Parole di estrema onestà intellettuale: è così che vanno interpretate le ultime dichiarazioni rese da Akio Toyoda, capo supremo della Toyota e presidente della Japan Automobile Manufacturers Association. Nel corso di una conferenza, Toyoda lo ha detto chiaro e tondo: “I veicoli elettrici sono sopravvalutati” e godono di un “eccessivo clamore”, non giustificato né a livello ambientale né a livello economico.
Parole pesanti come un macigno, che arrivano dal capo di uno dei principali costruttori del pianeta, da anni impegnato nella decarbonizzazione attraverso la tecnologia ibrida, di cui è stato inventore ed è principale fautore. Ed è bene precisare che non ci sono conflitti di interessi in ballo: Toyota, infatti, ha già in gamma veicoli 100% elettrici e prevede una massiccia offensiva di modelli a elettroni, composta da 10 modelli che in Europa arriveranno da qui al 2025. Peraltro, l’azienda è fra i pochissimi fabbricanti di auto al mondo a investire pure nell’elettrico alimentato a idrogeno.
Contro chi punta il dito Akio Toyoda, quindi? Contro chi sostiene ciecamente la causa dell’auto elettrica alimentato a batteria senza valutarne il reale impatto ambientale, ben lontano dall’essere zero. Una questione che hanno già messo in evidenza Mate Rimac e Thomas Ingenlath, amministratore delegato di Polestar (marchio di lusso nato da una costola della Volvo).
In particolar modo, il problema risiede nelle emissioni di anidride carbonica generate dalla produzione di elettricità – sia quella che alimenta i veicoli sia quella necessaria per fabbricare le loro batterie, le stesse che hanno un grosso impatto sull’ecosistema – e nei costi sociali della transizione energetica, che oltretutto non sono ricompensati da benefici climatici.
Il presidente della Toyota, poi, ha sottolineato come l’attuale rete elettrica giapponese non sarebbe in grado di sostenere un parco circolante completamente composto da auto a batteria e che l’adeguamento dell’infrastruttura costerebbe allo Stato investimenti fino a circa 300 miliardi di euro. “Quando i politici dicono ‘liberiamoci di tutte le auto che usano la benzina’, capiscono cosa significa?”.
È bene ricordare, comunque, che in Giappone la produzione di elettricità è ancora fortemente legata al carbone e al gas naturale. Ma i combustibili fossili sono anche alla base dell’approvvigionamento energetico in Usa ed Europa (nel Vecchio Continente la quota di energia derivante dal termoelettrico ammonta a circa il 45% del totale, mentre un 12% deriva dal nucleare, che non è considerata una fonte rinnovabile).
In altri termini, se la generazione di elettricità non è “carbon neutral”, non possono esserlo nemmeno le auto elettriche. Anzi, “più veicoli elettrici produciamo, più salgono le emissioni di anidride carbonica”, sostiene Toyoda: e ciò è legato soprattutto alle batterie che, in fase di produzione, fanno quasi raddoppiare le emissioni totali di CO2 di un’auto elettrica rispetto a quelle generate per la fabbricazione di un’auto termica o ibrida.
Da qui, la necessità di rendere green la produzione di elettricità e adeguare le infrastrutture prima di costringere il pubblico a comprare auto a emissioni zero. La troppa foga nella transizione rischia, infatti, di “far collassare l’attuale modello di business dell’industria automobilistica”, determinando la perdita di milioni di posti di lavoro e di rendere la mobilità un lusso per pochi. Concetti su cui riflettere profondamente.