Ultima riunione del 2020 per la Federal Reserve, la banca centrale statunitense. L’appuntamento cade in periodo particolarmente delicato, mentre è in corso il passaggio di testimone alla Casa Bianca e la pandemia continua a infliggere danni umani, sociali ed economici. Come previsto la Fed ha lasciato invariato, e sul minimo storico, il livello dei tassi tra 0 e 0,25% (in questo caso il tasso con cui le banche si scambiano tra loro le riserve depositate presso la Fed che, a cascata, influenza l’interesse di tutti i tipi di prestiti). Il programma di acquisto titoli verrà invece portato avanti su valori attuali (120 miliardi di dollari al mese) fino a quando non ci saranno “sostanziali” progressi sul fronte dell’occupazione e dell’inflazione. La pandemia crea “considerevoli rischi” nel medio termine, afferma la banca centrale assicurando che manterrà una politica monetaria accomodante fino al raggiungimento dei suoi obiettivi. La Fed ha rivisto in meglio le stime di crescita per l’economia americana nel 2021, quando il Pil è atteso crescere del 4,2% a fronte del 3,2% inizialmente stimato. Il 2020 si chiuderà con un pil in calo del 2,4%. Il tasso di disoccupazione negli Usa si attesterà al 6,7% nel 2020 per poi calare al 5% nel 2021 e al 4,2% nel 2022.

Gli investitori speravano soprattutto di avere dalla riunione indicazioni più precise sulla linea di politica monetaria che la Fed intende seguire nei prossimi mesi. Dopo gli annunci gli indici di Wall Street hanno virato al ribasso salvo poi assestarsi intorno alla parità. L’attesa era stata vissuta con un certo ottimismo. Il dollaro ha perso nuovamente terreno nei confronti dell’euro deprezzandosi dello 0,2% (il calo dell’ultimo anno è di quasi il 10%). Una politica più espansiva della banca centrale statunitense (quindi estensione del programma di acquisti titoli che vengono pagati con nuova moneta di cui aumenta la quantità sul mercato) avrebbe l’effetto di indebolire ulteriormente la valuta statunitense. Il rovescio della medaglia sono le spinte inflazionistiche che queste politiche possono generare ma, al momento, la situazione dei prezzi statunitensi non sembra destare preoccupazioni.

Le borse europee hanno chiuse tutte con il segno più. Francoforte la migliore con un + 1,5%. Londra ha chiuso in rialzo di quasi lo 0,9%, Parigi dello 0,3%. Milano si è fermata ad un + 0,2%. Protagonista della giornata il bitcoin che ha sfondato quota 20mila dollari a pezzo. Negli ultimi due mesi il valore della moneta digitale è più che raddoppiato. Anche questo nuovo slancio potrebbe essere visto in funzione di attese per una politica Fed più espansiva.

La giornata è stata surriscaldata dalle accuse del Tesoro statunitense a Svizzera e Vietnam. Secondo Washington i due paesi manipolano le loro monete. Ossia le tengono artificiosamente sottovalutate nei confronti del dollaro per favorire le loro esportazioni verso gli Usa. La banca centrale svizzera ha replicato che il paese non fa manipolazioni valutarie. L’autorità monetaria elvetica ha spiegato che gli interventi sul mercato dei cambi “non mirano a impedire gli aggiustamenti della bilancia dei pagamenti o ad ottenere un vantaggio concorrenziale ingiustificato per l’economia svizzera”. Al contrario, precisa la banca , “la politica monetaria svizzera ha bisogno di questi interventi per garantire condizioni monetarie adeguate e quindi la stabilità dei prezzi in Svizzera”.

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