Oltre 100.000 contagi da Covid 19 sul lavoro e 366 morti. Ma il numero potrebbe aumentare ancora visto che la seconda ondata dell’epidemia appare più violenta della prima: stando all’ultimo bollettino Inail tra ottobre e novembre ci sono state 49.000 denunce rispetto alle circa 46.500 registrate nel bimestre marzo-aprile. E il divario “è destinato ad aumentare nella prossima rilevazione – precisa l’Istituto – per effetto del consolidamento particolarmente influente sull’ultimo mese della serie”.
In tutto tra febbraio e novembre sono arrivate 104.328 denunce di infortunio sul lavoro a seguito di Covid-19, un dato che è pari al 20,9% delle denunce complessive e al 13% dei contagiati totali nazionali. Il dato più alto è a marzo (il 27% di tutte le denunce), quando però con il lockdown si fermarono le attività non essenziali, seguito da novembre (26,6%) e ottobre (20,3%).
Quasi sette contagiati su 10 sul lavoro sono donne (il 69,4% ) mentre l’età media dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per entrambi i sessi. Il rapporto tra uomini e donne si capovolge se si vanno a guardare i casi mortali. Sulle 366 denunce complessive di morti sul lavoro per Covid (34 in più rispetto alla rilevazione di fine ottobre) l’84,2% riguarda gli uomini e solo il 15,8% le donne. L’età media dei deceduti è 59 anni (57 per le donne, 59 per gli uomini). Il dato non tiene conto dei medici di famiglia, dei pediatri di libera scelta, dei farmacisti e in generale delle categorie che non sono assicurate all’Inail. I cittadini italiani sono l’85,6% dei contagiati.
Le denunce di contagio ricadono soprattutto nel Nord del Paese con il 71,3%: il 50,3% delle denunce arriva dal Nord-Ovest (il 30,5% dalla Lombardia), il 21% dal Nord-Est, il 13,7% dal Centro, l’11,1% dal Sud e il 3,9% dalle Isole. Le province con il maggior numero di contagi sono Milano (11,9%), Torino (7,6%), Roma (4,2%) e Napoli (3,9%). I due terzi dei morti sul lavoro è al Nord (il 39,3% in Lombardia).
Le attività nelle quali si è avuto il numero maggiore di contagi sono quelle della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – con il 68,7% delle denunce e il 23,7% dei casi mortali. Nell’amministrazione pubblica ricadono il 9,2% delle infezioni denunciate e il 10,3% dei decessi. Per la sanità e l’amministrazione pubblica i contagi hanno avuto un’incidenza significativa soprattutto tra marzo e maggio e tra settembre e novembre mentre gli altri settori come la ristorazione e i trasporti hanno visto aumentare l’incidenza dei casi nel periodo in cui sono state riaperte tutte le attività e il virus ha circolato meno come il trimestre giugno-agosto.
L’incidenza delle denunce per la sanità e l’amministrazione pubblica è passata dall’80,5% dei casi codificati nel primo periodo al 49,2% del trimestre giugno-agosto, per poi risalire al 76,3% nel trimestre settembre-novembre. La categoria professionale più colpita continua a essere quella dei tecnici della salute, con il 38,6% delle infezioni denunciate, circa l’82% delle quali relative a infermieri, e il 9,3% dei casi mortali, seguita dagli operatori socio-sanitari (18,6%), dai medici (9,5%), dagli operatori socio-assistenziali (7,6%) e dal personale non qualificato nei servizi sanitari, come ausiliari, portantini e barellieri (4,7%).