Cultura

Lo Scaffale dei Libri, la nostra rubrica settimanale: diamo i voti a Nick Hornby, Nicola Lagioia, Alessio Torino

di Davide Turrini e Ilaria Mauri

Suggestivo, evocativo e iperrealistico come un quadro di Hopper. Delicato come il profumo del talco. Piacevole come una tisana alla camomilla. Rilassante come un bagno caldo. “Proprio come te” (Guanda), l’ultimo romanzo di Nick Hornby, racconta una soffice storia d’amore tra una quarantenne della Londra “bene”, madre di due figli, ex moglie di un uomo alcolizzato e insegnante, e un ventiduenne di colore, nato e vissuto in una famiglia profondamente cattolica dei quartieri popolari, diviso tra il sogno di diventare deejay, il lavoro come commesso in macelleria e quello da allenatore di una squadra di ragazzini. Hornby non sbaglia un colpo, ormai lo sappiamo bene, ma questo romanzo ne è l’ennesima conferma. Anche questa volta è riuscito infatti nell’impresa di raccontare un amore ai tempi della Brexit, tratteggiandolo con la lucidità e l’essenzialità di chi è abituato ad analizzare i luoghi comuni del vivere, affidandoci personaggi in cui viene spontaneo ritrovarsi, con l’ironia di chi riesce a non prendersi troppo sul serio. La storia di Lucy e Joseph è, per dirla alla Italo Calvino, di una “leggerezza pensosa“, la stessa che accompagna il vivere quotidiano dei due protagonisti, uniti da un rapporto carnale che nasconde però un legame più profondo ma che nessuno dei due è pronto ad ammettere, prima di tutto a sé stesso. Forse è proprio questo il segreto della loro unione e della loro felicità, il sapersi ascoltare e vivere senza mai soffocarsi. “Lei non gli aveva mai fatto pressione, ma forse le persone non sono fatte per sopportare pressioni e, di conseguenza, ogni giorno portava il piacere della compagnia e della condivisione dei figli, e ogni settimana portava i piaceri del sesso, qualche volta anche più spesso”, scrive Hornby. I vent’anni di differenza che li separano non riescono mai a dividerli veramente, perché entrambi hanno imparato a confrontarsi e interrogarsi, mentre il lettore li osserva come da una finestra aperta sulle loro vite. Attorno a loro ruota un nugolo di personaggi secondari che costruiti su una struttura a chiasmo, che li fa specchiare e riconoscere nei rispettivi ruoli di madre-fidanzata- figlio-fidanzato. Le 368 pagine del libro volano così via tra dialoghi serrati e ultra-ragionati, battute senza filtri (decisiva quella di Joseph sul concetto di “arrapante”, che darà il via al loro passaggio da conoscenti ad amanti), molto realismo e un po’ di romanticismo. Questo romanzo è un film in presa diretta, un’istantanea di vita vissuta, che lascia spazio ai dialoghi e riduce all’osso i passaggi descrittivi non funzionali alla narrativa. La voce dell’autore incombe e accompagna il vivere dei personaggi, commentando con guizzo i loro atteggiamenti e tirando le fila di una storia d’amore che racchiude al suo interno un’analisi vividissima della società londinese, tra luoghi comuni (come il vicino di casa di Lucy che chiama la polizia perché ‘è un ragazzo di colore appostato alle 10 di sera fuori dalla porta di una madre sola con due figli, senza contemplare minimamente l’ipotesi che i due possano essere effettivamente amici) e commenti politici. Come una favola moderna, anche la storia di Lucy e Joseph ci regala una morale 2.0, un “memento” più che mai valido in quest’epoca di amori fluidi (in tutti i sensi possibili e immaginabili): “E forse in questo non c’era il futuro, ma c’era il presente, e proprio in questo consiste la vita”. Voto (alla finestra): 9.

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