Processare Tiziano Renzi per traffico di influenze illecite e turbativa d’asta. È la richiesta avanzata dalla procura di Roma, che vuole il rinvio a giudizio del papà dell’ex presidente del consiglio e di altre 11 persone coinvolte in uno dei filoni della maxinchiesta sul caso Consip. I pm hanno chiesto il processo anche per Denis Verdini, per l’imprenditore Alfredo Romeo e per l’ex parlamentare Italo Bocchino.
Le dodici richieste di processo – Per l’ex senatore di Forza Italia, in carcere da alcune settimane dopo una condanna definitiva per bancarotta, si contesta turbativa d’asta e concussione. Nei confronti di Romeo il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi contestano il traffico di influenze illecite, corruzione e turbativa d’asta mentre per Bocchino le accuse sono di influenze illecite, turbativa d’asta e di reati tributari. I magistrati di piazzale Clodio hanno sollecitato il processo anche per l’imprenditore Carlo Russo, amico di Tiziano Renzi, per turbativa d’asta ed estorsione, per l’ex ad di Grandi stazioni Silvio Gizzi, accusato di turbativa d’asta, per l’ex ad di Consip Domenico Casalino, con l’ipotesi di traffico di influenze illecite e turbativa d’asta, e per Francesco Licci per traffico d’influenze illecite. Infine chiesto rinvio a giudizio per l’ex parlamentare di Ala (il partito fondato da Verdini per sostenere il governo Renzi) Ignazio Abbrignani accusato turbativa d’asta e concussione. Stesse contestazioni per l’imprenditore Ezio Bigotti.
Le indagini riaperte per ordine del gup – La maggior parte delle accuse riguarda essenzialmente due gare bandite tra il 2015 e il 2016 dalla centrale appalti della pubblica amministrazione: la Fm4 che valeva 2,7 miliardi e quella da alcune decine di milioni per i servizi di pulizia. A chiedere nuove indagini era stato, nel febbraio scorso, il gip Gaspare Sturzo che aveva parzialmente respinto la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura. Chiedendo nuove indagini su Renzi, il giudice per l’indagine preliminare aveva sollecitato pure l’iscrizione nel registro di Verdini, Abbrignani e del’imprenditore Bigotti. I tre sono finiti sotto inchiesta per la presunta turbativa della gara Consip Fm4. Il gip chiedeva di indagare anche sulle presunte pressioni su Luigi Marroni, all’epoca amministratore delegato della centrale acquisiti della pubblica amministrazione. Il 7 ottobre scorso agli indagati era stato notificato l’avviso di chiusura indagini, un atto che di solito prelude alla richiesta di rinvio a giudizio: così è stato.
Le contestazioni contenute nell’avviso conclusione indagini – Nell’avviso di conclusione delle indagini si leggeva e che Romeo, Bocchino, Renzi, Ricci e Casalino sono indagati per traffico d’influenze in concorso perché “Russo (per il quale si procede separatamente ndr), agiva in accordo con Tiziano Renzi, sfruttando relazioni esistenti con Marroni, ottenute anche per il tramite del concorrente nel reato Renzi, come prezzo della propria mediazione illecita, costituita dall’istigare Marroni al compimento di atti contrari al proprio ufficio, consistenti nell’intervenire sulla commissione aggiudicatrice della gara Fm4, ed in particolare sul presidente Licci, anche per il tramite di Casalino, per facilitare la Romeo Gestioni, mediante l’innalzamento del punteggio tecnico nella fase in corso di valutazione tecnica dei progetti. In cambio secondo l’accusa si faceva dare da “Romeo, il quale agiva in accordo con Bocchino, utilità consistite nella stipula di un contratto di lavoro a favore di Martella Monia (non indagata ndr), sorella della propria compagna Martella Serafina (non indagata ndr), numerose ospitalità negli hotel di proprietà del gruppo Romeo, nonché si faceva promettere denaro in nero per sé e per Renzi Tiziano, nonché promettere la stipula di un contratto di consulenza”. Gli stessi indagati per gli stessi fatti sono accusati di aver turbato la procedura competitiva, cioè quel lotto della gara Fm4. Un’altra contestazione di traffico d’influenze a Romeo, Bocchino e Renzi era legata al fatto che i tre “sfruttando relazioni esistenti con Gizzi – Presidente della commissione di gara indetta da tale società per i servizi di pulizia, a cui partecipava anche la Romeo gestioni – relazioni ottenute anche per il tramite di Gentile Maurizio, ad di Rfi, a sua volta sollecitato da Renzi Tiziano – come prezzo della propria mediazione illecita, costituita dal convincere Gizzi a favorire la Romeo gestioni, si faceva promettere da Romeo utilità consistenti in somme di denaro periodiche”. A quest’accusa è legata anche la turbativa d’asta visto che Russo, Romeo, Bocchino, Gizzi e Renzi “in concorso tra loro, mediante collusione consistente in accordi, intesi a condizionare la gara per servizi di pulizie, favorendo le ragioni della partecipante Romeo gestioni nella disamina di anomalie dell’offerta e nella fase di richiesta di chiarimenti”.
Le accuse a Verdini – La turbativa d’asta a Verdini, Abbrignani, Bigotti e Romeo era riassunta così nell’avviso di conclusione indagini: “Per conto della Cofely, turbavano la gara Consip FM4 ancora nella fase delle valutazioni delle offerte ( che avrebbe visto detta società prima in graduatoria per il lotto 10), offrendo un accordo a Romeo Alfredo concorrente nella medesima gara anche per lo stesso lotto per rilevare la Conversion & Lighting srl, controllata da Bigotti, che avrebbe permesso a Romeo di ottenere un 30% dei lavori assegnati a Cofely nell’ambito del suddetto lotto”. La concussione a Verdini è contestata perché “all’epoca era sostenitore della maggioranza di governo“, cioè quello guidato da Matteo Renzi, “e come tale in grado di richiedere, nel contesto delle politiche connesse alle nomine in enti pubblici da parte del governo, la conferma o meno, nonché la nomina o meno, di persone ritenute fedeli alle proprie posizioni, costringeva Marroni – ad di Consip società pubblica i cui vertici vengono designati proprio dal governo– ad erogare a Bigotti l’utilità consistita nell’incontrarlo ed ascoltarlo in quanto interessato a conoscere notizie riservate sulla gara FM4- ed a sollecitare una minore resistenza di Consip nei contenziosi pendenti con le società riferibili al medesimo Bigotti. Stesso reato viene contestato ad Abbrignani che “su indicazione di Verdini aveva precedentemente incontrato Marroni a cui aveva fatto pressioni, a favore della società Cofely partecipante alla gara FM4 ed in rapporto con le società di Bigotti, per l’affidamento del lotto 10, a cui aveva fatto seguito il riferimento, da parte di Verdini a tale incontri e di come Abbrignani avesse a lui riferito che lo stesso Marroni “stava facendo un buon lavoro“, manifestando la sua soddisfazione sicché lo avrebbe favorito per ulteriori prestigiose nomine“.
Le minacce all’ex ad di Consip – L’estorsione contestata a Russo, infine, è legata alle “minacce profferite nei confronti di Marroni consistite nel rappresentargli che, in caso non fosse intervenuto illecitamente sulla Commissione di gara di FM4, al fine di far attribuire un maggior punteggio tecnico all’offerta presentata dalla Romeo gestioni spa, facente capo a Romeo Alfredo (fine che lo stesso si era impegnato ad ottenere a fronte della promessa formulata da Romeo Alfredo di indebite utilità), sarebbero intervenuti Renzi Tiziano e Verdini Denis, persone che per ruolo relazioni e molo potevano farlo licenziare da Consip, poneva in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco, a costringerlo a fare suddetto illecito intervento, non riuscendo nell’intento per la resistenza dello stesso Marroni”.
Giustizia & Impunità
Consip, la procura di Roma chiede il processo per Tiziano Renzi e altre 11 persone: c’è anche Verdini
Il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi vogliono processare il padre dell'ex presidente del consiglio per traffico di influenze illecite e turbativa d’asta. I pm hanno chiesto il processo anche per l'ex senatore di Forza Italia, per l’imprenditore Alfredo Romeo e per l’ex parlamentare Italo Bocchino
Processare Tiziano Renzi per traffico di influenze illecite e turbativa d’asta. È la richiesta avanzata dalla procura di Roma, che vuole il rinvio a giudizio del papà dell’ex presidente del consiglio e di altre 11 persone coinvolte in uno dei filoni della maxinchiesta sul caso Consip. I pm hanno chiesto il processo anche per Denis Verdini, per l’imprenditore Alfredo Romeo e per l’ex parlamentare Italo Bocchino.
Le dodici richieste di processo – Per l’ex senatore di Forza Italia, in carcere da alcune settimane dopo una condanna definitiva per bancarotta, si contesta turbativa d’asta e concussione. Nei confronti di Romeo il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi contestano il traffico di influenze illecite, corruzione e turbativa d’asta mentre per Bocchino le accuse sono di influenze illecite, turbativa d’asta e di reati tributari. I magistrati di piazzale Clodio hanno sollecitato il processo anche per l’imprenditore Carlo Russo, amico di Tiziano Renzi, per turbativa d’asta ed estorsione, per l’ex ad di Grandi stazioni Silvio Gizzi, accusato di turbativa d’asta, per l’ex ad di Consip Domenico Casalino, con l’ipotesi di traffico di influenze illecite e turbativa d’asta, e per Francesco Licci per traffico d’influenze illecite. Infine chiesto rinvio a giudizio per l’ex parlamentare di Ala (il partito fondato da Verdini per sostenere il governo Renzi) Ignazio Abbrignani accusato turbativa d’asta e concussione. Stesse contestazioni per l’imprenditore Ezio Bigotti.
Le indagini riaperte per ordine del gup – La maggior parte delle accuse riguarda essenzialmente due gare bandite tra il 2015 e il 2016 dalla centrale appalti della pubblica amministrazione: la Fm4 che valeva 2,7 miliardi e quella da alcune decine di milioni per i servizi di pulizia. A chiedere nuove indagini era stato, nel febbraio scorso, il gip Gaspare Sturzo che aveva parzialmente respinto la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura. Chiedendo nuove indagini su Renzi, il giudice per l’indagine preliminare aveva sollecitato pure l’iscrizione nel registro di Verdini, Abbrignani e del’imprenditore Bigotti. I tre sono finiti sotto inchiesta per la presunta turbativa della gara Consip Fm4. Il gip chiedeva di indagare anche sulle presunte pressioni su Luigi Marroni, all’epoca amministratore delegato della centrale acquisiti della pubblica amministrazione. Il 7 ottobre scorso agli indagati era stato notificato l’avviso di chiusura indagini, un atto che di solito prelude alla richiesta di rinvio a giudizio: così è stato.
Le contestazioni contenute nell’avviso conclusione indagini – Nell’avviso di conclusione delle indagini si leggeva e che Romeo, Bocchino, Renzi, Ricci e Casalino sono indagati per traffico d’influenze in concorso perché “Russo (per il quale si procede separatamente ndr), agiva in accordo con Tiziano Renzi, sfruttando relazioni esistenti con Marroni, ottenute anche per il tramite del concorrente nel reato Renzi, come prezzo della propria mediazione illecita, costituita dall’istigare Marroni al compimento di atti contrari al proprio ufficio, consistenti nell’intervenire sulla commissione aggiudicatrice della gara Fm4, ed in particolare sul presidente Licci, anche per il tramite di Casalino, per facilitare la Romeo Gestioni, mediante l’innalzamento del punteggio tecnico nella fase in corso di valutazione tecnica dei progetti. In cambio secondo l’accusa si faceva dare da “Romeo, il quale agiva in accordo con Bocchino, utilità consistite nella stipula di un contratto di lavoro a favore di Martella Monia (non indagata ndr), sorella della propria compagna Martella Serafina (non indagata ndr), numerose ospitalità negli hotel di proprietà del gruppo Romeo, nonché si faceva promettere denaro in nero per sé e per Renzi Tiziano, nonché promettere la stipula di un contratto di consulenza”. Gli stessi indagati per gli stessi fatti sono accusati di aver turbato la procedura competitiva, cioè quel lotto della gara Fm4. Un’altra contestazione di traffico d’influenze a Romeo, Bocchino e Renzi era legata al fatto che i tre “sfruttando relazioni esistenti con Gizzi – Presidente della commissione di gara indetta da tale società per i servizi di pulizia, a cui partecipava anche la Romeo gestioni – relazioni ottenute anche per il tramite di Gentile Maurizio, ad di Rfi, a sua volta sollecitato da Renzi Tiziano – come prezzo della propria mediazione illecita, costituita dal convincere Gizzi a favorire la Romeo gestioni, si faceva promettere da Romeo utilità consistenti in somme di denaro periodiche”. A quest’accusa è legata anche la turbativa d’asta visto che Russo, Romeo, Bocchino, Gizzi e Renzi “in concorso tra loro, mediante collusione consistente in accordi, intesi a condizionare la gara per servizi di pulizie, favorendo le ragioni della partecipante Romeo gestioni nella disamina di anomalie dell’offerta e nella fase di richiesta di chiarimenti”.
Le accuse a Verdini – La turbativa d’asta a Verdini, Abbrignani, Bigotti e Romeo era riassunta così nell’avviso di conclusione indagini: “Per conto della Cofely, turbavano la gara Consip FM4 ancora nella fase delle valutazioni delle offerte ( che avrebbe visto detta società prima in graduatoria per il lotto 10), offrendo un accordo a Romeo Alfredo concorrente nella medesima gara anche per lo stesso lotto per rilevare la Conversion & Lighting srl, controllata da Bigotti, che avrebbe permesso a Romeo di ottenere un 30% dei lavori assegnati a Cofely nell’ambito del suddetto lotto”. La concussione a Verdini è contestata perché “all’epoca era sostenitore della maggioranza di governo“, cioè quello guidato da Matteo Renzi, “e come tale in grado di richiedere, nel contesto delle politiche connesse alle nomine in enti pubblici da parte del governo, la conferma o meno, nonché la nomina o meno, di persone ritenute fedeli alle proprie posizioni, costringeva Marroni – ad di Consip società pubblica i cui vertici vengono designati proprio dal governo– ad erogare a Bigotti l’utilità consistita nell’incontrarlo ed ascoltarlo in quanto interessato a conoscere notizie riservate sulla gara FM4- ed a sollecitare una minore resistenza di Consip nei contenziosi pendenti con le società riferibili al medesimo Bigotti. Stesso reato viene contestato ad Abbrignani che “su indicazione di Verdini aveva precedentemente incontrato Marroni a cui aveva fatto pressioni, a favore della società Cofely partecipante alla gara FM4 ed in rapporto con le società di Bigotti, per l’affidamento del lotto 10, a cui aveva fatto seguito il riferimento, da parte di Verdini a tale incontri e di come Abbrignani avesse a lui riferito che lo stesso Marroni “stava facendo un buon lavoro“, manifestando la sua soddisfazione sicché lo avrebbe favorito per ulteriori prestigiose nomine“.
Le minacce all’ex ad di Consip – L’estorsione contestata a Russo, infine, è legata alle “minacce profferite nei confronti di Marroni consistite nel rappresentargli che, in caso non fosse intervenuto illecitamente sulla Commissione di gara di FM4, al fine di far attribuire un maggior punteggio tecnico all’offerta presentata dalla Romeo gestioni spa, facente capo a Romeo Alfredo (fine che lo stesso si era impegnato ad ottenere a fronte della promessa formulata da Romeo Alfredo di indebite utilità), sarebbero intervenuti Renzi Tiziano e Verdini Denis, persone che per ruolo relazioni e molo potevano farlo licenziare da Consip, poneva in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco, a costringerlo a fare suddetto illecito intervento, non riuscendo nell’intento per la resistenza dello stesso Marroni”.
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Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - "Affronterò il processo con la massima serenità e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea Regionale Siciliana. Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione. Resto fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni". Così Gianfranco Miccichè, rinviato a giudizio per l'uso dell'auto blu, commenta il processo che partirà a luglio. "Sono però amareggiato da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pm avrei arraffato quanto più possibile- dice - Nella mia vita non ho mai arraffato alcun che e su questo pretendo rispetto da parte di tutti".
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - L'ex Presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè è stato rinviato a giudizio con l'accuaa di peculato e concorso in truffa aggravata il. La prima udienza del processo si terrà il 7 luglio davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo. Secondo l'accusa il politico, ex viceministro dell'Economia, avrebbe usato l'auto blu in dotazione, in quanto ex Presidente dell'Ars, per fini personali. In particolare avrebbe usato, non per fini istituzionali, l’Audi della Regione, per una trentina di volte, tra marzo e novembre del 2023, anche per fare visite mediche, e persino per andare dal veterinario con il gatto. Avrebbe fatto salire sull'auto anche componenti della sua segreteria e familiari.
Il suo ex autista, Maurizio Messina, che ha scelto il rito abbreviato, è stato invece condannato dal giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta a un anno e mezzo di carcere per truffa, più sei mesi con l'accusa di avere sottratto la somma che gli era stata sequestrata durante le indagini.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - La Corte di Assise di Appello di Milano ha assolto, ribaltando la sentenza a sette anni inflitta in primo grado, Salvatore Pace per il concorso nell'omicidio di Umberto Mormile, l'educatore del carcere di Opera ammazzato l'11 aprile 1990. Il delitto fu rivendicato dalla Falange Armata, organizzazione terroristica sulla quale gravitavano mafiosi, 'ndranghetista e componenti dei servizi segreti deviati. Mormile, 34 anni, venne assassinato a Carpiano, nel Milanese, mentre andava al lavoro, quando due individui in sella a una moto esplosero contro di lui sei colpi di pistola. Secondo l'accusa, Pace, 69 anni, diventato collaboratore di giustizia, si sarebbe messo a disposizione dei mandanti dell'omicidio. "Attendo di leggere le motivazioni" è il commento dell'avvocato Fabio Rapici, legale di alcuni dei familiari della vittima.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - La Difesa europea non salva il Pd. Anzi, lo spacca. A Strasburgo, al momento del voto sul piano ReArmEu, gli europarlamentari dem si sono divisi: 10 favorevoli e 11 astenuti. Non un banale testa a testa, che già sarebbe una notizia, ma una spaccatura politica. La prima, almeno così evidente, nella gestione di Elly Schlein. I riformisti dem, infatti, si sono tutti schierati per il sì. Mentre sino all'ultimo istante il capo delegazione Nicola Zingaretti ha lavorato per portare il gruppo sull'astensione in modo da disinnescare ogni tentazione a votare no. Ma la frattura non si è ricomposta.
Dopo il voto, la segretaria dem ha tenuto il punto, confermando le "molte critiche" avanzate su ReArmEu: "Quel piano va cambiato" e per farlo "continueremo a impegnarci ogni giorno", ha detto tra le altre cose. Ma l'onda del voto sulla Difesa Ue è arrivata fino al Nazareno, aprendo una discussione interna al partito in cui è riemersa anche la parola 'magica' Congresso. La foto di Strasburgo, del resto, è netta. Per il sì si sono schierati Stefano Bonaccini (il presidente del partito), Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli, Raffaele Topo.
Tra gli astenuti Zingaretti, Lucia Annunziata, Brando Benifei, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessandro Zan. Dalle tabelle dell'aula emerge tra l'altro che nel gruppo S&D gli unici ad astenersi sono stati gli italiani più un bulgaro, un irlandese e uno sloveno. Per non farsi mancare nulla, c'è stato anche il 'giallo' Annunziata, inizialmente conteggiata tra i sì e poi conteggiata come astenuta.
(Adnkronos) - Mentre a Strasburgo i più maliziosi hanno enfatizzato non solo la presenza di Nardella tra gli astenuti, ma soprattutto quella di Strada e Tarquinio: apertamente contrari al Piano Ue, alla vigilia erano dati certi tra i no. "C'è stato l'aiutino per non far vincere il sì", ha valutato un eurodeputato dem. Lo stesso Tarquinio, del resto, a Un giorno da pecora ha ammesso: "Se avessi votato no sarebbe mancato quel po' di più che ha consentito alla delegazione Pd di avere la maggioranza pro Elly Schlein".
"E' stata sconfitta la linea dell'astensione? E' stato sconfitto il no, perché si partiva dal no", è stata la valutazione di Lia Quartapelle. La deputata dem è stata tra quelli che hanno subito chiesto l'apertura di un confronto interno. "Dobbiamo dimostrarci all'altezza. Il Pd, un grande partito, deve argomentare dove vuole stare con una discussione che sino ad oggi non c'è stata", ha spiegato. Sulla stessa linea Piero Fassino e anche Marianna Madia: "Abbiamo la necessità di discutere e capire. Non possiamo fare tutto questo stando zitti o con un mezzo voto. Congresso o Direzione? Va bene tutto, basta che ci sia una discussione", ha detto la deputata.
Ai riformisti ha risposto Laura Boldrini: "Mi sarei aspettata che il gruppo del Pd al Parlamento europeo votasse compatto sull'astensione, che è la strada trovata dalla segretaria Schlein. Non è il momento di alimentare divisioni". Ma anche nell'area di maggioranza interna non è mancata la chiamata al confronto: "E' giusto che ci sia una discussione seria. E' una responsabilità che abbiamo tutti ed è interesse della segretaria, che io sostengo, che questa discussione si faccia nelle forme e con la rapidità necessarie", ha detto Gianni Cuperlo. Mentre è stato Andrea Orlando a chiedere un Congresso tematico: "Potrebbe essere utile anche per portare la discussione fuori dal solo gruppo dirigente" e per "chiarirsi le idee".
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "Morte naturale per infarto". Sono questi i primi risultati dell'autopsia per Carmine Gallo, l'ex super poliziotto protagonista della lotta contro la criminalità organizzata a Milano e ai domiciliari dallo scorso ottobre per l'inchiesta Equalize sui presunti dossier illeciti, morto domenica nella sua abitazione a Garbagnate Milanese. Si tratta dei primi riscontri dei medici legali, poi "arriveranno i tossicologici" chiesti in via precauzionale per escludere qualsiasi altra causa.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - "Il libro di Follini rappresenta la foto di un mondo rovesciato rispetto al presente, un’America rovesciata, ieri prevaleva il senso della misura e il ragionamento, oggi prevale il populismo”. Lo ha detto il deputato del Pd Stefano Graziano presentando in conferenza stampa a Montecitorio il libro di Marco Follini 'Beneficio d’inventario'.
"Centrale è la parte che racconta della vita politica all’epoca del padre di Marco Follini, Vittorio, e dei leader politici del tempo da Francesco Cossiga, ad Aldo Moro, passando per Marco Pannella. Non tutti avevano la stessa idea politica ma erano tutti uniti nella forza di voler difendere la democrazia, una democrazia ottenuta con lotte, sangue, catastrofi e quindi seppur lontani politicamente, erano uniti dal dialogo. Una differenza abissale con l’Italia di oggi pericolosamente in mano ai sovranisti, dove tutto è concepito fuorché il dialogo. Forse questo abisso non è solo italiano ma sta prevalendo in tutto l’Occidente e la cosa è abbastanza preoccupante”, ha aggiunto Graziano.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "La manovra repentina, improvvisa e del tutto imprevedibile, frutto certamente di una decisione di decimi di secondo attuata dal conducente del motoveicolo TMax non ha consentito al conducente del veicolo Giulietta di poter attuare alcuna manovra difensiva efficace". E' quanto sostiene la consulenza cinematica disposta dalla Procura di Milano e affidata all'ingegnere Domenico Romaniello. La relazione attribuisce la responsabilità dell'incidente a Fares Bouzidi, già indagato per omicidio stradale, l’amico di Ramy Elgaml che guidava lo scooter. Quando lo scooter da via Ripamonti svolta a sinistra verso via Quaranta, "con una deviazione improvvisa", per il consulente Fares imprime "una correzione di rotta verso destra", in direzione del marciapiede, e il carabiniere alla guida "non poteva certamente prevedere tale pericolosissima manovra e nulla ha potuto fare per evitare tale contatto, in ragione della impossibilità di poter attuare sia una correzione di rotta, sia una frenata efficace nello spazio a disposizione".
Non solo: il militare alla guida "non avrebbe altresì potuto neanche sterzare verso destra per la presenza del pedone (il testimone che riprende la scena con il cellulare) che per il conducente dell’autovettura è stato chiaramente percepito con la vista periferica" spiega l'ingegnere che ha realizzato la consulenza ricostruendo le condizioni di visibilità e velocità dell'inseguimento avvenuto la notte del 24 novembre scorso. Quella che mette in atto il carabiniere ora indagato per omicidio stradale (per lui si va verso la richiesta di archiviazione) è "una manovra difensiva obbligata": se lo scooter guidato da Fares avrebbe mantenuto la traiettoria 'naturale' chi guidava la Giulietta "non avrebbe sostanzialmente avuto problemi a mantenere il proprio veicolo iscritto nella curva da percorrere per la svolta a sinistra".
Quando Fares imposta la curva verso via Quaranta il T Max viaggia a una velocità di quasi 55 chilometri l'ora, quando il motociclo finisce la sua corsa contro il palo semaforico l'urto avviene a circa 33 chilometri orari. Per il consulente incaricato dalla procura la macchina che insegue, per evitare l'urto, "avrebbe dovuto disporre di uno spazio complessivo per l’arresto di circa 24 metri", mentre "il conducente aveva a disposizione circa 12 metri soltanto prima di giungere all’urto contro il palo semaforico".