I cosiddetti cookie, porzioni di codice che vengono scambiati tra il computer e il server durante la navigazione Web, è la soluzione attuale normalmente utilizzata per archiviare e recuperare informazioni a lungo termine sul computer, per gli scopi più svariati, dalla memorizzazione delle preferenze riguardo a lingua e regione che garantiscono la corretta visualizzazione delle pagine Web, fino alla certificazione della sicurezza delle pagine stesse.

Negli ultimi anni però i cookie sono diventati famosi soprattutto come strumento di profilazione da parte delle aziende, per meglio indirizzare le proprie strategie di marketing. Una funzione che non va molto d’accordo con la privacy. Google, colosso che domina proprio nel settore delle inserzioni pubblicitarie ha così pensato di lavorare a una soluzione del tutto diversa, chiamata Privacy Sandbox, che consente di separare profilazione e privacy, garantendo così due interessi apparentemente inconciliabili.

Google ha dunque sviluppato una soluzione chiamata FLoC (Federated Learning of Cohorts), basata su machine learning e in grado di creare un profilo utente che viene però conservato unicamente sul computer locale, senza che alcun dato sia trasmesso verso i server. In questo modo i dati restano in possesso dell’utente, e quindi al sicuro, mentre il sistema può comunque profilare l’utente ai fini del marketing. Google comunque mira a trovare una soluzione condivisa con tutti gli operatori del settore, per cui Privacy Sandbox potrebbe anche essere solo un punto di partenza. L’importante comunque è aver mosso un primo passo nella direzione di separare privacy e profilazione.

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