Per il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri la nuova indennità straordinaria per gli autonomi, inserita nella manovra durante l’iter parlamentare, è “un deciso passo avanti per dare più tutele a chi non le ha mai avute”. Ma i diretti interessati non sono affatto d’accordo: non solo quella che è stata definita “cassa integrazione per le partite Iva” sarà destinata solo a chi ha redditi sotto la soglia di povertà, ma soprattutto sarà finanziata con un aumento delle aliquote contributive per tutti gli iscritti alla gestione separata. “Finirà per riceverla solo chi ha vissuto di lavoro nero: gli altri saranno già morti di fame“, avverte Emiliana Alessandrucci, presidente del Coordinamento libere associazioni professionali (Colap). “E a pagare sarà chi versa regolarmente i contributi, già altissimi”.
Il ritocco all’insù per fortuna non riguarderà proprio tutti perché, con un curioso incrocio tra aggravi ed esoneri, nella legge di Bilancio è entrata anche un’altra novità che il mondo delle partite Iva danneggiate dall’emergenza Covid chiedeva da tempo: nel 2021 chi ha perso molto fatturato a causa della pandemia sarà in parte esentato dal pagamento di quegli stessi contributi previdenziali. Anche in questo caso però occorre rispettare precisi paletti.
La cig per gli autonomi? “Andrà solo a chi vive di nero. E paghiamo noi” – Partiamo dall’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, da cui l’impronunciabile acronimo Iscro. L’emendamento che la istituisce in via sperimentale dal 2021 al 2023 non è farina del sacco dei parlamentari, che l’hanno approvato con consenso unanime: ricalca pari pari una proposta di legge presentata in estate dal redivivo Cnel. L’aiuto spetta per sei mensilità e una sola volta nel triennio. Ammonta al 25% dell’ultimo reddito dichiarato ma non può comunque essere inferiore a 250 euro né superare gli 800 euro. Chi lo riceve deve partecipare a percorsi di aggiornamento professionale che saranno definiti da un decreto del ministro del lavoro.
I tasti dolenti, oltre alla cifra, sono i requisiti. Per poter fare richiesta occorre aver prodotto, l’anno prima, un reddito non superiore a 8.145 euro e “inferiore al 50% della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei tre anni precedenti”. Ora, se il calo del 50% nell’anno del Covid può purtroppo aver riguardato molte partite Iva, il limite di reddito è però inferiore alla soglia di povertà assoluta in gran parte d’Italia (al Sud lo soglia è più bassa perché la vita costa meno). E a questo proposito va aggiunto che l’indennità spetta solo a chi non riceve il reddito di cittadinanza.
“Quella soglia di reddito è assurda. A un mio associato che guadagna quella cifra dico di cercare di fare qualcos’altro, in quelle condizioni non ha senso tenere aperta una partita Iva”, commenta Alessandrucci, che al tavolo ministeriale durante il quale si è discussa la proposta si era detta assolutamente contraria. “Il risultato è che l’indennità andrà a chi ha vissuto di nero. Per non dire del fatto che dopo sei mesi il beneficiario si ritrova al punto di partenza. Ma il problema principale è che questa novità, che le forze politiche stanno vendendo come un grande aiuto concesso ai professionisti, sarà pagata con i nostri contributi”. Infatti per finanziare l’Iscro è previsto che le partite Iva, che già pagano alla gestione separata un’aliquota del 25,7% sui redditi, si vedano aumentare l’aliquota di 0,26 punti percentuali nel 2021 e 0,51 punti per ciascuno degli anni 2022 e 2023.
Italia viva si era opposta chiedendo che venisse previsto un fondo ad hoc con tutte le coperture necessarie, ma poi non se n’è fatto nulla e ha dato lo stesso via libera. La versione finale dell’emendamento prevede per l’anno prossimo un costo di 70 milioni e ne stanzia 60, ma solo perché è il primo anno e occorre avere coperture per far fronte alle domande che arriveranno prima degli incassi aggiuntivi da contributi. Per l’anno dopo, per dire, su 35 milioni necessari 20 arriveranno dall’aggravio a carico degli autonomi.
I dubbi sull’anno bianco contributivo – Al contrario è corposo lo stanziamento previsto per il cosiddetto anno bianco contributivo per lavoratori autonomi e professionisti: la dotazione iniziale è di 1 miliardo di euro per il 2021. L’esonero parziale spetterà innanzitutto a lavoratori autonomi e professionisti iscritti alle gestioni previdenziali dell’Inps (e ai professionisti iscritti ad altre forme obbligatorie di previdenza) che nel 2019 abbiano avuto redditi non superiori a 50mila euro e nel 2020 abbiano subito un calo di almeno il 33%. In più la platea comprenderà i medici, gli infermieri e gli altri professionisti assunti per l’emergenza Covid 19 e già in quiescenza.
Questo intervento è stato accolto con favore. “Ma attenzione, se non contribuisci non accumuli”, ricorda Alessandrucci, “e visto che siamo in un sistema contributivo il professionista che non versa ci rimette in anni contributivi. Occorre che siano previsti contributi figurativi”. Sul punto non c’è ancora certezza, così come non si sa quanta parte dei contributi sarà possibile non pagare. L’emendamento infatti rinvia i dettagli a uno o più decreti del ministro del Lavoro di concerto con il ministro dell’Economia da adottare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della manovra: se ne parla a marzo.