di Arch. Massimo Palladini*
Il tratto della costa abruzzese che da Ortona si distende fino a San Salvo ed al confine con il Molise è caratterizzato da paesaggi di incomparabile bellezza. Il suo andamento, prevalentemente elevato sul livello del mare, consente vedute a perdita d’occhio sulle spiaggette riparate, sulle punte protese nel mare. All’interno, superati con lo sguardo i piani del verde collinare punteggiato di viti e di olivi, si staglia la grande mole della Maiella, montagna sacra per gli abruzzesi. I centri collinari che si affacciano sulla costa, gli attracchi, le peculiarità naturalistiche ne fanno una collana ininterrotta di preziosi episodi concatenati. Tra essi spicca San Giovanni in Venere, l’abbazia benedettina fondata su un santuario romano, affacciata sull’azzurro del mare sottostante.
La costa è anche uno dei luoghi salienti nella biografia di Gabriele D’Annunzio: il poeta trascorse un’estate con Barbara Leoni in un casolare posto su un promontorio di San Vito, l’eremo dannunziano; lì ambientò e scrisse il suo “Trionfo della morte“.
La costa è punteggiata di singolari macchine da pesca, i travocchi o trabocchi, da cui la costa prende ora il nome. Queste ingegnose costruzioni di architettura anonima derivano da un adattamento a nuove funzioni di apparati guerreschi e resistono da secoli alle intemperie, contando solo sulla continua manutenzione dei pescatori, i “traboccanti”. I nomi dei singoli siti – “Turchino”, “Sasso della cajana”, “Pesce palombo”, “Punta Aderci” – evocano punti singolari della costa, l’intensità del suo colore, la qualità dei pesci di passo.
Dagli ultimi decenni dell’’800 fino agli anni 80 del secolo scorso, a ridosso della linea di costa fu costruita la ferrovia adriatica, infrastruttura decisiva per collegare il Nord e il Sud d’Italia, dopo la costituzione dello Stato unitario. Dopo circa un secolo di esercizio, la linea ferrata che aveva condizionato fortemente lo sviluppo dell’intero litorale, è stata ricostruita più all’interno a causa dei fenomeni di erosione della costa.
L’arretramento ferroviario e la successiva acquisizione (onerosa) del sedime dei binari ha offerto l’enorme opportunità di restituire al Paese ed al mondo intero 60 km di natura e cultura non compromessi dallo sviluppo distorto di altri lidi. Restano ancora da acquisire i caselli e le costruzioni accessorie, secondo la logica esosa per cui gli Enti Locali devono pagare alle FS (che ancor oggi sono un’impresa pubblica) quello che fu espropriato per pubblica utilità. Su sedime, ormai disponibile, è in corso di realizzazione la tratta abruzzese della “Ciclovia Adriatica” che qui prende il nome di “Via Verde della Costa dei Trabocchi” e inserisce questi luoghi in possibili circuiti virtuosi di mobilità e turismo alternativo.
Nel frattempo, nei luoghi più singolari della costa, sono state istituite Riserve Regionali come a Punta dell’Acquabella, ai Ripari di Giobbe, alla Grotta delle farfalle a Rocca San Giovanni, alla Lecceta di Torino di Sangro, a Punta Aderci di Vasto. Di pari passo è avvenuta, però, l’aggressione della costa con nuovi interventi edilizi e industriali (come ai confini di Punta Aderci) che hanno spinto Italia Nostra, con le sezioni di Lanciano e Vasto, a sostenere fin dal 2005 l’istituzione di un Parco nazionale della Costa Teatina, per governare con sguardo unitario la tutela e la valorizzazione di questo prezioso territorio. Dal 2010 è iniziato il suo faticoso iter, concluso, infine, con la definizione del suo perimetro da parte di un commissario governativo; dal 2015 si attende solo la firma del Presidente della Repubblica, ma le sorde resistenze locali la stanno bloccando.
Intanto, manca qualsiasi elaborazione di assieme, in barba alla Legge Regionale n. 5 del 2007, che prevede un programma di coordinamento per le Aree Protette della Costa Teatina e si accantona perfino un Masterplan elaborato delle Camere di Commercio.
I provvedimenti settoriali che vengono assunti nel frattempo costruiscono altrettanti attacchi alla sua integrità: una legge regionale sana gli abusi nei trabocchi e ne consente un grande ampliamento, trasformandoli, di fatto, in ristoranti a discapito della funzione testimoniale, antropologica e paesistica. Il cantiere della ciclovia procede con scelte criticabili o addirittura inaccettabili, come la impermeabilità delle pavimentazioni e la realizzazione di brutti e tozzi prefabbricati per i servizi, spesso posti lungo la riva del mare. Le prime anticipazioni di un “regolamento” delle attività ammissibili in via di redazione dalla Provincia di Chieti prospettano parcheggi auto lungo la pista dal lato del mare, la concessione di chioschi per vendere alimenti e cianfrusaglie o “diritti di prelazione” per gli operatori. Tanto ha allarmato questa prospettiva che la stessa Regione Abruzzo (non certo solerte su questo tema) ha chiesto di sospenderne la elaborazione.
La difesa di quel tratto di costa torna quindi di stringente attualità, perché appare sempre più chiaro che si vuole sciupare la grande opportunità offerta da un paesaggio integro e si preferisce, invece, assecondare piccole (e poi grandi) compromissioni fino al degrado di quell’ambiente. Le sezioni locali di Italia Nostra denunciano da tempo questi fenomeni preoccupanti con prese di posizione e convegni; in difesa della Costa, inoltre, si è costituito un comitato (cui Italia Nostra Regionale aderisce) con le altre associazioni, non solo di protezione ambientale ma anche di attori economici quali agricoltori biologici o gestori di agriturismi sostenibili.
Italia Nostra auspica che non si frappongano più impedimenti alla firma finale necessaria per l’istituzione del Parco Nazionale. Gli Enti Locali, la Regione Abruzzo, il Governo Nazionale, la Presidenza della Repubblica debbono compiere scelte istituzionali e programmatiche efficaci e convergenti per salvaguardare un bene paesistico irripetibile e di valore mondiale.
* Presidente della sezione “L. Gorgoni”, Italia Nostra Pescara