Le pulizie non venivano eseguite. E anche quando l’addetto era presente, posata la scopa si occupava pure dell’assistenza dei malati in reparti come quello di malattie infettive. All’ospedale di Cosenza c’era “un quadro allarmante soprattutto dal punto di vista igienico-sanitario”. Così il procuratore della Repubblica di Cosenza, Mario Spagnuolo, ha definito quanto è emerso dall’inchiesta che stamattina ha portato all’arresto dei funzionari e dirigenti della “Coopservice”, la società che gestiva l’appalto per i servizi di pulizia e servizi integrativi all’interno dell’ospedale cosentino.

Accogliendo la richiesta del procuratore del pm Margherita Saccà, il gip Giuseppe Greco ha disposto i domiciliari per Massimiliano Cozza, Fabrizio Marchetti, Salvatore Pellegrino e Gianluca Scorcelletti. Stando alle indagini dei carabinieri e della guardia di finanza, tutti sono accusati di truffa aggravata ai danni dello Stato e frode in pubbliche forniture. Nei loro confronti e in quelli dell’indagata Monica Fabris, inoltre, il gip ha disposto il sequestro preventivo di oltre 3 milioni di euro, la somma che secondo gli inquirenti è stata intascata per servizi ospedalieri inesistenti.

La Procura, inoltre, ha chiesto l’interdizione per altri cinque funzionari e dirigenti dell’Azienda ospedaliera ma il gip si è riservato di decidere dopo gli interrogatori di garanzia degli indagati arrestati. Con l’accusa di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale e abuso d’ufficio, la Procura di Cosenza ha inoltre iscritto nel registro degli indagati anche i vertici dell’azienda ospedaliera. Sono, infatti, indagati il direttore generale Achille Gentile e il responsabile dell’Unità operativa complessa “Gestione forniture servizi e logistica” Teodoro Gabriele per i quali i pm hanno chiesto l’interdizione della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio. Lo stesso provvedimento è auspicato nei confronti di altri tre collaboratori amministrativi dell’ospedale: Domenico Fuoco, indagato solo per abuso d’ufficio, Renato Mazzuca e Maria Giacinta accusati anche di falso. Sono indagati, infine, il direttore del Dipartimento amministrativo dell’azienda ospedaliera Giancarlo Carci e il direttore sanitario Mario Veltri.

L’inchiesta è iniziata nel 2018 in seguito a un’ispezione disposta eseguita dai carabinieri del Nucleo operativo, dai Nas e dall’ispettorato del lavoro. Da quell’accertamento erano emerse gravissime carenze igienico-sanitarie, tanto che la Procura decise di sequestrare sale operatorie e reparti ospedalieri. In sostanza, i pm si sono accorti che non venivano rispettate le condizioni contrattuali del bando indetto nel 2012 dalla Regione Calabria e vinto dalla Coopservice, la quale avrebbe dovuto garantire, con i suoi dipendenti, il servizio di pulizia dei locali ospedalieri e pure gli operatori socio sanitari di cui necessitava il nosocomio per assicurare il diritto alla salute dei pazienti.

Questo, di fatto, non avveniva poiché c’era una discrasia tra le ore di lavoro dichiarate dalla società indagata, e pagate dall’ospedale, e quelle in realtà effettuate. Il tutto avrebbe garantito alla Coopervise un indebito arricchimento realizzato attraverso le condotte degli indagati finiti agli arresti domiciliari nei loro ruoli di referenti locali e dirigenti nazionali della società. Per gli inquirenti, inoltre, i dati alterati sui turni erano favoriti dalla mancata attivazione di un software che, da contratto, la Coopservice avrebbe dovuto fornire all’azienda ospedaliera per la comunicazione delle ore e il relativo pagamento dei servizi. Ore di lavoro che, però, gli indagati facevano comunque risultare. E l’ospedale pagava senza alcun controllo e senza badare ai primari dei vari reparti che, in questi anni, si erano più volte lamentati di dover lavorare in luoghi sporchi e contestavano la qualità del servizio reso dalla Coopservice.

“Questo è il risultato dell’indagine. – è il commento del procuratore Spagnuolo – Abbiamo chiari i termini di una vicenda che non è di facile comprensione. Con questi meccanismi si erode l’erario pubblico e si rende un pessimo servizio alla comunità. In sintesi succedeva che una mattina una persona di questa società si alzava e diceva che ‘oggi fatturiamo x’. Qualcuno ci metteva una firma sotto e andava in liquidazione”. “All’ospedale di Cosenza, – conclude il magistrato – chi faceva le pulizie, dopo aver posato lo straccio andava ad aiutare il paziente allettato. Quella calabrese è una sanità strana: noi non abbiamo i dati sui morti per infezione all’interno dell’azienda ospedaliera”.

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