E’ scontro sui dati pubblicati dall’ufficio scolastico regionale della Sicilia sugli alunni del primo ciclo positivi al Covid. Da una parte c’è l’assessore all’istruzione regionale Roberto Lagalla che vanta il lavoro fatto, dall’altra le organizzazioni sindacali che sono “perplesse” di fronte ai numeri forniti e raccontano un’altra storia.
L’Usr della Sicilia è l’unico in Italia a fornire un quadro della situazione settimana per settimana. A livello nazionale è dal 15 ottobre che non si vede un solo numero in merito ai contagi nelle scuole. La fotografia fatta sull’isola è aggiornata al 16 dicembre scorso sulla base delle risposte trasmesse dal 96% delle scuole. Nell’infanzia su 98.134 alunni sono risultati positivi 103 bambini, un’incidenza pari allo 0,10% del totale. Alla primaria su 206.241 allievi i positivi sono 581, con un’incidenza pari allo 0,28% sul totale. Alle medie su 141.295 ragazzi, quelli con il coronavirus sono 568 (un’incidenza dello 0,40%). Manca il dato delle superiori ma dal raffronto con i dati rilevati la settimana precedente (per le scuole del primo ciclo) si evidenzia che sia per l’infanzia che per il primo ciclo il totale degli alunni positivi è in diminuzione.
Numeri che permettono all’assessore all’Istruzione della Regione Sicilia, Roberto Lagalla di essere ottimista: “Abbiamo campionato tutta la comunità scolastica in presenza. Si tratta di un dato attendibile. Il lavoro di sicurezza, prevenzione ha funzionato. Il contagio non si genera a scuola altrimenti avremmo dati negati. I contagi segnalati sono d’importazione esterna. La controprova sarà quella del rientro il 7 gennaio”. E proprio su questa data si concentra il lavoro di Palazzo d’Orleans: “Stiamo lavorando con l’assessorato alla mobilità e le nove prefetture. Valuteremo come giunta di Governo se aprire al 75% o ridurre al 50% la presenza dei ragazzi a scuola”.
A sposare le parole dell’assessore è il numero uno dell’Associazione presidi regionale, Maurizio Franzò: “Nelle scuole di fatto non c’è mai stato un focolaio. I bambini che si ammalano è per fattori esterni alle aule. E’ chiaro che i ragazzi si comportano meglio che gli adulti. La mia preoccupazione è per i mezzi di trasporto in previsione del rientro delle superiori il 7 gennaio”.
Le critiche, invece, arrivano dalle organizzazioni sindacali che non hanno in mano un monitoraggio fatto a casa loro ma hanno il riscontro dei numerosi presidi e insegnanti iscritti. La più dura è Francesca Bellia, segretaria regionale della Cisl Scuola: “Il dato fornito dall’Usr non può essere preciso ed è variabile a seconda delle comunicazioni dei dirigenti che trasmettono i numeri relativi ad una sola giornata. I presidi mi raccontano di una situazione critica e di un aumento contagi. I dati non sono verificabili, variano di giorno in giorno. Il tracciamento non funziona, l’Asl non risponde alle richieste delle scuole”. Bellia solleva anche un’altra questione, in una regione che ha una situazione occupazionale molto critica: “Molte famiglie non denunciano la positività dei figli perché mamma e papà sarebbero costretti a restare a casa. Sono famiglie monoreddito, lavorano in nero e non possono permettersi di stare in quarantena. In alcune realtà come a Messina dove è stato fatto uno screening in tutte le scuole, non tutte le famiglie hanno portato i figli a fare il tampone”.
E in previsione del 7 gennaio la segretaria della Cisl spiega: “Siamo preoccupati. Dovrebbero aumentare mezzi e corse ma si sta pensando a trovare una soluzione tampone. Serve un investimento per acquistare bus e serve diminuire la presenza in classe degli studenti dal 75% al 50%”. A sposare le parole della Cisl è anche Adriano Rizza, segretario regionale della Flc Cgil: “Abbiamo anche noi delle perplessità su questi dati dell’Usr perché sono legati ad un arco temporale ristretto. E’ difficile avere un’idea completa. Dovrebbe essere fatto un sondaggio nell’arco di un tempo più lungo”. Critico anche lui sul ritorno in aula a gennaio: “La soluzione di scaglionare entrate e uscite dalle scuole non è assolutamente pratica dal punto di vista organizzativo. Va fatta un’altra scelta: potenziare i mezzi”.