Pedemontana Veneta, tutti i dubbi dei giudici della Corte dei Conti di Venezia per una superstrada che non è (ancora) un’autostrada. Ed è pure in ritardo abissale sul cronoprogramma più prudente, visto che potrebbero volerci ancora quattro anni per poter andare da Montecchio Maggiore (sulla A4) a Spresiano (A27), attraversando le province industrializzate di Vicenza e Treviso, a causa di una lunga galleria a Malo dissequestrata solo da pochi mesi e del nuovo casello sulla A4, che segue i tempi interminabili dell’Alta Velocità ferroviaria. E finchè non verranno realizzati tutti i 94 chilometri (più altri 68 di collegamenti alla viabilità ordinaria) dell’opera cantierata più importante d’Italia (2 miliardi e mezzo di euro), il flusso del traffico subirà una flessione del 13 per cento. Il che significa milioni di euro in meno di pedaggi per le casse della Regione Veneto, che si affida ad essi per rientrare dai costi di un project financing che alla fine costerà 12 miliardi di euro e vedrà un saldo negativo di quasi 500 milioni di euro. Sullo sfondo, il grande punto interrogativo riguarda l’affidabilità dei piani finanziari incerottati nel 2017 con il Terzo Atto Convenzionale, gli oneri bancari per le casse della Regione e i rischi legati alla quantificazione dei flussi di traffico per i prossimi 39 anni.

Le osservazioni dei magistrati contabili – La Sezione regionale di controllo della Corte ha licenziato una voluminosa relazione che non fa dormire sonni tranquilli a Palazzo Balbi. “La rilevazione delle criticità gestionali, considerate singolarmente e complessivamente, induce ad esprimere una serie coordinata di raccomandazioni orientate alla necessità che l’Amministrazione regionale proceda alla ri-valutazione dei profili di economicità e di congruità contrattuale (…) che possono produrre un impatto significativo sullo sviluppo dell’equilibrio economico-finanziario del rapporto concessorio”. Infatti, secondo i giudici, costi, rendimenti e volume dei pedaggi restano in parte un’incognita. La struttura di progetto della Regione ha diffuso un comunicato che dà una lettura tranquillizzante dei rilievi dei magistrati, sostenendo che si tratta di “alcuni fatti noti alla Regione da tempo, su cui si è già intervenuti al fine di adottare tutte le strategie utili per prevenire, risolvere o attenuare gli effetti”. Ma la realtà è un po’ più problematica.

Il nodo dei tempi – Cominciamo dai tempi. Secondo la Regione, Pedemontana sarà “completata di tutte le opere incluse nei progetti esecutivi” nel febbraio 2022. Lo scorso settembre è scaduto il termine ultimo previsto solo per l’ultimo lotto (galleria di Malo), mentre le scadenza degli altri tratti andavano dal dicembre 2017 al dicembre 2019. Finora non è stato aperto nemmeno un terzo, da Bassano a Malo, con traffico ridottissimo. Per questo la Corte raccomanda “applicazioni di sanzioni pecuniarie da ritardo”. La Regione risponde: “Attendiamo la fine dei lavori per trarre le dovute conclusioni”.

12 milioni di soldi pubblici all’anno – C’è poi un problema di “congruità economica”. Con l’Atto Convenzionale del 2017 si è stabilito che la Regione verserà ai costruttori un canone annuo (si comincia con 153 milioni nel 2020, si finisce con 332 milioni nel 2059), ma incasserà i pedaggi. Siccome la concessione dura 39 anni, il saldo finanziario presunto a favore della Regione dovrebbe essere alla fine di 143 milioni di euro, circa 3 milioni e mezzo all’anno. “Ma se nel computo – scrivono i giudici – si includono i contributi dello Stato pari a 614 milioni, il saldo diviene negativo per 471 milioni”. La media è di un esborso di 12 milioni di soldi pubblici all’anno.

Le incertezze tra traffico ridotto e opere complementari – La Corte, poi, scrive che esistono “fattori di instabilità e incertezza” nel piano del traffico previsto. Per tre ragioni. Innanziutto non si conoscono i tempi per allacciare la Pedemontana alle due autostrade principali (A4 e A27) che incanaleranno il traffico da Milano. Per il collegamento con la A4 si annunciano tempi lunghi, almeno fino al giugno 2023, ma con possibile allungamento di 15 mesi, fino alle soglie del 2025. I giudici già prevedono a causa del “difetto di interconnessione”, una “diminuzione del 13 per cento circa sulle stime di traffico” previste. Una mazzata finanziaria. Poi sono state sospese opere complementari per 10 chilometri, il che renderà meno facile l’accesso in Pedemontana. Infine, la velocità massima prevista è di 110 chilometri all’ora, non 130 come in autostrada. Un handicap per il traffico di lunga percorrenza, anche se la Regione assicura di aver avviato l’iter “per la riclassificazione dell’infrastruttura in autostrada”. Per ognuno di questi punti scattano raccomandazioni dei giudici preoccupati dal “significativo margine d’incertezza che incide sul valore dell’investimento e sull’idoneità dell’opera a generare i corrispondenti flussi dicassa”.

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