Problemi diffusi di salute mentale, pensieri suicidi, bambini che hanno tentato di togliersi la vita e, in generale, condizioni disperate nei centri di accoglienza greci. A offrire questo drammatico ritratto della situazione in cui si trovano migliaia di persone è Medici Senza Frontiere che, in occasione della Giornata Internazionale dei Migranti, fornisce aggiornamenti sulla situazione delle persone in fuga da Africa, Medio Oriente e Asia lungo la cosiddetta Rotta Balcanica, chiedendo all’Unione europea e alle autorità greche di “trasferire immediatamente tutti i richiedenti asilo dai campi delle isole in una sistemazione sicura sulla terraferma”.
A quattro mesi dall’incendio che ha distrutto il più grande campo profughi d’Europa, Moria, “e nonostante le vane promesse dell’Ue, più di 15mila donne, uomini e bambini sono ancora intrappolati in condizioni disumane e insicure nei centri sulle isole greche”, scrive la ong. Gli operatori sanitari di Msf hanno riscontrato in loro “preoccupanti problemi di salute mentale. Il 60% dei pazienti a Samos ha manifestato pensieri suicidi e gli psicologi di Msf a Lesbo hanno trattato 49 casi di bambini che hanno tentato il suicidio nel corso dell’anno”.
Una situazione emergenziale che preoccupa ancora di più la ong visto che siamo alle porte dell’inverno, con le condizioni di vita che sono quindi destinate a peggiorare ulteriormente a causa delle basse temperature, con nuove ondate di coronavirus previste in tutto il continente. “Un nuovo ‘centro di accoglienza e identificazione’ è stato costruito a 5 chilometri dal campo di Vathy e un altro sarà realizzato a Lesbo, un piano che non farà altro che aumentare la sofferenza di queste persone, rendendola ancora più invisibile”, ha dichiarato Stephan Obberreit, capo missione di Msf.
“A Samos – si legge – 3.500 persone vivono in un centro da 648 posti in condizioni miserabili. La maggior parte vive in tende di fortuna nel bosco accanto al centro senza accesso a docce, né servizi igienici e ripari adeguati per proteggersi dal freddo. Dopo ogni evento critico e dannoso, come gli incendi, il recente terremoto, il lockdown, abbiamo assistito ad un incremento dei casi gravi nella nostra clinica, con un aumento decisamente preoccupante dei pensieri di suicidio e autolesionismo da parte delle persone intrappolate nel campo”, spiega Lindsay Solera-Deuchar, psichiatra di Msf a Samos. “Essere costretti a vivere in condizioni difficili per un periodo prolungato e la continua incertezza sulle richieste di asilo contribuiscono ad aggravare i problemi di salute mentale delle persone nel campo, molte delle quali hanno già vissuto eventi traumatici nel loro paese di origine o durante il loro viaggio fino in Grecia. Senza affrontare questi problemi, è impossibile assistere in modo efficace i nostri pazienti. Hanno bisogno di un ambiente sicuro e stabile per recuperare”, ha concluso l’operatrice.
Non è migliore la situazione a Lesbo, dove “più di 7mila richiedenti asilo, di cui 2.500 bambini, vivono in tende che spesso si allagano a causa delle piogge. Recentemente, il terribile episodio di una bambina di tre anni violentata nel campo dimostra la sconvolgente inadeguatezza delle misure di protezione e l’urgente bisogno di alloggi sicuri e dignitosi per i più vulnerabili. Da quando è avvenuto l’incendio e i migranti sono stati trasferiti in un nuovo campo, gli psicologi infantili di Msf continuano a notare preoccupanti sintomi tra i bambini, tra cui sonnambulismo, incubi, comportamenti regressivi, autolesionismo e idee suicidarie“. Thanasis Chirvatidis, psicologo infantile di Msf sull’isola, racconta che “tra i casi più gravi vediamo bambini che si isolano o esprimono il desiderio di porre fine alla propria vita. Vogliono stare dentro la tenda tutto il tempo, non vogliono socializzare e desiderano morire per fermare la loro sofferenza e non sentirsi più così”.