Juventus-Napoli si rigioca. O meglio, si giocherà, perché quella partita, tra l’ammuina napoletana per non partire e il riscaldamento farsesco dei bianconeri non si era mai disputata. È andata come doveva andare. Sul comportamento di Aurelio De Laurentiis, le reali intenzioni dei partenopei, la buona o cattiva fede di quello scambio di comunicazioni con Regione Campania e Asl, ognuno può mantenere la propria opinione. È abbastanza evidente che il club abbia cercato la sponda delle istituzioni per evitare la partenza, o comunque non abbia dato per scontato la validità di un protocollo che tutte le (altre) squadre stanno rispettando.

È altrettanto evidente, però, che una volta ottenuta la comunicazione formale dall’Asl che vietava la trasferta, il Napoli era legalmente in una botte di ferro: la sconfitta a tavolino non avrebbe potuto reggere in nessun tribunale che non fosse quello della Figc. I giudici federali hanno fatto i salti mortali per giustificarla: in primo grado Mastrandrea con un ragionamento arzigogolato e se vogliamo elegante, in secondo grado Sandulli con una sentenza spericolata, che ha fatto “il passo più lungo della gamba” (lo dice la procura nazionale dello Sport). Al Tar questo castello di carta sarebbe crollato. Ancora prima ci ha pensato il Collegio del Coni.

È difficile stabilire se per il campionato sia una buona o una brutta notizia. Probabilmente entrambe le cose. Siamo tutti sollevati dal sapere che una partita così importante per lo scudetto si decida in campo e non in un’aula di tribunale. Sportivamente, è giusto così. Restano però tanti interrogativi. Innanzitutto il quando: il calendario intasato non concede spiragli per un recupero immediato. Troppo complicato sfruttare la finestra della Coppa Italia del 13 gennaio, impossibile (anche per ragioni di accordi commerciali e televisivi) toccare la Supercoppa del 20: non c’è una data fino a maggio, così si sta pensando di invertire la gara con quella di ritorno; Juve-Napoli si giocherebbe il 14 febbraio, ma Napoli-Juve slitterebbe comunque verso fine campionato.

Il solito rebus, da cui si capisce perché Lega e FederCalcio tenessero tanto a far giocare quella gara ed applicare il protocollo. Si capisce meno invece perché la Figc abbia rinunciato a difenderlo: ai più attenti non sarà sfuggito il fatto che la Federazione non si è costituita nel giudizio di fronte al Coni. È come se se ne fosse lavata le mani. Per “eleganza istituzionale”, spiegano dal palazzo. I più maligni potrebbero invece pensare che alle porte ci sono le elezioni e i conflitti istituzionali non convengono a nessuno: il n.1 Gabriele Gravina giusto pochi giorni fa è andato a raccogliere le firme per la sua ricandidatura porta per porta, presidente per presidente, compreso De Laurentiis, con cui i rapporti si erano fatti burrascosi e adesso sono tornati sereni, in nome di una grande pax che porterà al Gravina bis.

È passato tempo, le furiose polemiche di ottobre sono state dimenticate. Però quella gara oggi più che mai rappresenta un pessimo precedente. Il calcio si è dato una regola: giocare sempre, anche in tempi di Covid. Può piacere o meno, ma è l’unica soluzione per portare a termine la stagione, come dimostra il calendario e i problemi che ci sono adesso col recupero. Se tutti si fossero comportati come il Napoli, il banco sarebbe saltato da un pezzo. Tante squadre hanno giocato in condizioni ben peggiori o più rischiose. Col metro di DeLaurentiis&C. non avrebbe dovuto giocare la Casertana (in nove nell’ultimo weekend, per giunta con due positivi, ma questa è un’altra storia). Non avrebbe dovuto giocare la Viterbese, che domenica aveva incrociato il focolaio dei campani, invece ieri era regolarmente in campo.

Godiamoci Juve-Napoli sul campo ma questa vicenda non ha lieto fine. È un precedente pericoloso per il protocollo, che il pallone ha chiesto e voluto, e quindi potenzialmente per tutto il campionato (anche se la querelle sembra essere servita da deterrente). È un colpo alla credibilità delle istituzioni, soprattutto della FederCalcio, che non ha avuto nemmeno il coraggio di difendere fino in fondo la propria posizione. È una figuraccia per la Serie A, visto che l’onta di quella serata non si cancella, e di tutta la giustizia federale, che continua a prendere sberle dal Coni, col Collegio di garanzia che demolisce sistematicamente tutte le sue sentenze. Insomma, magari avrà vinto lo sport. Ma di sicuro ha perso il calcio italiano.

Twitter: @lVendemiale

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