L’Ungheria ha violato il diritto dei migranti di accedere alle richieste di protezione internazionale. Lo si legge nella sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea che è di nuovo tornata a deliberare sulle politiche anti-immigrazione del primo ministro Viktor Orban. “L’Ungheria – si legge nel documento prodotto dai giudici di Lussemburgo – è venuta meno agli obblighi del diritto dell’Unione in materia di procedure di riconoscimento della protezione internazionale e di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”. In particolare, ha violato il diritto dell’Ue per “la limitazione dell’accesso alla procedura di protezione internazionale, il trattenimento irregolare dei richiedenti in zone di transito nonché la riconduzione in una zona frontaliera di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, senza rispettare le garanzie della procedura di rimpatrio“.
Una sentenza, quella della Corte, che arriva dopo il ricorso per inadempimento presentato dalla Commissione Ue che si riferiva in particolar modo alla situazione lungo il confine serbo-ungherese, dove dal 2017 le persone che riuscivano ad attraversare la recinzione fatta costruire dall’esecutivo di Budapest venivano trattenute in zone cuscinetto alla frontiera, in container dove non venivano rispettate le suddivisioni tra uomini, donne e bambini e dove la distribuzione del cibo avveniva in maniera irregolare, con persone che sono rimaste senza mangiare per giorni.
L’Ungheria, continuano i giudici, “è venuta meno al proprio obbligo di garantire un accesso effettivo alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, in quanto i cittadini di Paesi terzi che desideravano accedere, a partire dalla frontiera serbo-ungherese, a tale procedura si sono trovati di fronte, di fatto, alla quasi impossibilità di presentare la loro domanda“. Budapest ha anche violato le direttive Ue imponendo “l’obbligo imposto ai richiedenti protezione internazionale di rimanere in una zona di transito durante l’intera procedura di esame della loro domanda”, che “costituisce un trattenimento”. Infine, è stata violata la direttiva sul rimpatrio, “in quanto la normativa ungherese consente di allontanare i cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno nel territorio è irregolare senza rispettare preventivamente le procedure e le garanzie previste da tale direttiva”.
Le condizioni in cui venivano trattenuti i migranti arrivati nel Paese aveva convinto la Commissione, nel 2019, ad aprire una procedura d’infrazione nei confronti del governo ungherese. Un provvedimento appoggiato dalla stessa Corte di Giustizia Ue con la decisione del maggio scorso con cui i giudici avevano stabilito che il trattenimento dei migranti al confine era a tutti gli effetti una “detenzione” in violazione del diritto Ue. Così, da Lussemburgo avevano invitato il governo Orban di liberare immediatamente tutti i migranti trattenuti. Appena una settimana dopo la decisione della Corte, l’Ungheria aveva deciso così di chiudere i campi al confine.