È colpa loro, ha spiegato in un’intervista a La Verità, se negli ultimi 15 anni nulla si è fatto per prepararsi a eventuali pandemie, nonostante la “decisione 1082 del Parlamento Ue” del 2013 che ha imposto ai governi di dotarsi di un piano ad hoc e i “quattro richiami” fatti dall’Oms nel 2018. Sileri ha quindi chiesto le dimissioni del segretario generale del ministero, Giuseppe Ruocco, ma ha tirato in ballo anche Guerra. Nel suo libro ‘Covid segreto. Tutto quello che non sapete sulla pandemia‘ (Paper First editore), ha scritto che “a febbraio la task force” istituita al ministero della Salute “analizzava l’ultimo piano pandemico, varato nel 2009”, si legge nel volume. “Durante queste riunioni si decidevano le nostre azioni. Si cercava poi di analizzare soprattutto la funzionalità dell’ultimo Piano pandemico, varato nel 2009 quando ancora era presente Ranieri Guerra, ora all’Oms come vicedirettore, e che risaliva al periodo del ministro Fazio, quando abbiamo avuto l’epidemia da H1N1. Purtroppo dal 2010 non c’erano stati aggiornamenti”.