In Spagna tra tre mesi, quando la riforma – presentata nel gennaio 2020 e approvata lo scorso 17 dicembre – entrerà in vigore, si potrà ricevere assistenza per lasciarsi morire. Ad alcune puntuali condizioni certo: in primo luogo il patimento di una malattia incurabile che causi costanti e intollerabili sofferenze psicofisiche oppure infermità invalidante con incidenza sull’autonomia fisica, senza possibilità di cura o di miglioramento. E poi paletti precisi per le pratiche burocratiche, la richiesta di esercitare il diritto “a la muerte digna” dovrà esprimersi per iscritto e in piena autonomia, andrà ripetuta a distanza di 15 giorni, non prima di specifiche informative sulla propria condizione di salute, sul processo sanitario e sui palliativi possibili.
In ipotesi di persone del tutto incapaci e prive di coscienza, dovrà estrinsecarsi in un documento preliminare di assenso o in un testamento biologico, documenti predisposti e firmati quando le condizioni mentali lo consentivano. La legge salvaguarda il diritto individuale all’obiezione di coscienza del personale sanitario, un’inchiesta recente dell’Ordine dei medici di Madrid ha messo in luce come solo il 25 per cento dei professionisti farebbe appello all’obiezione.
La Spagna fa così uno scatto in avanti sui diritti, manda in soffitta l’articolo 143 del Codice penale che metteva sullo stesso piano l’istigazione al suicidio e le pratiche di attivo accompagnamento a un “fine vita” consenziente. Si affianca ai pochissimi Paesi del mondo che già riconoscono, e regolamentano, il diritto all’eutanasia. Ristretto gruppo di nazioni (fu l’Olanda a fare da apripista) dal quale l’Italia appare ancora distante, attualmente l’eutanasia è punita dal nostro Codice penale all’articolo 579 (omicidio del consenziente) o all’articolo 580 (istigazione o aiuto al suicidio). Al contrario, il suicidio medicalmente assistito in determinati casi, come pure la sospensione delle cure – intesa come eutanasia passiva –, costituiscono diritti inviolabili ai sensi della legge 219 del 2017.
In Italia il fronte dell’opposizione all’eutanasia è ancora solido, con le gerarchie ecclesiastiche capaci di innalzare alte mura di fronte a qualsiasi tentativo di riforma, solo poche settimane fa la potente Congregazione per la Dottrina della Fede, nella Lettera “Samaritanus bonus“, ci ricordava che il suicidio assistito è un “atto illecito“, tacciando come fatto grave qualsiasi cooperazione formale o materiale.
Non meno forti, in verità, sono le resistenze in Spagna, alla legge si sono opposti il Comitato nazionale di Bioetica, molti autorevoli giuristi, oltre che la rete di organizzazioni cattoliche, prime fra tutte l’Opus Dei dotata di forti ramificazioni in suolo iberico. Articolazioni espressione di un conservatorismo politico che si traduce in naturale consenso per il Partido Popular di Pablo Casado e per l’ultradestra di Vox.
Santiago Abascal, leader della formazione sovranista, ha lasciato ad un video-messaggio le sue impressioni: “Il governo passerà alla storia per la sua ossessione per la morte”, ha dichiarato con enfasi, “ora che ha spalancato le porte all’omicidio legale”. Il pensiero di Abascal non è rappresentativo del sentimento nazionale su un tema così sensibile, tutt’altro. Anche i voti espressi sulla legge dal Congresso di Madrid (198 voti favorevoli, 138 i contrari) segnano un solco poco profondo tra fronti politici contrapposti, in verità un’indagine demoscopica condotta nel 2019 da Metroscopia, uno dei principali istituti, traccia una divisione più netta tra i poli. Ben l’87% degli spagnoli si dichiara favorevole al diritto all’eutanasia, percentuale schiacciante che fa intravedere come una larga fetta del mondo cattolico è incline alla regolamentazione in senso liberale dell’eutanasia.
La parola tra qualche tempo potrebbe passare al Tribunale costituzionale visto che l’ultradestra ha annunciato di voler “provocare” la questione di legittimità costituzionale in ordine ad una riforma che amplia di molto i diritti civili. Un percorso di certo non facile per provare a ribaltare un testo legislativo condiviso nella società, senza dimenticare che l’Alta Corte di Madrid in passato aveva manifestato aperture contro l’accanimento terapeutico dimostrando, alla stregua di altre Magistrature superiori europee, di arrivare al riconoscimento di diritti prima delle stesse assemblee legislative.