Non è stata una bella settimana per Google e siamo solo a giovedì. Oggi trentotto stati americani hanno accusato la società di condotta anticoncorrenziale. Ieri dieci stati hanno fatto causa contro il colosso per abusi, insieme a Facebook, nel mercato della pubblicità on line. Martedì la commissione Ue ha presentato le nuove regole, più severe, per i big del web. Google, forte dei suoi 1.200 miliardi di dollari di capitalizzazione, sarà comunque presumibilmente in grado di assorbire i colpi senza vacillare troppo. Tanto che il titolo in borsa non ha subito contraccolpi esagerati. I 38 stati sostengono che Google abbia tenuto un comportamento “illegale per mantenere il suo monopolio nei servizi di ricerca. Google ha privato i consumatori di quella concorrenza che avrebbe portato a una maggiore scelta e una maggiore innovazione”. Così il procuratore di New York, Letitia James.
L’azione legale avviata ieri da dieci stati Usa accusa invece di aver lavorato in sinergia con Facebook, per eliminare i concorrenti dal mercato pubblicitario. Ben svegliati. Facebook e Google controllano oggi l’84% del mercato della pubblicità on line. Insieme gestiscono anche YouTube, Instagram e Whatsapp. Negli scorsi anni le autorità hanno approvato tutte queste acquisizioni e altre ancora. Compresa l’acquisizione da parte di Google di DoubleClick e AdMob i due principali concorrenti nel campo della pubblicità in rete. Due mesi fa il dipartimento di Giustizia Usa e 11 stati avevano accusato Google di usare la sua forza di quasi monopolista per boicottare motori di ricerca in rete alternativi al suo “Chrome”.
Google ha definito la causa “senza fondamento”, affermando che: “I prezzi degli annunci digitali sono diminuiti negli ultimi dieci anni. Anche le tariffe per la tecnologia pubblicitaria stanno diminuendo e quelle di Google sono inferiori alla media del settore. Questi sono i tratti distintivi di un settore altamente competitivo”. Secondo chi accusa, Google domina il mercato americano al 90% e approfitta di questa posizione per fissare prezzi in maniera arbitraria.
Una causa simile è stata avviata la scorsa settimana da Antitrust e 48 stati Usa nei confronti di Facebook poiché avrebbe svolto pratiche anticoncorrenziali con l’acquisizione di Instagram e Whatsapp. A suo tempo i regolatori approvarono l’acquisto di Instagram spiegando che non si trattava di un social media e che una raccolta di foto sarebbe stata difficilmente monetizzabile. Non sembra del tutto priva di fondamento la replica del gruppo di Mark Zuckerberg: “Revisionisti, anni fa furono loro ad autorizzare queste acquisizioni”.
Martedì scorso la commissione Ue ha presentato la nuova normativa antitrust per i colossi della rete. In caso di violazioni le sanzioni potranno raggiungere fino al 10% del fatturato globale di una società, se ripetute potrebbero portare anche ad uno scorporo forzato di attività. Il nuovo regolamento non sarà però in vigore prima di due anni e potrebbe subire correzioni durante il suo iter parlamentare.