Hanno cominciato a contingentare l’accettazione delle salme da cremare. Al cimitero Flaminio di Roma è stato posto un tetto di 200 unità alla settimana perché la struttura non è in grado di far fronte ad un numero maggiore e non ci sono posti dove lasciare le casse. La drammaticità della situazione è sintetizzata, con precise disposizioni, in una lettera che l’ingegnere Fabrizio Ippolito, responsabile di Ama che gestisce i cimiteri Capitolini, ha inviato alle agenzie funebri e ai centri di servizio. Visto “il permanere del picco di mortalità registrato nella città di Roma” a causa del Covid, “viene fissato un numero massimo di salme con destinazione la cremazione che possono essere accettate al Flaminio”.
A novembre le denunce di morte sono state 3.940, con un aumento rispetto al novembre 2.019 superiore al 63%, mentre nei primi giorni di dicembre si è verificato un aumento del 40%. A novembre si è toccato il numero massimo di decessi che si sia mai verificato, visto che finora il record risaliva al gennaio 2017 con 3.788 denunce di morte. Di conseguenza, anche la richiesta di cremazione è in aumento. La procedura prevede un termine di cinque giorni feriali per la presentazione della pratica dalla data del decesso. Nelle ultime dieci settimane Ama ha aumentato dell’80%, al Flaminio, il numero di posti per le salme in attesa. Ma nonostante ciò “sono stati raggiunti i limiti massimi della capacità di ricovero nelle camere mortuarie”. A questo si aggiunge il fatto che il forno non può effettuare più di 380/390 cremazioni a settimana. Nonostante sia impiegato al massimo regime, in questo momento al Flaminio sono presenti 1.500 salme, di cui oltre 200 sono in attesa di cremazione.
Ecco la prima decisione: “Viene disposto che potranno essere accolte salme con destinazione cremazione fino al numero massimo settimanale di 200”. Per chi arriva quando è stata raggiunta la saturazione settimanale non rimane che “optare per una cremazione in impianti fuori dal territorio di Roma Capitale, oppure per una forma diversa di seppellimento”. Il calcolo (che decorre dal lunedì di ogni settimana) ha risvolti dolorosi perché quando un feretro parte per il cimitero non si sa ancora se e quando il limite dei 200 morti sarà raggiunto. Può quindi accadere che nel momento in cui le pompe funebri portano la cassa, la lista sia appena stata chiusa. A quel punto i familiari possono scegliere una forma alternativa, altrimenti entro cinque giorni dall’arrivo al Flaminio le salme “saranno inumate d’ufficio con successivo addebito dell’operazione”. Per questo le pompe funebri sono state invitate a informare i familiari di questa eventualità. Il paradosso è che chi muore all’inizio della settimana ha più probabilità di essere cremato di chi muore il mercoledì o il giovedì.
Ma cosa accade se una famiglia romana decide di far cremare il proprio caro in un altro Comune, ad esempio a Viterbo? Gli stessi addetti ai lavori si rendono conto che la procedura non subirebbe accelerazioni, visto che la salma rimarrebbe in camera mortuaria a Viterbo fino all’arrivo del nulla osta che per legge dev’essere del Comune di Roma. E quindi si dovrebbe attendere per settimane, ammesso che il nuovo Comune sia disposto ad ospitarla per un così lungo tempo.
Come segnalato da ilfattoquotidiano.it, una situazione simile si è verificata a Milano, proprio a causa dei grandi numeri dei decessi. Ma anche la provincia non è esente dal problema. In Veneto le salme sono state depositate nelle chiese degli ospedali di Treviso e Montebelluna, perché gli obitori erano pieni. A Verona sono stati fotografati container pronti ad accogliere provvisoriamente le casse. Nel Veneziano i forni crematori di Marghera e di Spinea sono al limite e scarseggia il posto per le attese. Così, l’Ulss 3 Serenissima – a causa anche dei decessi avvenuti nell’ospedale Covid di Dolo e in quello di Mirano – ha dato disposizioni ai Comuni del distretto Dolo-Mirano e Noale, comunicando che “negli obitori del distretto non vengano autorizzate le soste temporanee di feretri in attesa di cremazione” fino al 3 gennaio. Le imprese di pompe funebri si sono quindi rivolte ai sindaci della zona affinché mettano a disposizione i propri cimiteri per sistemare temporaneamente le salme. Ma questo comporta eventuali deroghe ai tempi (fissati per legge) di permanenza prima della sepoltura. Ad aggravare la situazione si aggiunge il blocco temporaneo dei funerali religiosi a causa del Natale, visto che le chiese saranno occupate dalle celebrazioni fino a Santa Stefano.