Cinema

Morto Claude Brasseur, era il papà di Sophie Marceau ne “Il tempo delle mele”

Con fare modesto, quasi dimesso, sempre un gradino di lato rispetto alla ribalta dei red carpet, Brasseur è stata invece una presenza costante e amata nel cinema francese per oltre 50 di carriera ininterrotta giostrata tra oltre 120 film

di Davide Turrini

Addio Claude Brasseur. Il celebre attore francese, il papà di Sophie Marceau ne Il tempo delle mele, è morto ad 84 anni a Parigi. “Claude è mancato in pace e serenità circondato dalla sua famiglia”, ha annunciato l’agenzia Time Art che ne curava l’immagine e il lavoro da tempo. Con fare modesto, quasi dimesso, sempre un gradino di lato rispetto alla ribalta dei red carpet, Brasseur è stata invece una presenza costante e amata nel cinema francese per oltre 50 di carriera ininterrotta giostrata tra oltre 120 film. Figlio dell’attore Pierre e dell’attrice Odette Joyeux, vive un’infanzia complicatissima, dinastia attoriale sì, ma egocentrismo a mille, tanto che il collegio, dove incontrerà Philippe Noiret, sarà quasi una manna dal cielo.

Brasseur iniziò la sua carriera a teatro con Marcel Pagnol in Giuda nel 1955 (tre ruoli in contemporanea: falegname, apostolo e fratello di Giuda) e nel ’56 esordì al cinema in una piccola parte de Le pays où je viens di Marcel Carné che già prevedeva un doppio ruolo con sosia per il protagonista Gilbert Becaud. Nel 1959 è figlio di Jean Gabin in Rue des prairies di Denys de La Patellière, dove mostrerà doti da ciclista che poi si trasformeranno in quelle di vero pilota di rally fino ad una Parigi-Dakar del 1983 vissuta da copilota con il celebre campione di Formula 1, Jacky Ickx. Ad inizio anni sessanta finisce nella rete tenebrosa dell’imbalsamatore di attori Jean-Luc Godard e sarà, per i più cinefili, freccia paritaria nell’arco di protagonisti (Sami Frey, Anna Karina) di Band à part (è quello in testa al terzetto nella prima inquadratura della corsa dentro al Louvre). Lavorerà con Techiné, Costa-Gavras, Sautet e persino Truffaut in Mica scema la ragazza (1972). Tra il ’71 e il ’73 diventa popolarissimo grazie alla serie tv Le nuove avventure di Vidocq, dove interpreta con fare guascone il protagonista Vidocq, un ex criminale diventato informatore della polizia e infine detective nelle Francia rurale di inizio ottocento. Ma è dal sodalizio con il regista Claude Pinoteau che diventa un’icona del cinema francese popolare e commerciale. Nel 1976 duetta con Yves Montand e Agostina Belli proprio in uno dei più grandi successi di Pinotau, Le Grand Escogriffe, e nel 1980 arriva all’apice della carriera interpretando il papà di Sophie Marceau ne Il tempo delle mele (che avrà anche un seguito, proprio per il successo del primo), film diventato cult in ogni angolo del pianeta. Per questo ruolo Brasseur mollerà, con profondo sconforto di Francois Veber, il suo reiterato ruolo ne La cena dei cretini a teatro (si racconta che Veber avesse proprio cercato di impedire a Brasseur di interpretare Il tempo delle mele). Anche se l’attore parigino non tornerà mai sui suoi passi e anzi racconterà più volte di sentirsi quel tipo di papà che interpreta nel film e che Il tempo delle mele era il film che avrebbe sempre voluto vedere al cinema da spettatore.

Nel 2006 sarà di nuovo tra i protagonisti di una commedia che ha fatto sfracelli in Francia, Camping (anche qui con due seguiti). “Non mi piace parlare di me – spiegò non troppo tempo fa in un’intervista – Non è un argomento affascinante. Il lavoro di una vita consiste nello specificare il margine tra ciò che si vuole e ciò che si può”. Brasseur ha interpretato ogni tipo di ruolo, dal poliziotto al criminale, dal veterinario al prete, senza mai cercare necessariamente il colpo della vita, senza l’impellenza di doversi far riconoscere. Quella serpe di Godard ebbe a dire di lui: “Claude ha l’innocenza e la follia dei bambini quando giocano a biglie o alla guerra. Vale a dire sia la necessaria brutalità che il sufficiente candore”. Nel 1985, quando Brasseur interpreterà un pilota in procinto di separarsi da Nathalie Baye, che aveva una cotta per Johnny Hallyday, in Detective di Godard, un ruolo toccante, intimo, da uomo ferito, il regista lo umilierà clamorosamente: “Mio povero Claude, vent’anni fa avevi ancora delle qualità, ora hai perso tutto. Non hai più niente”.

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