Si tratta di Domenico Pellegrino, 27 anni, e Girolamo Condoluci, 44, entrambi di Bordighera. Il primo è il figlio di Giovanni Pellegrino, condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso assieme ai fratelli Roberto e Maurizio: è considerato autore dell’omicidio ed è stato così trasferito in carcere. Il secondo è accusato di favoreggiamento e si trova agli arresti domiciliari.
Era stato ritrovato morto il 21 ottobre in un fossato con un colpo un foro di proiettile alla nuca, nella frazione Calvo a Ventimiglia. Oggi, i Carabinieri hanno arrestato, dopo l’ok del gip di Genova su richiesta della Procura distrettuale antimafia del capoluogo ligure, due persone sospettate dell’omicidio di Joseph Fedele, 60 anni: si tratta di Domenico Pellegrino, 27 anni, e Girolamo Condoluci, 44, entrambi di Bordighera. Il primo è il figlio di Giovanni Pellegrino, condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso assieme ai fratelli Roberto e Maurizio: è considerato autore dell’omicidio ed è stato così trasferito in carcere. Il secondo è accusato di favoreggiamento e si trova agli arresti domiciliari.
Un delitto che, spiegano gli inquirenti, è avvenuto con “modalità adottate tipicamente da appartenenti a sodalizi di ‘ndrangheta tali da richiamare alla mente e alla sensibilità del soggetto passivo il comportamento tipico di chi appartiene a un sodalizio ‘ndranghetista”: secondo la ricostruzione la vittima è stata fatta inginocchiare per poi essere uccisa con almeno un colpo di pistola alla nuca. L’omicidio, sospetta chi indaga, è legato a fatti legati alla droga. Decisivo per giungere all’identificazione dei presunti responsabili del delitto è stato il recupero dell’auto della vittima a Mentone. A bordo sono stati trovati indizi che hanno permesso ai Carabinieri di giungere all’identificazione di chi fosse stato sul veicolo.
Gli investigatori ritengono che la pianificazione dell’omicidio sia avvenuta anche grazie alla complicità di “persone non ancora identificate”. A Condoluci viene imputato il fatto di aver aiutato Pellegrino a eludere le indagini “nel trasporto della Mercedes classe A di proprietà e in uso a Fedele dal comune di Ventimiglia, dove si trovava, al comune francese di Mentone, in tal modo indirizzando le indagini in territorio francese, aiutandolo a pulire l’interno del furgone” sul quale “si trovavano tracce biologiche” e i luoghi “dove erano presenti tracce del delitto, fornendogli suggerimenti sulla versione dei fatti da tenere nel caso fosse stato interrogato dalla Autorità giudiziaria”.
Ad incastrare il fiancheggiatore Condoluci è un’intercettazione ambientale nella quale, rivolgendosi alla compagna (intestataria del furgone usato per trasportare il corpo a Calvo), dice: “Sto furgone puzza di cadavere”. Nella stessa giornata, poco dopo, gli investigatori captano alcune frasi che dimostrano come Pellegrino sia probabilmente preoccupato dell’esistenza di tracce lasciate a bordo. Il quadro si aggrava progressivamente dopo la pubblicazione sulla stampa online di notizie riguardanti l’omicidio. A partire da un primo commento alla notizia dell’identificazione del cadavere, che compare il 25 novembre scorso, al quale fa seguito uno scambio di battute il giorno successivo. Pellegrino dice a Condoluci: “Hai letto oggi?”. Segue la risposta di Condoluci: “Noo… Ho letto, ma… Noo, sta passando tutto”. Altri elementi emergono, dopo la pubblicazione, sempre online, di articoli relativi al rinvenimento dell’autovettura di Fedele a Mentone. Pellegrino, probabilmente dopo avere mostrato alla madre l’articolo che dava la notizia del ritrovamento, dice alla donna “ci sono arrivati”. E lei risponde con un indicativo “noo…”. Un altro scambio di battute si ha quando Pellegrino mostra alla madre qualcosa, probabilmente un articolo di giornale online e dice “eccolo mamma”. La madre risponde: “Hanno scritto così, ma tu che ne sai se è vero”. E lui commenta: “Ma sì che è vero”.
E in una telefonata intercettata dai Carabinieri è emersa anche la strategia messa in piedi dai due uomini per fornire una versione all’avvocato. “All’avvocato gli dici quello, questo, che gli hai sparato, da questo, quell’altro, gli dici che ti sei difeso e la pistola l’hai buttata nel fiume”, diceva Condoluci a Pellegrino. In sostanza, il fiancheggiatore suggerisce al presunto omicida di sostenere che l’omicidio di Fedele è avvenuto per legittima difesa.
Nel cercare di rassicurarlo, Condoluci dice a Pellegrino: “Domenico, toglitelo dalla testa, che se avevano qualcosa su di te erano venuti a colpo sicuro! Quelli su di te non hanno niente, non hanno niente su nessuno se no a quest’ora erano venuti”. E poi si spinge a un chiaro commento che riporta alla data dell’omicidio: “Ma scherzi, sono passati due mesi eh, avevamo già pulito, non c’hanno niente!”.
È stato il figlio della convivente a geolocalizzare, grazie alla posizione rilevata dello smartphone associato a un account, Fedele. La compagna ha poi riferito agli inquirenti di aver notato un cambiamento nell’atteggiamento dell’uomo che era apparso preoccupato già da qualche mese. Fedele era persona nota anche alle forze di polizia italiane perché coinvolto in passato in indagini per armi e stupefacenti e per i rapporti tenuti con alcuni pregiudicati residenti nell’imperiese. In particolare, l’annotazione che si legge nell’ordinanza del gip fa riferimento a una indagine del 2005 della Dda di Reggio Calabria e a un’indagine della Procura di Sanremo in materia di stupefacenti. I militari, grazie alla collaborazione della polizia francese, hanno anche accertato che aveva precedenti penali in Francia per traffico di stupefacenti e, per tali reati, aveva subito periodi di carcerazione oltrefrontiera. Secondo quanto riferito dalla polizia francese, sarebbe stato attivo nel traffico di cocaina e hashish che si procurava a Nizza e rivendeva in Italia a trafficanti di origine calabrese.